International email di Frantzisca Passiu
“Qui tutto scorre liscio e questi ultimi due giorni il sole ci ha concesso la sua presenza anche in questo paese che sembra dimenticare spesso.
In questo giorni ho scritto sulle cose che mi piacciono e quelle che non mi piacciono dell’Inghilterra: le due facce della stessa medaglia.
Considero Londra un “mondo a parte” e credo che abbia più cose in comune con altre metropoli come New York o Sidney piuttosto che con qualsiasi altra città dell’Inghilterra o del Regno Unito.
Detto questo, l’elenco che segue rischia di cadere inevitabilmente in una serie di stereotipi, ma spero di non offendere la sensibilità di nessuno. In ogni caso, ecco alcune riflessioni e osservazioni su Londra e dintorni.
L’inghilterra è indubbiamente popolata da una grande varietà di etnie di diversa provenienza, con propria lingua, religione e cultura. Questo fa sì che il razzismo come lo intendiamo noi venga ridotto ai minimi termini, dato che non esiste un gruppo etnico dominante rispetto agli altri.
Esiste però una grande, fondamentale differenza, un divisore sociale evidente che resiste al passare dei secoli. Da una parte la minoranza dei ricchi (sempre inglesi) e dall’altra tutto il resto della popolazione. Colored: africani,asiatici, suddamericani,indiani di variegate religioni e mediterranei tutti nello stesso calderone. Sono due mondi che non hanno nulla a che spartire, che vivono l’uno a fianco all’altro e corrono su linee parallele, così vicine, ma destinate a non incontrarsi mai.
La divisione in classi è ancora evidente, oggi come secoli fa.
Un’altra Europa
Fin dal primo momento in cui ho messo piede qui mi sono trovato a far fronte ad una serie di piccole difficoltà e ostacoli nel vivere quotidiano che mi hanno portato a prendere coscienza di come lo stile di vita inglese sia così lontano dal nostro.
Qui ho capito veramente che cosa si intende quando si parla di un’Europa divisa in due: da una parte i popoli del Mediterraneo, dall’altra i NordEuropei.
Vivere in Italia, invece, comporta una serie di vantaggi di cui spesso non ci rendiamo conto, impegnati come siamo a lamentarci continuamente.
Dal bere un buon caffè al mattino, a lavorare in media 7 ore al giorno, al concederci una vera pausa pranzo, (non un panino mangiato in 10 minuti), all’uscire con gli amici in tranquillità, solo per bere una birra (senza doverci sballare di birra o senza dover condividere il pub con altri 70 individui), al concederci non solo delle chiacchiere superficiali, ma cercare di conoscerci a fondo.
Il mercato del lavoro
Qui i pregi sicuramente potrebbero essere: alta offerta di occupazione, assenza di nepotismo, mobilità e dinamismo. Ci sono però anche aspetti negativi che, a mio parere, fanno capo ad una causa principale: la crisi.
La crisi che colpisce gran parte del resto d’Europa, soprattutto il Mediterraneo, che porta centinaia, migliaia di persone a venire a Londra in cerca del “sacro Graal”, del posto di lavoro.
In un certo senso, l’economia inglese fiorisce anche grazie alla crisi che colpisce questi Paesi.
Su tutto questo, rimane un’amara constatazione da fare: non c’è posto per tutti. Il mercato è saturo.
Altro punto a sfavore: il capitalismo più sfrenato.
In UK i diritti sono derogabili dal datore di lavoro con un semplice contratto a parte, che tutti firmano. E con un tratto di penna, voilà, cancellati i diritti più basilari come essere pagato extra per lavoro notturno o festivo, calcolo delle ferie e massimale di turni di lavoro.
La competizione qui è altissima, le opportunità di lavoro imbarazzanti, ma gli stipendi miseri. I datori di lavoro sanno di poter contare su questo continuo flusso di immigrati qualificati,spesso laureati e bilingue, disposti a lavorare ad ogni condizione pur di accumulare un’esperienza all’estero, fare gavetta o semplicemente migliorare l’inglese.
Questo non è un Paese per vecchi (o bambini).
Il governo inglese ce la mette veramente tutta per invogliare i propri cittadini a fare figli e costruire una famiglia sul territorio: sovvenzioni statali, ospedali efficienti, scuole di alto livello.
Tuttavia, non credo che farei crescere qui dei figli e non vorrei, ad esempio, che i miei cari vivessero qui.
La ragione è semplice: l’Inghilterra sembra concepita per essere una grande Luna Park per adulti, ricca di pub, discoteche, negozi ed attrazioni.
Sembra fatta appositamente per offrire il meglio ai turisti e ai cosiddetti “young professionals”, giovani lavoratori sotto i 40 anni.
Ho avuto modo di assistere ad alcune scene che mi hanno fatto intravedere la tremenda solitudine che gli anziani devono sopportare: la pericolosità di alcune zone, il traffico esagerato, i costi esorbitanti degli immobili, la scarsa attenzione per l’igiene alimentaree e poi lei, l’eternale pioggia e umidità che macera le ossa!
Londra è un luogo fantastico per fare i turisti, per fare shopping, per un Erasmus. Ma viverci, beh, è tutta un’altra storia.
Qui si finisce spesso per spendere di più per avere di meno. E’ tutto tremendamente costoso. Non si tratta semplicemente della sfortunata conversione Euro-Sterlina. C’è alla base una mentalità riassumibile nelle tre parole: “produci, consuma, muori”, ben diversa dalla colorita espressione milanese: lavoro,produco, guadagno,quindi pretendo!
D’altronde, cos’altro resta da fare, quando si lavora per più ore e più a lungo (sabati, domeniche, feste) di chiunque altro in Europa? Sembra che la Cina sia proprio vicina. La sola, grande motivazione dev’essere quella di guadagnare. E tutto sembra essere incentrato sul fare soldi: dall’ossessione per le celebrità televisive alla pubblicità invadente. Tutti sognano di entrare a far parte del club esclusivo dei ricchi, abbindolati da film e reality show che danno un’immagine distorta e utopica della vita. Il vitello d’oro, il dio Moloch.
Per questo il marketing è martellante, il consumo ossessivo, il superfluo indispensabile.
Appena posso ti mando anche la parte positiva, d’altronde se sto qui da un anno qualcosa di buono ce l’avrà pure questo luogo. Ah, non pubblicarlo nel sito, te ne manderò un’altra migliore!
A presto, Franzisca”
” No, cara Franzisca, non puoi mandarmi un pezzo pregiato e raccomandarmi di non pubblicarlo. Credo che abbia colto nel segno della giostra inglese. Certo sono le tue impressioni, ma tu non sei una che gira la faccia per non vedere. Sei una giornalista di razza, mica ti butto nel cestino. Avrai modo di dire altre verità, ma hai colto l’essenziale delle aspirazioni di questo villaggio globale che sembra mirare al cosiddetto progresso trattando l’uomo come un oggetto, anzi come un prodotto, non dissimile dagli altri prodotti da vendere. Verrà il momento in cui ti racconterò storie di ritorni dall’UK per recuperare l’umanità che ci rende diversi dai prodotti. Mi parlerai certo di cose belle che pure ha l’UK, ma per ora il tuo sguardo ha colto nel segno. Il pezzo merita l’onorario e non voglio rinunciare a pubblicarlo. Forse lì per lì mi manderai qualche benedizione al contrario, ma il servizio è troppo appetibile per non pubblicarlo. God bless you e i pur maledetti inglesi.”