6 Luglio 2013
Categoria : c'est la vie, cahiers de doléances
Portorotondo, anzi no, Portobuzzurro di Ange de Clermont
E così ieri sera, dopo essere stato a Messa chez San Simplicio,lo scrivente si è ritrovato in piazza un gruppo musico-rumorale, che affilava gli strumenti e ha messo a dura prova i suoi timpani e forse la stessa stabilità della Basilica dell’XI secolo. Stava per cadere il campanile di Mores (a suo tempo) per il passaggio continuo di camion e container, immaginiamoci se non imploderà la Basilica di circa mille anni di vita. Gli Olbiesi dovrebbero trovare un campo bovino vasto per queste disgustose feste di fine settimana dove tra la messa in prova dei timpani e dello stomaco la gente rimbecillisce. Rumori orrendi e bancarelle maleodoranti rovinano il gusto e la serenità che promana dal tempio più antico della Sardegna settentrionale. Stordito da quel fracasso mentre l’anima respirava il primo venerdì del mese di luglio, ho inviato subito il mio angelo custode per sollecitare la figlia, la matriarca e la nipotina affinché venissero a togliermi da quell’impiccio. Dopo una decina di minuti sono arrivate e mi hanno tolto da quella piazza, da quella fumeria di arrosti e da quegli orrendi rumori del gruppo dei rumori. Oh la dolce musica dei concerti classici o delle messe cantate e l’orchestra che la natura sul far della sera invia sul nido d’aquila della casetta del nostro borgo medievale, quando anche lì la pro loco non ammannisce ai paesani gruppi fracassoni. Preferiti i sardi cantori e poeti e il nostro amato cantautore Franco Sechi che dal silenzio dei campi trae le sue sussurrate liriche dal palco di Piazza Repubblica, alias Piazza San Giovanni.
Salgo sulla Modus della Renault dell’erede in attesa di arrivare alla belle vista della sua abitazione e invece la vedo deviare a destra e a sinistra e dirigersi verso l’ignoto. Una volta tanto taccio, ma poi dai segnali stradali vedo che la strada conduce a Palau, mi chiedo se anche mia figlia non sia ammattita, protesto e via via scopro l’arcano dell’improvvisato tour turistico verso Portorotondo. Si gira e si rigira prima di raggiungere il porto a piedi, così gremito d’imbarcazioni di ogni tipo da sembrare la fiera delle barche da diporto. Motoscafi, piccoli yot, velieri, hovercraft e cento bizzarrie natanti del più buzzurro dei porti turistici sardi mi usce di bocca Portobuzzurro, ma mia figlia pronta:-Papà smettila di esibire le tue graffianti critiche e una volta tanto guarda e taci!- Interviene anche la matriarca con uno sguardo severo che diceva significativamente “Taci, una volta tanto!” e così osservai, sentendomi quasi soffocare, quel porto che tondeggiando come s’istradone di Clermont, ti soffocava da una marea di natanti da una parte e da sedicenti eleganti ristoranti dirimpettai maleodoranti di olio bruciato dall’altra dove tanta gente, quasi comparse da film di massa, attendeva di cenare. Si continua a camminare ed eccoti le bancarelle di essenze profumate, di oggettistica marinara, conghiglie e roba del genere, le peggiori che abbia visto in vita mia, e poi anfore di terracotta, piccioni di terracotta, tortore e cento idiozie di terracotta che nessuno dotato di buon gusto comprerebbe. Un napoletano, col clellulare attaccato all’orecchio, non faceva che parlare, parlare e parlare come un idiota con altro idiota. Tra me e me esclamai:-Chiuditi in un bunker e poi ammattisci piezz de emme.- Finalmente trovato un ancoraggio si siede e ci lascia in pace. Nel frattempo si continuava a girare tra barche e ristoranti ed eccoti un buzzuro campidanese che maneggiava con scarsa igiene dello zucchero vaporizzandolo intorno ad una bacchetta e poi vendendolo per 3 euro ai bambini rincitrulliti! Anche qui i campidanesi dalla pronuncia orrenda. La piccola carovana procede ed io sempre in coda osservo colline ricoperte di case senza ritegno e rispetto per la natura: sono venuto al mare e non lo vedo, guardo le vette e vedo solo case. Temo di soffocare e questa sensazione aumenta appena sento parlare in meneghino, in ligure e in bergamasco, dico tra me: -Buzzurri!- Si non Portorotondo, ma Portobuzzurro senza stare qui a ripetere frasi del tutto sconce di alcuni turisti, mentre le comparse più o meno stagionate con abiti da gelataio davano inizio alla follia delle relazioni umbratili, strambe, noiose della notte incipiente. Saliamo verso la piazzetta dove pare il più illustre ospite di Portorotondo si faccia vedere di tanto in tanto. Saliamo e discendiamo una scalinata dove per poco non mi sego un dito incappando su un pavimento stravagante. -Quando ce ne andiamo dico a mia figlia, mi sento soffocare!- Madre e figlia insieme come risposta:- Che uomo disgustoso!-
E così, lesti voltiamo le spalle a Portobuzzuro, salimo in macchina e in breve siamo tra le luci bianche e gialle di Olbia, approdo felice dei Fenici!
