Sciando sulla neve a Chiaramonti (SS) di Ange de Clermont & Mario Unali
Chiaramonti, quasi un metro di neve (non abbiamo l’occhiometro, scusateci), con tanto di sci, visto che siamo abituati a recarci a Cortina, infatti l’ultima volta ci hanno scoperto tra i grandi evasori (multe da centomila euro a testa), ma per noi che abbiamo scoperto su Siddadu dei Madau scavando sotto la stalla dei cavalli non ci fa né caldo né freddo. Con gli sci planiamo lievi su via Garibaldi, per raggiungere Piatta. Tutti dormono in questa che un tempo era la via più chiassosa del paese, falegname, fabbro, negozianti sono tutti passati a miglior vita, tolto Pendulo, che si barcamena ancora con una scopetta e un cocuzzolo di neve sulla testa. Scattiamo le foto, ma il nostro orami stagionato coiffeur ci impone di spegnere il flash, Mario spegne e procediamo oltre.
Passando davanti alla Parrocchia di San Matteo e della Santa Croce Mario scatta e scatta immagini, Santa Giusta, un pò gelosa, cì invita ad entrare, ma fare l’ingresso nella parrocchiale con gli sci non è agevole, c’inchiniamo e procediamo verso s’Istradone dove non c’è anima viva tolta quella de tiu Nanneddu, fotografo ed orologiaio e, a tempo perso, teatrante. Passa ridacchiando. Ha ottenuto licenza dall’aldilà, ma non ci vuol dire da dove. Appena ci avviciniamo a lui sentiamo un caldo infernale e ce ne allontaniamo. Approfittiamo della vicinanza del fu parco e scattiamo foto su foto. Il Milite ignoto ci zompa con una bocciata in testa ciascuno.
Zia Maria Me cerca di allontanare la neve dalla porta e il nerboruto figlio di Giuseppe vuol vendere gelati freschi ai piccioni che vogliono qualche chicco di grano. L’uomo s’infuria e spacca tutte le foto antiche che tiene appese sui muri della gelateria. Ha aperto il negozietto la giovane signora Muzzoni de sa Pattada che ci offre ricotta fresca ancora calda, a gratis, per quel che costa non fa fatica a darcene un bel cucchiaione e senza interporre tempo dalla stessa porta, a causa degli sci, ci abboffiamo. C’imbrattiamo i giubbotti, ma ci pensa un fiocco di neve a a ripulirci. Andiamo oltre e vediamo affacciati alla finestra i vecchi genitori di Mario. Ci riconoscono e ci chiamano. Rispondiamo che siamo in servizio giornalistico e non possiamo permetterci di prendere nemmeno un caffé. Procediamo davanti alla casa di Sergio Luca, il pensionato sempre indaffarato, pare stia raccogliendo neve per venderla di contrabbando a quelli di Martis dove la neve per dispetto non si è voluta fermare. Lo salutiamo con due colpi ei flash e andiamo oltre.
I pensionati devono arrangiarsi come possono, mentre Mario scatta e scatta verso l’altana dei Madau e verso Putugonzu. La neve si mette in posa e danza vanitosamente sollevando anche le gonne, ma le gambe ghiacciate non ci interessano.
Lasciamo perdere il rione de La Croce, non ci andiamo se no troviamo il notabile di Chiaramonti che ci legge i discorsi di Churcill. L’uomo, ormai monumentale, adesso si sta dando ai discorsi. Passiamo a Caminu ‘e Litu e prendiamo una panoramica alla casa rifatta e ingrassata dalla parsimoniosa anima di Clelia, i figli si sono incavolati, troppo spreco con i contributi dello Regione, ma la supercritica d’arte, Alma, forte di una decina di volumi d’arte, si è imposta su tutti. -Mudos e chito a Tathari, trattasi d’una pregevole casa storica nonché di un bazar e si no bonc’andades a sas caldanas comente naraiat tiu Tigelliu, chitarrista, cantore e dalle battute fulminanti-
Mario continua a scattare, mentre l’anima di tia Pedruzza Saba, infreddolita, si mette a voci: gli scatti della micidiale macchina di Mario le danno fastidio. Procediamo e arriviamo davanti alla casa dei Grixoni, trasformatasi dopo il restauro da un monumento settecentesco in un cascinale agropastorale da Sassu Giosso. I nuovo proprietari hanno rottamato finestre e portoni storici, scale e acquasantiera. Pazienza, si saranno riscaldati un pò, l’arte non è di moda in paese. -Eh, Alma, Alma, già potevi controllare, mandrona! Così passa la gloria del mondo!
