“Lager Rapsodie” critica del musical sassarese a cura del “critico in erba” Francesco Dettori, vincitore del premio provinciale ad uno studente delle Scuole Medie
“Lager Rhapsodie” , musical realizzata dalla Cooperativa Teatro e/o Musica di Sassari. regia a cura di Emanuele Floris, regista e attore nel ruolo di un ufficiale nazista Klaus Uberein , l’arrangiamento musicale a cura di Luca Sirigu. Sul palco anche i musicisti Matteo Desole (Adam) Luca Chessa (Moishele), Diego Desole (David) e Elena Idini (Rebecca O Sara), Jasmin Ghera (Bambina) Silvia Marinu (Soldato russo). Luci Marcello Cubeddu, effetti sonori e Fonica Eliana Carboni, Claudio Dionisim costumi. Il musical è stato presentato al teatro civico di Sassari agli studenti delle scuole di Sassari e Provincia. Le migliori critiche sono state premiate in denaro. L’azione si svolge in un lager tedesco, in Germania, nel 1945 poche ore prima dell’arrivo dei soldati russi, americani e inglesi. Gli eserciti di liberazione alleati sono già entrati in Germania e gli altoparlanti e la radio lanciano l’ultimatum per chiedere la resa delle forze naziste. Il furer è morto. La guerra è finita, ma non gli orrori del regime hitleriano. Nel lager il delirante Ubrain continua ad accanirsi contro tre musicisti ebrei, inermi e rassegnati costretti a suonare la loro lugubre sinfonia d’addio: Chopin, Wagner, Gershwin, Berlin, Beethoven, Grieg e Prokofiev. Il pezzo che pubblichiamo è stato premiato (La redazione).
Lager Rapsodie
L’opera “Lager Rapsodie” racconta gli ultimi giorni di potere dello spietato ufficiale nazista Klaus Uberein; Il 30 aprile del 1945, Adolf le truppe alleate si stanno avvicinando e le SS scappano dai lager.
La rappresentazione è ambientata proprio in un campo di concentramento. In apertura della scena appare il protagonista, l’ufficiale Uberein, con una bandiera nazista in mano, inginocchiato in adorazione pensando alla grandiosità e superiorità dei nazisti, obbliga i tre musicisti ebrei all’esecuzione di un concerto d’addio. Ripercorre brevemente la sua vita, ricordando che prima di essere un ufficiale lavorava come postino. Con il pensiero si sofferma sulla sua carriera di adorazione e devozione del semidio Hitler sulle note di una propria, personalissima, rapsodia. Il personaggio ha un carattere duro, egoista, da superuomo, a volte assume un aspetto allo stesso tempo comico e drammatico. Uberein non potrà sfuggire alla colpa, alla consapevolezza degli orrori compiuti, ai ricordi del male commesso. In questo momento predominano in lui sentimenti contrastanti come orgoglio, dolore, rammarico e rabbia. Con l’aiuto di un carrello porta sul palcoscenico una ragazza ebrea, con la quale ha una relazione amorosa segreta, che alla fine.
Entra poi in scena una bambina zingara che l’ufficiale tedesco indirizza dentro una camera a gas dove già si trovano altre vittime. La rappresentazione si conclude con l’uccisione dei musicisti da parte dell’ufficiale mentre eseguono i brani; il terzo musicista si spara una pallottola in testa pur di non ubbidire al suo ultimo ordine, mentre l’ufficiale Uberein muore fucilato da un soldato russo. La figura del protagonista, nella rappresentazione, è fondamentale, ha lo scopo di far rivivere la paura, la sofferenza, l’umiliazione, il dolore, la rabbia, la disperazione e, spesso, la rassegnazione e la violenza sofferta dai cinque milioni di vittime della Shoah. L’uso della violenza era una pratica quotidiana frutto della follia collettiva dei nazisti. L’intento principale, come ricorda Primo Levi, era distruggere la personalità del deportato, umiliarlo e offenderlo fino al punto di favorirne l’assuefazione, cioè la degradazione da essere umano in animale. Secondo Primo Levi, non c’è logica nell’odio nazista. Esso non deve essere compreso ma mentre Hitler si toglieva la vita nel suo bunker,l’ufficiale nazista Klaus Uberein obbliga, sotto la minaccia delle armi, tre musicisti ebrei a suonare per lui, mentre sceglie il suicidio per mettere fine alle sue sofferenze.