Salgo sulla Modus della Renault dell’erede in attesa di arrivare alla belle vista della sua abitazione e invece la vedo deviare a destra e a sinistra e dirigersi verso l’ignoto. Una volta tanto taccio, ma poi dai segnali stradali vedo che la strada conduce a Palau, mi chiedo se anche mia figlia non sia ammattita, protesto e via via scopro l’arcano dell’improvvisato tour turistico verso Portorotondo. Si gira e si rigira prima di raggiungere il porto a piedi, così gremito d’imbarcazioni di ogni tipo da sembrare la fiera delle barche da diporto. Motoscafi, piccoli yot, velieri, hovercraft e cento bizzarrie natanti del più buzzurro dei porti turistici sardi mi usce di bocca Portobuzzurro, ma mia figlia pronta:-Papà smettila di esibire le tue graffianti critiche e una volta tanto guarda e taci!- Interviene anche la matriarca con uno sguardo severo che diceva significativamente “Taci, una volta tanto!” e così osservai, sentendomi quasi soffocare, quel porto che tondeggiando come s’istradone di Clermont, ti soffocava da una marea di natanti da una parte e da sedicenti eleganti ristoranti dirimpettai maleodoranti di olio bruciato dall’altra dove tanta gente, quasi comparse da film di massa, attendeva di cenare. Si continua a camminare ed eccoti le bancarelle di essenze profumate, di oggettistica marinara, conghiglie e roba del genere, le peggiori che abbia visto in vita mia, e poi anfore di terracotta, piccioni di terracotta, tortore e cento idiozie di terracotta che nessuno dotato di buon gusto comprerebbe. Un napoletano, col clellulare attaccato all’orecchio, non faceva che parlare, parlare e parlare come un idiota con altro idiota. Tra me e me esclamai:-Chiuditi in un bunker e poi ammattisci piezz de emme.- Finalmente trovato un ancoraggio si siede e ci lascia in pace. Nel frattempo si continuava a girare tra barche e ristoranti ed eccoti un buzzuro campidanese che maneggiava con scarsa igiene dello zucchero vaporizzandolo intorno ad una bacchetta e poi vendendolo per 3 euro ai bambini rincitrulliti! Anche qui i campidanesi dalla pronuncia orrenda. La piccola carovana procede ed io sempre in coda osservo colline ricoperte di case senza ritegno e rispetto per la natura: sono venuto al mare e non lo vedo, guardo le vette e vedo solo case. Temo di soffocare e questa sensazione aumenta appena sento parlare in meneghino, in ligure e in bergamasco, dico tra me: -Buzzurri!- Si non Portorotondo, ma Portobuzzurro senza stare qui a ripetere frasi del tutto sconce di alcuni turisti, mentre le comparse più o meno stagionate con abiti da gelataio davano inizio alla follia delle relazioni umbratili, strambe, noiose della notte incipiente. Saliamo verso la piazzetta dove pare il più illustre ospite di Portorotondo si faccia vedere di tanto in tanto. Saliamo e discendiamo una scalinata dove per poco non mi sego un dito incappando su un pavimento stravagante. -Quando ce ne andiamo dico a mia figlia, mi sento soffocare!- Madre e figlia insieme come risposta:- Che uomo disgustoso!-
E così, lesti voltiamo le spalle a Portobuzzuro, salimo in macchina e in breve siamo tra le luci bianche e gialle di Olbia, approdo felice dei Fenici!