La teoria del sogno nel libro biblico del Siracide o (Ecclesiastico) di Silvana Fasce

1. De insomniis

SogniFra i testi antichi di onirologia, che trattano del sogno con un approccio teorico e razionale, un posto proprio e specifico occupa un passo del Siracide, che costitu- isce una breve ma organica discussione sul sogno, nel contesto della cultura intel- lettuale giudaica di età ellenistica. La breve pericope sul sogno (Sir 34,1-8) merita di essere valorizzata anche come documento significativo della dimensione inter- culturale in cui si svolge la letteratura giudaica, con un originale intreccio di fede biblica e modelli greci. La sua importanza è accresciuta dal fatto che il Siracide, caso unico nell’Antico Testamento, fornisce informazioni dirette sull’autore e sul periodo della sua composizione. Espressione di una letteratura sapienziale dal contenuto etico-didascalico, l’opera viene intitolata dal nome dell’autore, che si legge nella conclusione: Gesù figlio (discendente) di Sirach, in ebraico Ben (figlio di) Sira , in greco S(e)irach, da cui il patronimico adottato per il titolo. Nell’anti- ca tradizione latina, il libro viene indicato come Ecclesiasticus, cioè libro adatto all’istruzione religiosa, oggetto di lettura e di commento nelle assemblee della prima comunità cristiana, considerata la ricchezza del suo contenuto morale1.

Ben Sira, uomo colto che si professa scriba e saggio, scrive l’originale ebraico a Gerusalemme, nei primi decenni del II sec. a.C., probabilmente fra il 190 e il 180 a.C., e in tarda età. Il nipote anonimo di Ben Sira, emigrato ad Alessandria in Egitto nell’anno 132 a.C., traduce in greco l’opera del nonno2. Secondo la consuetudine della storiografia ellenistica, premette alla traduzione un Prologo in prosa, dotto ed elaborato, in cui avverte il lettore delle sue intenzioni: egli si è dedicato al complesso lavoro di traduttore, consapevole delle difficoltà che comporta il trasferire concetti ed espressioni dell’originale ebraico nella lingua greca, animato dal desiderio di rendere accessibile ai suoi connazionali all’estero questo testo di straordinaria dottrina e sapienza3.

Il Prologo aggiunto dal nipote non fu accolto come canonico dalla Chiesa, che riservò la qualifica di canonicità alla sola traduzione del testo. D’altra parte, il Siracide, essendo stato escluso dal Canone giudaico delle Scritture sacre in quanto deuterocanonico, rimase oscurato nel testo primitivo ebraico, mentre circolò ampiamente nella versione greca a noi giunta integrale ed accolta nella Bibbia dei Settanta, divenuta canonica per gli ebrei d’Egitto4.

L’opera, che presenta un impianto molto semplice, è costruita su due registri letterari, quello del genere sapienziale in forma di proverbi e di sentenze e quello dell’inno celebrativo, che glorifica la sapienza divina nella natura e nella storia. Infatti, la ricerca della sapienza costituisce il filo conduttore del libro, col quale si legano riflessioni di carattere teologico-morale e precetti di vita pratica5.

2. I sogni mettono le ali agli stolti

La condotta sapienziale implica capacità di conoscenza e riflessione, in vista di discernere ciò che è bene e ciò che è male, non limitandosi al comportamento da tenere o all’atteggiamento psicologico e morale con cui affrontare le contingenze della vita, ma considerando tutti gli aspetti dell’esistenza, secondo una concezione rigorosamente integrale dell’uomo. In base a uno schema logico implicito, la trattazione del sogno si inserisce in una sezione molto ampia sul percorso della conoscenza, che non esclude prove ingannevoli6.

Secondo la personale teodicea di Ben Sira nel mondo vige la contraddizione e in esso si svela il principio del duplice aspetto delle cose, dalle distinzioni alle antitesi, fino ai poli del bene e del male che delimitano ogni realtà umana. Perciò, l’uomo sviluppa una percezione dei contrari e delle incoerenze che lo rende esitante, lo sconcerta, lo priva di lucidità7. Da qui il monito deciso dello scriba, che critica severamente la fiducia attribuita alle visioni nel sogno e all’arte divinatoria, esortando a concentrarsi sulla legge, nel cui adempimento risiede la sapienza, senza bisogno di altre verità8:

