Un ricordo romantico di 30 anni fa: il mio Mac di Ange de Clermont
Sapevo di non essere nato per le materie scientifiche, ma l’esame di maturità con la febbre a 39°, dopo aver sostenuto da privatista la sezione scientifica degli esami me lo confermò, in quel famoso luglio aversano del 1959. Portavo una valigia di libri che avevo sia pure diligentemente studiato anno per anno nel seminario maggiore del PIME di Via Rainulfo Drengot 45 ad Aversa (13 Km da Napoli) col simpatico e disincantato, dotato di barbetta, padre Taddeo. Di fronte alla Chimica e alla Fisica il mio cervello pareva annebbiarsi anche se poi procedendo lentamente la mia acuta, ma lenta razionalità mi faceva capire le bellezza delle formule chimiche e quella dei principi di Fisica. In effetti l’esame fu un calvario e i professori riuscirono a capire che nonostante la mia evidente fatica riuscivo a capire i meccanismi e le dinamiche delle due discipline, ma dovevano darmi tempo e così con quel viaggio al calvario ero riuscito a procurarmi un prezioso 6/10. Non fu così per l’amico Loreto che dovette sorbirsi Chimica e Fisica per tutta l’estate. Io capii che per riuscire ad assimilare le scienze e le discipline affini avevo bisogno di toccarle con mano, se no addio!
Anzi, al prof. Taddeo, feci l’orribile scherzo, quando mi chiese la costituzione fisica del Vesuvio di Napoli di rispondergli:-Professore, si riduce tutto ad una soluzione di acido cloridrico!- Il docente in barbetta, calmo, ma con gli occhi lampeggianti mi rispose:-Tedde, vai fuori dell’aula!- E così quella mattina persi la lezione di Fisica.
Fu così che nel 1984, istigato a delinquere dal simpaticissimo Sergio e dalla sua intelligentissima e simpaticissima ragazza, Lidia, acquistai, mi pare a rate, spendendo una consistente somma milionaria quel Mac che vedete qui fotografato. Leggendo i quotidiani online questa mattina (24 gennaio 2014) mi sono accorto che tutti ricordano l’avvenimento della nascita del primo Mac. Vennero successivamente le più agili e rapide generazioni degli altri modelli. Così, grazie, alla consapevolezza che per capire qualcosa d’informatico dovevo operare col mezzo informatico, oggi, mentre divoro il primo mese del 78 anni, navigo con disinvoltura nel mio Mac Os 10 e passa, anzi debbo a Christian, la velocità che questo, egli , infatti, con una minima spesa, ha portato lo strumento a 2 giga ram e me ne infischio dell’ultima generazione il cui modello l’avaro figlio possiede anche se tutti i giorni piango per non possedere l’IPAD col quale il mio amico Fabio, in un giorno funesto mi umiliò portandolo dal continente. Già, quando entrava nel mio studio doveva inchinarsi davanti al mio Mac, quello con l’asta, un ninnolo di perfezione, che tu avvicini o allontani, innalzi o abbassi come vuoi che ancora posseggo nel mio studio. Ma dove è finito il Mac di trent’anni fa? Nel mio laboratorio-museo segreto, ricoperto pietosamente da un panno bianco, oggi non posso raggiungerlo, ma tra qualche giorno raggiungerò il laboratorio-museo per dargli un casto bacio e poi riprendere in mano i due dischetti, inserirli e attendere un secolo per scrivere, disegnare e far di conto.
Dolce, amabile Mac .Per quanto tempo riposerai lì? Quando ti accoglierà un museo prestigioso? Sì, dev’essere un museo degno di te e dei tuoi fratelli nati man mano. Anch’essi ti guardano stupiti e un pò insuperbiti. Lo sanno che tu sei il primogenito, ma ti guardano distaccati. Già essi ne sanno più di te. Certo, quando tra non molto me ne andrò e migrerò Lassù, il mio dolore sul tuo destino sarà cocente. Non troverò qualcuno che sollevando le mie presenti povertà voglia comprarlo a suon di migliaia di euro, per l’ultima beneficenza che tu, povero Mac, mi concederai quando ti lascerò in buone e danarose mani.
La mia relazione col Mac per capire l’informatica (1983-2011) di Angelino Tedde