La Primavera di Francesco Petrarca e i ricordi di I Liceo di Ange de Clermont
A volte, quando mi prende la tristezza per come vanno le cose del mondo, prendo conforto dalla fede e dalla letteratura sia in prosa che poesia. Ai miei tempi, in seminario, senza scioperi e senza occupazioni d’istituti, ogni giorno puntuali in classe, si studiava davvero. Non solo, ma la poesia. italiana e latina, si studiava anche a memoria. Io che non volevo perdere tempo prezioso in studio per le poesie, le trascrivevo sui foglietti e poi durante le lunghe passeggiate studiavo a memoria le poesie senza per questo lasciar di scherzare di tanto in tanto coi compagni. Le grandi pulizie, le passeggiate erano riservate al giovedì che secondo un’antica consuetudine collegiale era il giorno libero dalle lezioni e per almeno due o tre ore era destinato all’aria aperta.
Ormai da tempo su face book, rifuggo da discorsi di argomento banale e politico, e mi ricreo con composizioni dedicate al tempo, alla terra e al sole o ad argomenti che hanno rallegrato la mia infanzia e la mia giovinezza.
Ora che la bacheca centrale di face book si è trasformata in una vera pagina da blog, le fotogrfie non mancano e anche quelle dicono del tempo e del paesaggio naturale con foto mie o dell’amico Mario Unali, o di un figlio che frequenta spesso la fotografia. Dopo aver postato la foto di un figlio sui meravigliosi alberi di mandorli in fiore, mi è venuta in mente la Primavera del Petrarca uno dei poeti più amati e così, ricoordando a memoria la poesia, l’ho rintracciata su google in versione corretta e la pubblico per la gioia dei visitatori.
Nel Petrarca la nota malinconica finale non fa dimenticare la bellezza dello splendore della Primavera delle prime quartine di questo sonetto. Leggiamolo se possibile con un sottofondo musicale andante e brioso.
Zephiro torna, e ‘l bel tempo rimena,
e i fiori et l’erbe, sua dolce famiglia,
et garrir Progne et piange Philomena,
et primavera candida et vermiglia.
Ridono i prati, e ‘l ciel si rasserena;
Giove s’allegra di mirar sua figlia;
l’aria et l’acqua et la terra è d’amor piena;
ogni animal d’amar si riconsiglia.
Ma per me, lasso, tornano i piú gravi
sospiri, che del cor profondo tragge
quella ch’al ciel se ne portò le chiavi;
et cantar augelletti, et fiorir piagge,
e ‘n belle donne honeste atti soavi
sono un deserto, et fere aspre et selvagge.