34 (31) 1 Speranze vane e fallaci per l’uomo insensato, i sogni mettono le ali agli stolti. 2 Come uno che afferra le ombre e insegue il vento, cosí è chi si appoggia ai sogni. 3 Questo contro quello è la visione di sogni, di fronte a un volto l’immagine di un volto. 4 Dall’impuro che cosa uscirà di puro? e dalla menzogna che cosa uscirà di vero? 5 Divinazioni, presagi e sogni sono cose vane, come immagina la mente di una donna in doglie; 6 se non sono inviati in visita dall’Altissimo, non consegnare il tuo cuore ai sogni; 7 i sogni, infatti, hanno ingannato molti, e molti sono caduti sperando nei sogni. 8 Senza menzogna si adempie la legge, e la sapienza in una bocca verace è perfetta.

L’esposizione della dottrina di Ben Sira si sviluppa, con andamento ripetitivo tipico del dettato sapienziale e con ridondanza retorica, in una serie di asserzioni che si infilano l’una sull’altra, congiunte da nessi logici e spesso sottintesi. L’unità tematica si struttura sullo schema letterario del parallelismo e rivela una spiccata fisionomia formale grazie alla ripetizione insistita del vocabolo sogno (enypnion) e alla ripresa di parole chiave, che finiscono per costituire l’intelaiatura del di- scorso. Nella breve trattazione, il vocabolario si restringe in corrispondenza del linguaggio figurato.

Gli attributi del sogno evocati da Ben Sira sono quelli convenzionali della poesia greca e della letteratura dell’Oriente antico, in una trama di intertestualità allusiva che abbraccia le sentenze dei Proverbi e il pensiero del Qohelet. Lo scriba, se nel primo distico, con sofisticata ironia9, afferma che i sogni mettono le ali agli stolti (aphrones), lasciando trasparire l’atteggiamento di superiorità di chi si riconosce in una élite intellettuale, nel secondo distico assume un tratto leggero, quando esprime in forma figurata la vanità del sogno, l’inconsistenza delle ombre e l’incontro con immagini in dissolvenza.

Uomo colto, che proclama l’importanza dell’istruzione e dell’aggiornamento, che attualizza il sapere d’Israele nel contatto intenso e regolare con la cultura ellenistica, Ben Sira risente della discussione sulla teoria del sogno che anima molti ambienti scientifici e accademici del tempo e riporta la voce della cultura greca alessandrina coeva per piú tematiche; allo stesso modo, nella traduzione greca del nipote, che vive e opera ad Alessandria, si ritrova il lessico comune dei Settanta, integrato nella koiné familiare ai giudei ellenizzati e inserito negli schemi letterari della Scrittura sapienziale veterotestamentaria.

In sintonia col pensiero dell’Antico Testamento, che condanna la divinazione attraverso i sogni mentre accoglie i messaggi onirici inviati da Dio e ritenuti tali da prove severe10, Ben Sira nega il valore conoscitivo del sogno: i contatti nel sonno sono illusori e labili, come afferrare le ombre e inseguire il vento, secondo due similitudini che appartengono tanto alla poesia biblica come a quella di ogni tempo11.

3. Questo dopo quello. Hoc secundum hoc

La riflessione di Ben Sira scorre secondo il binario della piú semplice teoria del sogno, attestata nell’antichità, in Mesopotamia nel Vicino Oriente antico come nel mondo classico, in cui due approcci d’indagine si svolgono ciascuno in modo indipendente dall’altro12. Da una parte, l’interpretazione razionale del sogno come linguaggio di immagini, fallaci e ingannevoli, la cui origine è endogena, residui della veglia che riflettono l’esperienza del sognante; dall’altra parte, l’interpretazione mantico-religosa che avvalora il carattere predittivo di alcune, poche e rare, visioni di origine divina: il sogno può avere la valenza di una rivelazione, come una visita del Signore (Sir 34,6a).

Al v. 3 della pericope, un’inattesa definizione del sogno può apparire enigmatica, non tanto nella formulazione sintattica, pur non estranea al Siracide, quanto perché suggestiva di un linguaggio che rimanda alla dottrina del sogno di Epicuro. La formulazione è elaborata e senza dubbio il v. 3 è il piú rappresentativo del pensiero dello scriba, ma anche per il lettore del nostro tempo, che ha l’impressione di leggervi la descrizione del processo onirico.

