Un riconoscimento a Giovanni Soro, chiaramontese, dall’Università di Surindra Rajabhat (Thailandia) a cura di Ange de Clermont
La stampa locale ha messo in chiara luce l’opera svolta da Giovanni Soro in Thailandia per due anni consecutivi presso l’Università di Surindra Rajabhat che per mezzo del suo rettore ha voluto premiare un nostro intellettuale che pur essendo di buona origine agro-pastorale e con sangue in parte barbaricino non ha dimenticato il mondo intero e non si è chiuso nel suo guscio di professore di Lettere prima, di dirigente scolastico poi e, infine, di pensionato.
Fin da giovane, Giovannino per gli amici, per quanto sia alto un metro e novanta, ha dimostrato interessi variegati per la poesia che ha appreso dando una mano al padre pastore da cui ha saputo trarre vocaboli sardi ormai desueti, ma che egli fa rivivere nelle sue liriche a tratti ermetiche a tratti d’una essenzialità stupefacente che lo lega ai grandi del nostro primo e secondo novecento (Cfr.Poeti del secondo Novecento). A tutto ciò si aggiunga l’amore per il folclore sardo: musica monodica, danza e melodia che da molti anni ha portato nel mondo insieme col coro Perfugas Matteo Peru non ignorando il Gruppo Folk Santu Matheu Tzaramonte che per ben due volte ha visitato la città di Surin.
Il coro Perfugas Matteo Peru con Giovanni Soro ha rappresentato l’Italia e in particolare la Sardegna dal Suddamerica al Canada, dalla Germania alla Russia, da questa all’Asia estrema. Spesso si è trattato di un’andata e ritorno per cui si può ben dire che l’Anglona ha visto la rassegna di folclore internazionale, misurandosi coi ritmi e i costumi del mondo.
In questi contesti nascono amicizie sincere per cui i docenti dell’Università di Surindra Rajabhat lo hanno invitato per due anni consecutivi a dettar lezioni d’Italiano di Latino e soprattutto di civiltà sarda. Non ci sono in Sardegna solo i Fresu del jazz e i Marras delle sfilate parigine, ma anche uomini dai modesti mezzi, ricchi d’ingegno e di fantasia che portano la nostra Sardorum tellus in tutto il mondo, né servono milioni di euro perché bastano i semplici modesti rimborsi per dire a tutto il mondo quali sono i costumi, i canti e i balli della nostra Regione, e anche le nostre profonde radici umanistiche e linguistiche latine. In questa sua frenetica attività Giovannino ha coinvolto l’Università di Sassari, che bene avrebbe fatto ad offrigli accanto alla spilla d’oro dell’Università di Surindra Rajabhat la medaglia con lo stemma della nostra Università.
Il prof. Soro ha coinvolto l’Università Turritana in quest’avventura culturale dell’Estremo Oriente. (Università fondata dai Gesuiti coi proventi lasciati dal grande segretario di Carlos V, Alessio Fontana, nel 1558, per istituire lo Studium Generale e avviare così col 1562 le tre classi del trivio più una classe di abecedarios e man mano dare vita con la fondazione dei collegio di Cagliari(1564) con quello d’Iglesias (1581) e di Alghero(1588) alla prima classe studentesca sarda che nel 1630 raggiungeva la bellezza di 2500 alunni ancor prima che giungessero gli Scolopi per dar vita ad altri numerosi collegi)
Il potente club dei professori ordinari di Sassari prima diffidente poi fiducioso gli ha aperto le porte e con la nomina di Paolo Puddinu. esperto linguista dell’Estremo Oriente, delegato rettorale, anche Sassari oggi può vantare relazioni internazionali e beneficiare a livello ministeriale dei famosi punteggi che si danno per l’internazionalizzazione delle nostre università.
Il già rettore Acharà Phanurat e docenti di Surindra Rajabhat sono giunti a Sassari per fare gli onori al Nostro illustre compaesano con il regalo di una spilla d’oro dalle fattezze di un elefantino e offrire al delegato rettorale una spilla d’argento delle stesse fattezze, con giubilo naturalmente del nostro arcinoto rettore Attilio Mastino che forse in tutta la storia dell’Università laica vanta il maggior numero di anni ai vertici di questa nostra preziosa istituzione culturale, quando si calcoli che è stato ben 11 anni Prorettore e stanno per declinare gli 8 anni di Rettorato. A noi, claramontani, non resta che rallegrarci del successo di questi nostri intellettuali che ovviamente secondo il detto del Nazareno nemo propheta in patria, spesso sono ignorati se non offesi. Ci piaccia o no questi uomini e queste donne che dal villaggio contadino si lanciano nel villaggio globale noi ce li abbiamo e dobbiamo riconoscere questa sacrosanta verità. Giovannino, a parte l’intima soddisfazione, non per questo ha smesso di coltivare zucche, cetrioli e pomodori nel suo orticello. Mai abbandonare le radici che ci nutrono e guai a toccare le radici e l’identità dei nostri amati compaesani che non battono le mani nemmeno se li prendi a fucilate. Noi, modesti cultori dei nostri compaesani e della loro funzione culturale nonché della storia materiale del borgo, le mani ce le sbucciamo. Bravo Giovannino, brava Veronica, bravo il filosofo Casula e tutta quella serie di giovanissimi come Vladimiro Patatu, Gianluigi Marras, l’archeologo, Andrea Pischedda, ingegnere meccanico a Parigi, Matteo Tedde, psicologo e psicoterapeuta, che in giro per l’Italia e per il mondo portano ovunque il calore della nostra gente di radici agro-pastorali, dal cuore generoso e dall’ingegno acuto.