Un concentrato di bombe su Olbia tra natura e uomo di Ange de Clermont
Assisto con tristezza ai reportages sui luoghi dell’alluvione. Non è facile descrivere sulla mappa di Olbia l’arrivo del disastro: dal cielo pare sia caduta tanta pioggia quanto ne può cadere in sei mesi. Questa la prima causa del disastro. Il resto è dovuto ai torrenti in piena che scendono a valle. A tutto ciò bisogna aggiungere la conformazione del terreno della città dalla ghiandola pittuitaria sviluppatasi a dismisura nell’arco di 50, 60 anni, a partire dall’arrivo dell’Aga Khan e di conseguenza di tutti gli abitanti della montagna che si sono precipitati ad Olbia: Buddusò, Alà dei Sardi, Aeela, Bultei, Bono, Bottidda, Burgos, Esportlatu, Benetutti, Nule, Siniscola e altri piccoli e grandi centri. Aggiungi gli olbiesi emigrati ritornati a casa, gli stranieri da ogni continente e i penisolani. Un centro marino di 15 mila abitanti che in 50 anni è cresciuto di oltre quarantamila unità (oggi, 2013, di 56.000). Per la crescita demografica delle sette città regie (Castelsardo, Sassari, Alghero, Bosa, Oristano, Iglesias, Cagliari) ci sono voluti secoli, per Olbia, un tempo così corto da non permettere soste e ripensamenti di edificazione, quasi una città di fondazione come Fertilia, Arborea, Carbonia, ma senza la programmazione razionalista di queste.
Una città di zecca – falsa quasi senza storia dove chi è arrivato 50 anni fa , data la legislazione urbanistica quasi inesistente e disordinata, e soprattutto dati i bisogni urgenti, ha costruito pensando ad una terra e ad una natura felice (olbìos). Il fascino del mare, delle colline quasi montagne che circondano la città sono state una garanzia. Non ci furono almeno fino al 1975 grandi differenze tra legalità e illegalità viste le leggi esistenti così come è avvenuto nel ritorno alle coste dal centro dell’isola un pò ovunque. Si è costruito a due passi dal mare o ai piedi delle colline, su terreno pianeggiante, ingannevole e allettante, senza badare se fosse argilloso o sabbioso e quindi impermeabile o permeabile, ma che poteva dirsi insicuro. Dal 1975 arrivano leggi più cogenti, si fa per dire, sui piani di fabbricazione, si vanno sanando gli abusivismi inglobandoli nel piano di fabbricazione (e chi degli amministratori d’origine buddusoina o bonese poteva dire no a chi aveva urgenza d’un’abitazione in un luogo dal nome “felice”?) Man mano sono arrivate leggi più serie, ma la bomba demografica dei dieci comuni sardi, Olbia compresa, definiti “scioccati” non poteva arrestarsi con un fischio. Di chi la colpa? Degli stessi eventi. Ha colpa forse un nostro figliolo o nipote che verso i 13 o 1 14 anni cresce fino a 180 o a 190 centimetri? Il boom demografico (per nascita e per arrivi) ha forse delle colpe?
Bisogna riflettere prima di fare i soloni “gnurants” come fanno oggi tanti giornalisti venditori di notizie false e tendenziose. Olbia è sorta tra bombe di ogni genere e sono gli studiosi a definirla città “scioccata”, non da oggi. Ciò premesso si possono riscontrare pure delle responsabilità su chi? Su chi ha costruito a piano stradale o senza strada, autorizzato o no, e che volete ora mandare in galera questi poveretti che ignari di tutto si son fatti la casa, oggi allagata, e che ha distrutto i mobili e scioccato gli inquilini? Volete mandare in galera i sindaci e soprattutto i geometri o gl’ingegneri che hanno steso i primi piani di fabbricazione prima e i piani regolatori generali poi? Molti son passati a miglior vita.
Le responsabilità si possono riscontrare nei progettisti e costruttori dei cavalcavia se hanno costruito i piloni con piedi nani sulla sabbia (vedi strada per Tempio con tre morti), vedi ponte sul Cedrino, un morto, costruito a quanto pare da poco) per il resto si metta sotto processo la natura per la bomba d’acqua,i nembi, i venti caldi e freddi, lo stesso clima; la conformazione del terreno alluvionale o sabbioso di Olbia, a cui i Greci hanno dato il nome di “Felice”, certo è che il vecchio sgangherato cavalcavia ha retto anche se a vederlo sembra un catorcio e quello che ha messo in salvo mia figlia e mia nipotina e io quando sono al Olbia ci passo con tremore anche per le ringhiere che sembra caschino giù da un momento all’altro appena ti appoggi. Sia ringraziato Iddio per tutti quelli che si sono salvati!
Per concludere, da qui occorre partire per fare delle riflessioni sul disastro ad Olbia. Blaterare tanto per riempirsi la bocca è pura idiozia! Il procuratorello che annuncia giustizia, conoscerà bene che la verità giudiziaria è eminentemente mezzo vera e mezzo falsa. Farà giustizia forse ai morti? Chi è morto è morto e speriamo che la misericordia divina collochi tutti in dimensioni davvero beate, olbioi! Auguriamoci che bombe d’acqua, bombe demografiche, bombe costruttive da rendere Olbia “scioccata” non avvengano più. Tutto il resto è solo “eco di tromba che si perde a valle”. Auguriamoci davvero giorni migliori, quando Olbia ridente e gaia, mostrerà il suo volto di ragazzaccia scapigliata e a tratti libertina!
Un nostro pensiero non può che andare ai filippini delle Filippine, questa volta accomunati dalla stessa sorte.