Nel testo greco (Sir 34,3a) a tou’to kata; tou`to di alcuni codici fa riscontro tou’to kata; touvtou di altri, la cui traduzione latina antica hoc secundum hoc non esclude definitivamente la prima lezione. Il greco tou’to kata; touvtou viene interpretato «questo contro quello» o, talvolta, «questo dopo quello» ad indicare che i sogni non si formano istantaneamente, ma sono il frutto di sequenze o ricostruzioni in sequenze. Entrambe le lezioni istituiscono una corrispondenza, «questo secondo quello», «questo corrispondente a quello», esprimendo il nucleo di una forte intuizione, come dire che una cosa equivale all’altra e può diventarne il simbolo. Con un parallelismo sul tipo del chiasmo, lo stico 3b ne esplicita infatti il rapporto: «di fronte a un volto l’immagine di un volto», ante faciem hominis similitudo faciei.

Le varie traduzioni del testo biblico, nell’intento di rendere comprensibile il testo biblico ad un pubblico ampio e per uso liturgico, senza tradire il pensiero originale dell’autore, in genere, focalizzano l’immagine allo specchio13. In ef- fetti, il nipote di Ben Sira, che nel Prologo si mostra preoccupato di rendere il testo ebraico con un certo grado di eleganza, preferisce una traduzione che sfuma nell’ambiguo, un rispecchiarsi che non è un guardarsi in uno specchio reale: “lo specchio” risulterebbe riduttivo anche se non estraneo al contesto.

In età ellenistica, la teoria del sogno di stampo atomista, risalente a Democrito e riformulata da Epicuro, gode di un grande favore, in concorrenza con quella stoica e senza polemica con quella aristotelica14. In particolare, il lessico immagi- nifico di Epicuro, a noi noto anche attraverso la divulgazione e la rielaborazione di discepoli e seguaci15, consegna alla teoria del sogno un vocabolario figurato che diventa dominante nell’onirologia antica: gli eidola, le immagini del sogno sono il sogno, come eidola sono le immagini mentali: hoc secundum hoc. Cosí dal Siracide viene suggerita un’interpretazione razionale del sogno in termini generali, senza impegno in una specifica posizione filosofica.

L’eco del medesimo stile di discussione sulle visioni oniriche si potrebbe rintracciare in un altro punto del Siracide (40,5c-7), dove Ben Sira riflette sul problema del male e quindi sulle afflizioni che colpiscono tanto l’uomo giusto quanto l’empio: fra l’agitazione e le angosce notturne, visioni che prolungano le fatiche e le ansie del giorno16. Lucrezio, nel libro IV della sua opera, si esprimerà sullo stesso registro, ma è il registro universale del piú profondo pessimismo, che appartiene anche al Qohelet17.

4. Immaginazioni di una donna in doglie

Ben Sira, certamente consapevole dell’effetto di lettura scaturito dal v. 3, riprende un andamento discorsivo, evocando passi scritturistici. L’enfasi è ora sostenuta dalla costruzione di due interrogative strutturate sul parallelismo e sul chiasmo: nello scriba che conosce alla lettera e medita i libri sacri e nel discepolo formato nello studio del testo biblico lo stico 4a richiama insieme un passo del Levitico e una nota del lamento di Giobbe18, mentre 5b adotta la metafora del vaneggiare della mente della donna in doglie caratteristica del linguaggio biblico19.

Anche il seguito procede secondo il registro tradizionale del Siracide, insistendo sulle vane attese indotte dai sogni. Il lessico è pregnante, dove kardía copre uno spazio semantico della lingua ebraica in una direzione sconosciuta alla lingua greca20: «non consegnare il tuo cuore ai sogni».

La critica all’ingenua fiducia nelle visioni oniriche trova sostegno nel giudaismo rabbinico: «Non si rivela all’uomo nel sogno altro che i pensieri del proprio cuore» si legge nel Talmùd babilonese, in una sezione dedicata ai sogni21.

5. Tutti i sogni seguono la bocca. Il distico 8 conclude la pericope, proclamando la fiducia nella Legge contro gli inganni del sogno e facendo cosí combaciare la sapienza con la verità della Scrittura, bocca verace. Forse, però, la traduzione latina, rendendo sapientia in ore fideli consummatio, potrebbe spostare l’attenzione sulla fedeltà del messaggio trasmesso dai veri profeti di fronte alla falsità della divinazione.

