Dagl’interrogatori alla condanna a morte di Gesù secondo Maria Valtorta di Angelino Tedde
Secondo Maria Valtorta, la mistica. per chi ci crede, e la visionaria ubriaca, per un mio amico agnostico, sia gl’interrogatori di Gesà dal sacerdote Anna, da Caifa, da Erode e da Pilato furono contrassegnati da una disumanità atroce per il presunto reo di blasfemia, di dissolutezza, di re da burla, di folle. La vera e propria canaglia, spinta dai santi e dai saggi del Tempio (sic) non ebbe né riguardi né un minimo di pietà umana per Cristo. Lo aggedì furiosa, lo prese a pugni e a sputi, gli sferrò calci, schiaffi, gli tirò barba e i lunghi capelli, gli scosse la testa, gli spaccò naso e labbra. La stessa soldataglia romana cui fu affidata per la flagellazione lo colpì a tutto tondo, mezzo nudo, al dorso e al petto, alle gambe e in faccia così tanto che se non fosse stato dotato di un corpo atletico sarebbe morto durante o subito dopo la flagellazione.
Non bastando queste percosse e umiliazioni gl’ infilarono sulla testa una corona di spine che andò oltre la cute del cranio, gli gettarono una clamide raccolta dalla colaca del pretorio, gliela posero addosso, lo fecero sedere su un tinello rovescito, gli misero la canna in mano e s’inginocchiarono davanti a lui a schernire ulteriormente la sua presunta regalità. Forse e senza forse nella storia non ci fu martirio così ignominioso verso un innocente. Anzi registi, teatranti, scrittori dozzinali da un capo all’altro d’Europa continuano a perpetuare alla sua memoria tutte queste atrocità, da ultimo quel bradipsichico regista, premiato dalla Francia e non so da quale masnada di diavoli in altre regioni sataniche del mondo.
Ma tutto queste torture non soddisfece la fame di sangue della plebaglia giudea spimta dai santi e dai saggi d’Israele.
Ad insultare la sua intelligenza, la sua umanità, la sua anima divina ci si posero il ricco sacerdote Anna, quello sgorbio del gran sacerdote Caifa, quella cloaca di lussuria di Erode. Lasciando perdere le percosse prese da Gesù presso Anna, vediamo le domande e le risposte di Gesù da Caifa. Non furono domande banali, ma Gesù con fernezza riaffermò per allora e per la storia la sua qualità di Figlio di Dio, di Messia, di inviato da Dio per la conversione del suo popolo, ma con pervicacia il mostricciatolo Caifa, dalla voce chiocchia, fu sordo nella mente, nel cuore e nell’anima e per condannarlo a morte lo spedì da Pilato che, dopo un timido tentativo di salvarlo lo rispedì da Erode che lo accolse come un giocoliere e voleva vedere dalla profondità della sua ottusa lussuria che cosa potesse mostrare il prestigiatore Gesù, ma Gesù davanti a quell’impudico tacque sempre e quando Erode fece comparire le sue lascive e quasi nude ballerine Gesù chiuse gli occhi e non volle vedere la mercificazione di quelle poverette che, persa ogni dignità, strisciarono intorno a lui che non le degnò d’uno sgurdo. Fallito lo spettacolo, Erode, facendogli indossare una specie di mezza tunica bianca dei pazzi, lo spedì di nuovo da Pilato che nonostante avesse capito la sostanziale innocenza di Gesù, ormai fallito il tentativo di scambialo con un assassino, vista la furia incontrollabile della canaglia e dei santi e saggi d’Israele, si lavò vigliaccamente le mani dalla morte di un innocente, e l’affidò alla ciurmaglia perché fosse crocifisso. Ebbe inizio così la salita al calvario col pesante carico della croce e con i continui insulti della folla scatenata che lo seguiva. Solo la pietà dei soldati romani e del loro centurione salvò Gesù da linciaggio nella ripida e sassosa salita al calvario.
Gesù, massacrato, con tutte le parti del corpo aperte dalle piaghe sanguinanti, con barba e capelli aggrumati di sangue, col setto nasale rotto, tutto febbricitante, ridotto più ad un verme, che non ad un uomo, procede come può, con un occhio quasi spento, la bruciante corona di spine spinta di tanto in tanto dalla pesante intera croce sul capo e, per bavaglio intorno al collo, una tavoletta con su scritta la sua qualifica di condannato, I.N. R. I. , Gesù Nazareno Re dei Giudei.
Maria Valtorta non tralascia nessun tratto sostanziale dei quattro Evangelisti, ma è più analitica nei particolari su cui gli evangelisti sorvolano. Inutile dire che solo un cuore barbaro, alla lettura di questi episodi, rimane impassibile. La visione offerta alla donna, paralitica e sofferente in un letto di tormenti, viene man mano annotata su quaderni per ordine del suo confessore, naturalmete non rimane impassibile a queste visioni, ma si commuove profondamente, soffre acerbamente, ma tuttavia scrive e scrive senza perdere nessun particolare.
Maria Valtorta (1897-1961), lombarda, figlia di un ufficiale dell’esercito, nata e vissuta per un pò di tempo a Caserta, poi si trasferìa Viareggio. Dopo una giovinezza serena e studiosa, in seguito ad un’aggressione con una sbarra di ferro, finisce paralitica a letto, offrendo la sua vita di sofferenza all’Amore divino seguendo l’esempio di Santa Teresa di Lisieux. Muore nel 1961. I suoi scritti appaione , se non erro, in prima edizione nel 1975. La Chiesa come consuetudine illuministicamente diffida. Nel 2100 forse l’eleverà agli onori altari.
Roberta Zappa, di Radio Maria, ha fatto un’ppassionante lettura dei passi riguardanti la Passione di Cristo e il Pianto della Vergine secondo la Valtorta nel link che qui riportiamo.
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