Rina Pigliaru: una donna che sapeva ascoltare e sorridere e capire le umane debolezze di Angelino Tedde
Apprendo oggi, in paese, che Rina Fancellu Pigliaru se n’é andata da questo mondo per raggiungere il marito nell’altro.Non potrò partecipare ai suoi funerali, ma la ricorderò nelle preghiere.
Aveva perso il marito, appena quarantasettenne, lasciandole tre figli: Francesco, Giovanni e Amelia Maria. Lo sapeva che se ne sarebbe andato presto anche perché lui stesso gliel’aveva preconizzato. Il sapere questo non le aveva attutito di certo il dolore. Come ogni madre con figli piccoli si dedicò alla loro educazione, ma anche al lavoro e all’impegno culturale ereditato da Antonio. La sua casa fu un luogo d’incontro di studiosi, di vedove premature note, di amici che sapeva accogliere e ascoltare ne più e nemmeno di come aveva visto fare al marito. Si preoccupò di ricordarlo promuovendone gli studi, presiedendo le edizioni di Inizative Culturali e sopportando come madre, vedova, studiosa le contrarietà che non vengono mai meno nell’esistenza umana.
Sapeva anche sorridere dei casi più curiosi della vita, della gioventù stravagante, degli stessi figli e degli amici. Non si meravigliava di niente e si accontentava di poco. Esigeva coerenza, ma capiva anche l’incoerenza delle persone e le debolezze. Chiunque andasse a trovarla o le telefonasse sapeva di trovarla sempre pronta ad ascoltare, a compatire, ad incoraggiare. L’ultima volta che la incontrai per strada vedendola serena anzi quasi allegra le dissi:-Tu invecchi e diventi più bella!- Mi sorrise e con quel sorriso ci lasciammo. Così mi piace ricordarla.
Ai figli e agli amici vorrei dire che Rina si è addormentata per raggiungere la serenità beata dove incontrerà sicuramente il marito Antonio, sorridente e sereno anche lui. Ciao, Rina, arrivederci!