Tradimento e cattura di Cristo secondo Maria Valtorta di Angelino Tedde
Maria Valtorta, Il Poema dell’uomo-Dio, Edizioni Pisani, Isola del Liri, 1975, vol. XI pp.448
Dopo la lettura del I volume, sono 10 in tutto, è passato qualche annetto, e dato l’interesse provato per le peripezie della giovane famiglia di Nazareth, costretta all’emigrazione e poi rientrata in patria, ho cercato di acquistare l’opera completa in 10 volumi, ma o per un motivo o per l’altro, il tempo è passato e non ho acquistato niente.
Sistemando gli scaffali dove i libri scoppiano,(quando si idolatrano i libri lo spazio non è mai troppo) ho rintracciato proveniente non si sa da chi e come il IX volume.
Così è cominciata la nuova lettura proprio all’inizio della Quaresima di quest’anno. Il libro dopo 5 introduzioni a vari volumi che spaziano su varie tematiche, sempre rivelate alla Valtorta da Gesù, descrive in effetti gli avvenimenti della Settimana Santa, dall’addio a Lazzaro fino alla notte del sabato santo. Non ho voluto iniziare la lettura dal primo capitolo, ma piuttosto dall’Ultima Cena fino alla Crocifissione e morte sul calvario, dove , prima della Crocifissione, Giovanni, il più giovane e il più coraggioso degli apostoli, (che dopo la cattura di Gesù sul Monte degli Ulivi si son dati alla fuga), conduce Maria, la madre di Gesù, accompagnata dalle pie donne: Marta, Maria di Magdala, Giovanna di Cusa e altre parenti della stessa Madre, distrutta dal dolore. Di questo, tuttavia, parlerò dopo, mi fermo prima ad accennare alle sofferenze che Gesù prova pensando a ciò che lo attende: si sente abbandonato dal Padre e nuovamente terribilmente tentato da Satana che gli prospetta la possibilità di evitare le sofferenze, per scegliere la via più agevole del mondo con il lusso e la gloria a portata di mano. Gesù respinge fermamente queste tentazioni anche se Satana non si allontana e non demorde, sa che comunque vadano le cose, è il momento del suo trionfo sia pure di breve durata. Per ben tre volte Gesù va inutilmente a svegliare gli apostoli che dovevano invocare il Padre e invece sono avvinti dal sonno. I tre della Trasfigurazione, Pietro Giacomo e Giovanni, due o tre gradoni più giù, gli altri non li cerca nemmeno,dormono profondamente anch’essi. Gesù terrorizzato dall’abbandono del Padre, da quello degli apostoli, soffre a tal punto da sudare sangue che scorre in tutto il corpo e nella testa e scende sui capelli e sul viso. Questo racconto sia pure non nei minimi particolari è già presente nei Vangeli, ma qui è analiticamente descritto e coinvolge fortemente il lettore. Per un uomo quasi atletico, sano, passare dalla vita alla morte, con tutti gli obbrobri che gli verranno inflitti non è certo consolante. La morte, senza essere di croce o d’insulti, ma di attenzioni nel letto di un ospedale o a casa propria, è sempre morte, immaginiamoci per un uomo sano, ancor giovane, che cosa ha significato, obliare e porre quasi in sordina la divinità e preparandosi ad affrontare, per volontà del Padre, le sofferenze più atroci, rivestendo, Lui, agnello mansueto, tutte le bestialità degli uomini, dalle nefandezze di Adamo ed Eva a quelle dell’ultimo Caino. Il Padre ne ha ragione ad abbandonare il figlio che vuole espiare le colpe di tutta l’umanità peccatrice, prevaricatrice, idolatra e bastarda, non perché non abbia un Creatore, ma perché si è comportata con un’ingratitudine incommensurabile rispetto al beneficio dell’essere stato creata ad immagine e somiglianza di Dio, dell’essere stato posto in uno stato di grazia e, per superbia, d’aver seguito i consigli di Satana, calpestando con la massima leggerezza gli ordini che da Dio aveva ricevuto. Ingratitudine che perdura nella storia, anzi si fa sempre più malvagia e soprattutto più superba, quasi autosufficiente al punto da affermare che l’universo sì è creato da sé e che l’uomo fabbrica se stesso. Si veda l’uomo fabbricato dal nazismo e quello fabbricato dal comunismo, se per caso, anche noi vogliamo vedere questo gran campione d’uomo, non dimenticando quello fabbricato dal capitalismo.