Viene alla mente un detto tipico del Talmùd, che interpreta e commenta l’episodio di Giuseppe contenuto nel Genesi22: «Tutti i sogni seguono la bocca», nel senso che il sogno coincide con la sua interpretazione e da questa trae consistenza. Perciò, Ben Sira indirettamente afferma che quella bocca non dice il vero.

Nel giudaismo rabbinico la razionalizzazione del sogno procede. Un sogno è positivo se lo si crede tale; se rattrista e lascia turbamento, deve essere interpretato “in bene” sostiene sempre il Talmùd; infatti, «un sogno che non si spiega è come una lettera che non viene letta»23.

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1 Il testo greco di Sir 50,27 riporta quasi a firma dell’autore: «Gesù, figlio di Sirach, Elea- zaro, gerosolimitano», formula che si chiarisce alla luce del testo ebraico: «Simone, figlio di Gesù, figlio di Eleazaro, figlio di Sira», dove Simone va espunto, in quanto deriva dalla precedente e vicina citazione del sommo sacerdote Simone (50,1). Perciò, il nome dell’autore doveva essere «Gesù, figlio di Eleazaro, figlio di Sira»; d’altra parte, il tradut- tore del Prologo (1,7) ricorda «mio nonno Gesù». I manoscritti greci portano il titolo Sa- pienza di Gesù, figlio di S(e)irach o semplicemente Sapienza di S(e)irach. Nell’Occidente latino la designazione corrente è Ecclesiasticus, attestata nel III sec. d.C. da Cipriano nei Testimoniorum libri tres adversus Iudaeos. Cfr. A. Minissale, Introduzione, in Siracide (Ecclesiastico), introduzione, versione e note di A. Minissale, Milano 20023 (I ed. 1980), pp. 7-8.

2 Cfr. H. Duesberg – I. Fransen, Introduzione, in Ecclesiastico, a cura di H. Duesberg – I. Fransen, trad. it, Torino 1967, pp. 1-25. Nel Prologo, il nipote di Ben Sira afferma di essere giunto in Egitto nell’anno XXXVIII del defunto re Evergete, che corrisponde al 132 a.C. con riferimento al regno di Tolomeo VII Evergete II Fiscone, morto nel 117 a.C. L’autore dell’originale ebraico, il nonno Ben Sira, probabilmente lavorava al testo, a Gerusalemme, intorno al 180 a.C., poiché ricorda ed elogia (Sir 50, 21) le opere del sommo sacerdote e suo contemporaneo Simone II. Cfr. l’ampia Introduzione di F. Vattioni, Ecclesiastico. Testo ebraico con apparato critico e versioni greca, latina e siriaca, Napoli 1968, pp. IX-XL. Per l’esame approfondito del Siracide relativamente ai rapporti fra il testo ebraico e le traduzioni greche, cfr. A. Minissale, La versione greca del Siracide. Confronto con il testo ebraico alla luce dell’attività midrascica e del metodo targumico, Roma 1995.

3 Caso tipico di prologo conforme alla prassi letteraria della storiografia ellenistica è l’ini- zio del vangelo di Luca (1,1-4).

4 La tradizione del testo è complessa. Il testo ebraico, noto circa per due terzi, a partire dai ritrovamenti del 1896 nella Genizah della sinagoga del Cairo e successive scoperte avvenute fino alla metà del Novecento, rivela aggiunte rispetto a quello che doveva essere l’originale. La traduzione greca è pervenuta in due recensioni, una breve (Gr I) e una lunga (Gr II); sulla base di Gr II, probabilmente verso la fine del II sec. d.C., fu eseguita la traduzione latina (Vetus Latina), ma con ulteriori aggiunte, accolta nella Vulgata senza revisione da parte di Girolamo: F. Vattioni, S. Girolamo e l’Ecclesiastico, in “Vetera Christianorum” 4, 1967, pp. 133-134; T. Stramare, Il libro dell’Ecclesiastico nella Neo- Volgata, in “Rivista Biblica” 27, 1979, pp. 219-226. Cfr. J. Gribomont, Les plus anciennes traductions latines, in Le monde latin antique et la Bible, sous la direction de J. Fontaine – Ch. Pietri, Paris 1985, pp. 43-65 ; M. Gilbert, L’Ecclésiastique: quel texte? quelle auto- rité?, in“Revue Biblique” 94, 1987, pp. 233-250.

5 Indispensabile per un inquadramento generale e di numerosi e specifici problemi M. Gilbert, s.v. Siracide, in Supplement au Dictionnaire de la Bible (DBS), XII, Paris 1996, cll. 1389-1437.