Passiamo davanti alla casa de s’Avvocadu, scattiamo centinaia di foto, dopo il restauro è davvero suggestiva. Una finestra si apre e s’Avvocadu, saluta e poi chiude la finestra.
C’è un freddo cane e Mario non ce la fa più ha le mani cancarate, per stamattina abbiamo fatto tanto. Io ho riempito il mio taccuino e lui ha quasi consumato lo spazio concessogli dalla digitale. Mentre risaliamo Piatta, con passo da fondisti, incontriamo Bainzeddu che se ne va in campagna a mani in tasca con dei guanti di lana di capra. Mantonna gli urla di lasciar perdere e di tornare a casa e scende con una scopa per colpirlo, ma l’uomo si mette a correre all’impazzata e noi intirizziti dal freddo non possiamo seguire la scena. Torniamo a casa di Mario, un bottino prezioso che inseriremo nell’ANSA: il mondo vuol sapere come vanno le cose a Chiaramonti, specie dopo il ghigliottinamento degli alberi del parco e le continue chiassose contestative assemblee degli stornelli che sono stati costretti ad emigrare a Putugonzu e a rompere i timpani ad Antoni Minudu e ai maiali ruspanti del suo allevamento. Pare che si sia arrabbiato anche Mario Loche e tutti gli abitanti della valle, compresa la Berchiddese dell’albergo-agroturistico, Franca.
Ci accoglie in casa Pierina col caffè caldo e ci rimprovera perché siamo entrati in casa con gli sci ai piedi.
-Toglieteveli che mi rovinate i tappeti, io dico che siete dei matti da legare. Vi pagassero bene almeno queste foto, potrei farmi qualche altro pellegrinaggio.-
Io rispondo che dopo la scoperta de su Siddadu, grazie al Cielo, non abbiamo bisogno di nulla. Siamo paghi e non ci dà ordini nessuno. Il fuoco nel caminetto sta crepitando, l’acqua nei termosifoni sta bollendo e Pierina tra poco ci offrirà una polenta che ci ripaga di questa immane fatica mattutina dell’11 febbraio 2012. I chiaramontesi, una volta tanto felloni, davanti alla nevicata si trattengono a letto, mentre ogni moglie (benedette sante donne) preparano una polenta o una favata “fae e lardu”! Anzi sembra che stiamo allestendola nella ghiacciaia di Codinarasa.
Solo alcuni ragazzini giocano a bocce e sciano con i calzoni ormai rotti e il sederino infreddolito. Non si può avere tutto nella vita.
Finalmente seduti a tavola, ci sciacquiamo la bocca con un robusto cannonau di Sorso,(a quanto pare regalato a Pierina dai compatrioti nulvesi), gustiamo un pezzo di salsiccia calda e poi via sulla polenta ben condita e gustosa. Mario esclama:
-Cosa ne dici Angeli’, a mons, Soddu che va a Roma chiediamo che proponga la causa di beatificazione di Pierina, anzi Santa Pierina della Polenta!-
Mi squilla il cellulare, sento la voce di Domitilla, divenuta Lapponilla(tanto resiste alla neve):
– Vuoi tornare o non vuoi tornare a Sassari senza romperti le costole, viene a prenderti Matteo con il suo Terrano 4×4. Non muoverti da lì, testa matta!-
Chiudo il cellulare e riprendo a mangiare.