Cristo nel Getsemani vede tutte queste atrocità e sceglie nell’abbandono terribile del Padre di intraprendere la tremenda avventura della Croce. Ecco il sudor di sangue, ecco le sofferenze inimmaginabili presso il Monte degli Ulivi. La maggior atrocità poi quello d’essere tradito da un suo apostolo, passi, anche se non ammesso, il tradimento, ma addirittura il ricorso al bacio, l’espressione più affettuosa che manifesta esteriormente l’affetto di una madre per il figlio, di un figlio per il padre, di un amico per l’amico. Giuda appare nella lettura della Valtorta l’essere più abbietto dell’umanità, anzi Satana stesso che ormai si era impossessato di lui dal momento in cui si era recato a trattare, sia pure malvolentieri per soli trenta denari, ne voleva di più, il più oltraggioso tradimento della storia dell’uomo, perché il tradito è l’Uomo-Dio.
Con gli abiti ancora inzuppati di sangue, Gesù risveglia gli apostoli, dice loro che il traditore sta per avvicinarsi con la peggiore infame ciurmaglia che la terra abbia mai aggregato. Un gruppo di armati, gentaglia con forconi e con lance, farisei, tutti giudei compresi i rivestiti di carisma sacerdotale. Ci sono, in questa lurida marmaglia tutti i delegati più biechi della nostra sciagurata umanità che ha lambito e lambisce e lambirà come uno Stige di fuoco tutta la storia dell’uomo dagli inizi alla fine del mondo.
Giuda si avvicina, bacia il maestro:- E’ Lui, prendetelo.- Ritualmente i capimarmaglia insufflati da Satana chiedono: -Sei tu Gesù di Nazareth?- Gesù risponde:- Si sono io.- A quella risposta l’intera marmaglia tocca con le ginocchia la terra e San Pietro ne aprofitta per cominciare a guerreggiare, sbrufone come al solito, ma Gesù lo fa desistere e chiede di lasciare andar via i suoi apostoli. Questi non ci pensano due volte, sapendo che non possono macchiarsi di sangue, e fuggono. Gesù si dà in pasto a tutta quella canaglia. Gli legano le mani e e la vita con una robusta e fastidiosa corda e cominciano a massacrarlo di schiaffi, di pugni, di calci anche e dietro le ginocchia per farlo cadere. Nella strada sbrecciata a tratti e tratti sterrata raccolgono pietre e sterco, (quel regista teatrale blasfemo ha avuto dei predecessori) e glielo lanciano addosso, qualcuno gli sferra pugni sulle labbra spaccandogliele. Con le corde, quasi una bestia da soma, lo tirano da una parte all’altra del tratturo, o fanno cadere e lo calpestano quanto possono. Coloro che non riescono a colpirlo lo insultano:
– Arri…Via. Trotta somaro.-
Man mano che si avvicinano alla città di Gerusalemme accorre altra gente ad insultarlo, alcuni sono stati guariti e si scatenano ugualmente contro di lui, nonostante le urla delle loro mogli in difesa di Gesù:
-Vigliacco, se sei vivo è per lui, lurido uomo pieno di marciume. Ricordalo!-
L’uomo insultato si rivolta contro la donna e la massacra di botte. Una vecchia donna chiama il figlio:
-Assassino del tuo Salvatore, tu non lo sarai finché io vivo!-
La misera colpita con un calcio sferratole dal figlio degenere all’inguine cade per terra e urla:
-Deicida e matricida! Per il seno che squarci una seconda volta e per il Messia che ferisci, che tu sia maledetto!-
Gli stessi soldati romani, mentre la gentaglia si avvicina alla porta di Gerusalemme, a vedere quello spettacolo, rimangono turbati e mandano insulti verso i giudei. Man mano la turba scomposta e urlante si avvicina alla casa di Anna, il gran sacerdote e qui comincia l’interrogatorio.
Qui mi fermo, per riprendere in altra puntata gl’ingiusti e infami interrogatori di Gesù da parte del potere laico e religioso dell’epoca. Alcune letture di Roberta di Radio Maria
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