Dobbiamo stare in guardia, essere consapevoli che ciò che è successo può ripresentarsi, per questo motivo è indispensabile conoscere, sapere. Tutti abbiamo il dovere di sapere per poter meditare su quanto è avvenuto. Tutti dobbiamo ricordare che quando Hitler e Mussolini facevano i loro discorsi in pubblico, venivano creduti, applauditi, avevano un carisma tale che le loro idee più anomale, o crudeli, erano recepite come credibili e giuste da milioni di fedeli che li hanno seguiti fino alla morte; tra questi c’erano anche esecutori che non erano dei mostri ma uomini qualunque trasformatisi in carnefici.
La rappresentazione teatrale vuole comunicare proprio questo. Mostrare come persino uno dei carnefici, pur di salvarsi (non riuscendo più a sopportare il peso della sua coscienza), cerca di pentirsi, fa capire che lo stesso genocidio e l’omicidio non hanno senso perché tutti gli uomini sono uguali e tutti dovrebbero avere gli stessi diritti superando ogni differenza razziale, sociale, politica, omossessuale e allontanando ogni divisione e discriminazione. Tutti gli uomini devono essere accettati e rispettati, non ci devono essere atteggiamenti di intolleranza, insofferenza, discriminazione e pregiudizio verso persone che, in un modo o nell’altro sono ritenute diverse.
La parte della rappresentazione che colpisce di più e anche spaventa è dove l’ufficiale vede Hitler come un dio da amare e emulare; questo fa capire quanto i nazisti fossero egoisti, ciechi, sordi, pieni di sé, cattivi, ignoranti, fieri per le atrocità commesse e convinti di essere nel giusto, senza essere sfiorati dal pensiero che stavano commettendo orrori. L’unico aspetto positivo è rappresentato dalla musica, vista in un momento di torture, come elemento di evasione per sognare la libertà e la fuga. Con la musica rivivevano i bei ricordi delle loro case, della vita semplice ma serena e felice con le loro famiglie e gli amici, prima della deportazione nei lager.
I comandanti, di certi campi di concentramento, si impegnavano per far nascere piccole orchestre e ai deportati veniva imposta l’esecuzione di musiche per accompagnare il ritorno dai lavori forzati o, cosa più tragica le esecuzioni pubbliche nel campo di concentramento oltre che per l’intrattenimento degli ufficiali tedeschi. In questo caso i prigionieri però, vivevano, il momento dell’esecuzione musicale, che doveva rinnovare il calore umano, come momento di disperazione e di sofferenza. Saper suonare, far parte di un’orchestra, anche se voluta dai comandanti nazisti e accettata dai prigionieri, dall’esigenza di sopravvivere come esseri umani, salvò la vita a molte persone che, grazie alla bravura nel suonare sono state risparmiate dalle fucilazioni o dalle camere a gas.
La visione dell’opera è consigliata a tutti, per non dimenticare gli orrori compiuti nel corso della seconda guerra mondiale, l’olocausto e lo sterminio del popolo ebraico, le leggi razziali e le persecuzioni subite da coloro che agli occhi dei nazisti erano considerati esseri inferiori. E’ importante vederlo per conservare la memoria delle atrocità compiute settanta anni fa e per evitare che ciò che è successo si ripeta in futuro.
Chiaramonti 3^ C Scuola Secondaria di 1° grado
Il sindaco di Chiaramonti ha consegnato il premio a Francesco Dettori nella sala del Consiglio comunale davanti alle scolaresche chiaramontesi e ai cittadini intervenuti.
Commenti
Bellissima recensione.
Giugno 5th, 2014