6 Cfr. Minissale A., Siracide. Le radici nella tradizione, Brescia 1988, p. 54; N. Calduch- Benages, Trial Motive in the Book of Ben Sira with special reference to Sir 2,1-6, in The

Book of Ben Sira in Modern Research, Proceedings of the First International Ben Sira Conference, 28-31 July 1996, Soesterberg, Netherlands, ed. by P.C. Beentjes, Berlin-New York 1997, pp. 145-146.

7 G. Prato, Il problema della teodicea di Ben Sira, Roma 1975, pp. 300-302. 8 Sir 34 (31),1-8: KenaiÌ ejlpivde~ kai; yeudei’~ ajsunevtwÛ ajndriv, É kai; ejnuvpnia ajnapte- rou’sin a[frona~ É wJ~ drassovmeno~ skia`~ kai; É diwvkwn a[nemon É ou{tw~ oJ ejpevcwn ejnupnivoi~: É tou`to kata; touvtou o[rasi~ ejnupnivwn, É katevnanti proswvpou omoivwma proswvpou. É ajpo; ajkaqavrtou tiv kaqarisqhvsetai; / kai; ajpo; yeudou’~ tiv ajlhqeuvsei… É mantei`ai kai; oijwnismoi; kai; ejnuvpnia mavtaiav ejstin, É kai; wJ~ wjdinouvsh~ fantavze- tai kardiva É eja;n mh; para; uJyivstou ajpostalh’Û ejn ejpiskophÛ’, É mh; dw’Û~ eij~ aujta; th;n kardiav n sou É pollou;~ ga;r ejplavnhsen ta; ejnuvpnia, É kai; ejxevpesan ejlpivzonte~ ejpΔ aujtoi’~. É a[neu yeuvdou~ suntelesqhvsetai novmo~, É kai; sofiva stovmati pistw’Û teleivwsi~ (edizione di Joseph Ziegler: Sapientia Iesu Filii Sirach, edidit Joseph Ziegler, 2., durchgesehene Auflage, Septuaginta. Vetus Testamentum Graecum, auctoritate Academiae Scientiarum Gottingensis editum, XII/2, Göttingen 19802 (I ed. 1965).

9 Cfr. H. Duesberg, s.v. Ecclésiastique, in “Dictionnaire de Spiritualité” (DS), IV 1, Paris 1960, cl. 54 : «si la langue est plate, sa vision est pittoresque. Il a le sens du ridicule qui anime la comédie humaine».

10 A. Oepke, s.v. oònar, in GLNT, VIII, Brescia 1972, cll. 617-670 (ThWNT, V, Stuttgart 1954). Nell’Antico Testamento ricorrono numerosi sogni, da 35, secondo L.Ehrlich, Der Traum im Alten Testament, Berlin 1953, a 43 secondo J. Le Goff, Le Christianisme et les rêves (IIe-VIIe siècles), in I sogni nel Medioevo, Seminario Internazionale Roma, 2-4 otto- bre 1983, a cura di T. Gregory, Roma 1985, Appendice, pp. 216-218. La Bibbia prospetta il sogno come strumento di comunicazione divina e di predizione (a titolo d’esempio: Gn 20,3-7; 28,10-17; Gn 31,10-13; 31,24; 37,5-10; 40; 41,1-36; Nm 12,6-8; Gdc 7,13-15; 1Re 3,5-15; est 10,5; 11,3-12; Gb 33,15-16; Gl 2,28, 2Mc 15,11-16; cfr. Mt 1,20-23; Mt 2,12-13; At 2,17; 16,9), ma proibisce di ispirarsi ai sogni per pratiche divinatorie (Lv 19,26; 19,31; 20,6; Dt 13,2-4; Lv 18,10; 18,14; Qo 5,6; Ger 23,5; Ger 29,8).

11 Cfr. Sap 5,14: «La speranza dell’empio è come pula portata via dal vento, come tenue schiuma sospinta dalla bufera; è dispersa come il fumo dal vento e si dilegua come il ricordo dell’ospite di un solo giorno». Il v. 2 sarà ricordato nei trattati sul sogno ad es. da Tommaso di Froidmont, Liber de modo bene vivendi, PL 184,cl. 1301; Alano di Lilla, Liber sententiarum, PL 210, cl. 256: S.F. Kruger, Il sogno nel Medioevo, trad. it., Mila- no1996, pp. 144-145 (ed. origin. Dreaming in the Middle Ages, Cambridge 1992).

