Quaderno 3 dei villaggi abbandonati della Sardegna a cura di Marco Milanese
Il primo giugno, a Chiaramonti, nella sala consiliare, verrà presentato il quaderno 3 dei villaggi abbandonati della Sardegna, da Angelino Tedde, alla presenza degli autori che interverranno, per meglio illustrare il tema specifico di questo quaderno stampato a Firenze nel c. a, dal titolo Villaggi e monasteri. Orria Pithinna. La chiesa, il villaggio il monastero. Autori sono prof. Marco Milanese, curatore del quaderno e ormai noto archeologo medievista, (Malcu Nostru), i dottori di ricerca Maria Cherchi, Gianluig Marras (Nostros su matessi), Giuseppe Padua, archeologi medievisti, prof. Mauro Maxia (De totu s’Anglona e Caddura), onomasta, dott. Giuseppe Piras,epigrafista, dott. Alma Casula (Femina Nostra), storica dell’Arte, e direttrice del compendio museale del Canopoleno per conto della soprintendenza,prof. Aldo Sari,storico dell’Arte, prof. Alessandro Soddu-Chiaramonti (a sa castigliana), storico medievista.
Si tratta di un’équipe a livello universitario che ha portato avanti una rigorosa ricerca sul villaggio abbandonato e sulla chiesa e il monastero di Orria Pithinna ubicati in agro di Chiaramonti. Con una metodologia raffinatissima, gli studiosi, hanno fatto parlare le pietre (laterizi, ceramiche, calcare e argilla) non prima d’aver consultato la letteratura sull’argomento. Presumibilmente il villaggio risale al XII secolo mentre il monastero e la contigua chiesa di Santa Maria Maddalena in tempo successivo. La villa non sorse sicuramente per la presenza del monastero, ma esistette probabilmente prima e sicuramente si gestì con chiara indipendenza dai Monaci Camaldolesi di origine Toscana. La presenza di una chiesetta nel villaggio, con un parroco, e il distinto pagamento delle decime, rispetto al monastero, lascerebbero intendere questa ricostruzione dei fatti.
La prima notizia del villaggio di Orria Pithinna è dovuta alla fuga di Maria Pira, serva della Chiesa di Salvennor, presso Codrongianos, e del di lui aspirante marito Padro Flumen di Viddalba. I due amanti si erano rifugiati invano nel piccolo villaggio di Orria Pithinna, per realizzare il loro sogno d’amore. Ma l’amore tra una serva ed un uomo libero non era di facile combinazione. Si precipitò nel villaggio il Procuratore Gasantine de Thori che riacciuffò per conto dei padroni la serva e promise all’aspirante marito una delle figlie. Insomma c’è il tanto da farne un romanzo giallo-rosa. Basta chiedersi come andarono le vicende dei due.
Grazie a questa fuga apprendiamo da un condaghe l’esistenza di Orria Pithinna, fuga benedetta anche se infelice nell’esito.
L’intrattenimento culturale si svolgerà nella sala consiliare del noto villaggio di Chiaramonti dove presumibilmente confluirono, a tappe gli abitanti di Orria Pithinna e di altre ville, quando sul Monte, chiamato dai Doria Claramonte, a quanto pare, per onorare dei nobili consuoceri della famiglia catalana del Claramaunt o Clermont. Gli stessi Doria costruirono il castello (1348-50) e vi s’incastellarono con il loro santo protettore San Matteo apostolo, attirando nei pressi gli abitanti di numerose ville, forse d’origine romana, per dar luogo al riottoso borgo di Chiaramonti che guarda torvo come un’aquila rapace la bella e vasta anglona, per depredarla.
Per fortuna non si vive più di pecore e capre e maiali, altrimenti Chiaramonti sarebbe il paese più dovizioso dell’Anglona, grazie al suo blasono di ladru.
Lasciamo da parte le celie e pensiamo alla produzione scientifica che da al paese di Chiaramonti un prezioso apporto storico di notevole pregio.
La compianta Prof. ssa Ginevra Zanetti che voleva restaurare la Chiesa vendendo cartoline sorriderà sicuramente dal Cielo.