12 Cfr. A.L. Oppenheim, The Interpretation of Dreams in Ancient Near East, in “Trans- actions of the American Philosophical Society” 46, 1956,pp. 179-373 (= trad. it. Sogni profetici nell’Antico Vicino Oriente, in Il sogno e le civiltà umane, Bari 1966, pp. 62-75); L. Bonuzzi, L’epistemologia del sogno da Asclepio ad Aristotele, in “Verona Medica” 41,1, 2006, pp. 33-37.

13 Si ricordano alcune traduzioni italiane: «Si fanno riscontro lo specchio e il sogno» (La sacra Bibbia tradotta dai testi originali con note, a cura del Pontifico istituto Biblico di Roma, Roma 1961); «Questo dopo quello: tale la visione di sogni» (CEI 1974 e proposta di rendere piú scorrevole e aderente all’originale ebraico la traduzione nella nuova, terza edizione CEI: «Le visioni del sogno stanno alla realtà come il volto nello specchio sta a quello vero»); «Nei sogni si vede quello che c’è già, è come l’immagine del volto nello specchio» (trad. A. Minissale per la Nuovissima Versione della Bibbia, 1980).

14 S. Fasce, La teoria del sogno nel pensiero medico di età ellenistico-romana, in “Anthro- pos & Iatria” XI,2, 2007, pp. 8-18.

15 Si ricorda Lucrezio, che in poesia e in lingua latina, verso la metà del I sec. a. C., ripropo- ne il linguaggio delle immagini (simulacra) che si fanno incontro (obvia) al sognante: De rerum natura, IV 37, ma è significativo tutto il passo IV 26-45.

16 Sir 40,5c-7: «Anche quando riposa nel letto, il sonno della notte turba i suoi pensieri. Ri- posa poco ed è come niente, anche nel sonno s’affatica come di giorno, perché è sconvolto dalla visione del suo cuore, come chi fugge di fronte alla guerra. Ma quando poi è salvo deve svegliarsi, constatando che non c’era motivo di temere». Lucrezio nel libro IV della sua opera si esprimerà sullo stesso registro

17 Qo 2,23: «Sì, per tutti i giorni della sua vita il suo lavoro è dolore e tristezza. Il suo cuore non riposa nemmeno di notte. Anche questo è vanità».

18 Lv 19, 31: «Non rivolgetevi agli spettri e agli indovini; non interrogateli, rendendovi impuri con essi»; Gb 14,4: «Chi può trarre il puro dall’immondo? Nessuno». A proposito di Sir 34,4a, si osserva che il verbo kaqarivzw è un neologismo dei LXX, creato forse per distinguere la specificità della nozione ebraica di purificazione da quella espressa da kaqaivrein, verbo della terminologia religiosa classica: G. Dorival, “Dire en grec les choses juives. Quelques choix lexicaux du Pentateuque de la Septante, in “Revue des études grecques”, 109, 1996, pp. 526-547. La relazione fra purità e sogno è profondamente radicata nel pensiero giudaico, per cui, in senso opposto al Levitico, i testi apocrifi che valorizzano il sogno rivelatorio insistono su questo punto: «Questi sono i nomi degli angeli che si prendono cura dei sogni, in modo che chiunque si avvicini loro in condizione di purità sappia quale fosse il sogno e quale ne sia l’interpretazione» (Sepher ha-Razim, “Il libro dei misteri”, 114 ss. Margalioth).

19 L. Bonuzzi, About the origins of the scientific study of Sleep and dreaming, in Experimen- tal study of human sleep: Methodological problems, edited by G.C. Lairy – P. Salzarulo, Amsterdam 1975, p. 189

20 J. Behm, s.v. kardiva, in GLNT, V, Brescia 1969, cll. 193-213 (ThWNT, III, Stuttgart 1933).

21 Il trattato delle benedizioni (Berakhot) del Talmùd babilonese, a cura di Sofia Cavalletti, Torino 1968 (rist. 1982), p.367.

22 Talmùd babilonese, cit., p. 366. Cfr. F. Michelini Tocci, I sogni nella cultura ebraica medievale, in I sogni nel Medioevo, cit. pp. 287-29°.

23 Talmùd babilonese, cit., p. 363.

 

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