Gridano disperati li pastori/Urlano senza fine i coldiretti di Zizu Molotzu
O sarda terra dalle antiche torri
Che per millenni sono state mute
Verso il progresso come pazza corri
Senza badare alla tua fragile cute.
Il mare che da secoli fuggisti
Ti ha dato lustro e respiro di vita
Eppure gli occhi tuoi sono ben tristi
E continui a gridare sempre aita.
Gridano disperati li pastori
Urlano senza fine i coldiretti
Dimenticando ancor li caldi affrori
Che van cercando ancor li microinsetti.
Gridano gli operai e gl’impiegati
Li professori e le maestre in coro
Dicendo d’esser tutti malpagati
Mentre la sera si ricopre d’oro.
Urlano pur li nostri deputati
Non paghi della busta sempre piena
Gridano a tutti i venti e a tutti i lati
Senza fatica e senza alcuna lena.
Tanto ch’ormai sei terra d’urlatori
Di rintocchi, di funebri lamenti
Dimentica dei tuoi antichi errori
Non fai che mandar gridi a tutti i venti.
O terra mia tu m’hai rotto ogni senso
O terra mia sei peggio d’una cagna
Che dopo la mangiata a brodo denso
Grida che vuol ancor fare cuccagna.
Se altro vuoi mettiti a faticare
Con l’intelletto oppure con le braccia
Come li antichi padri che ad arare
Si posero senza lasciar la caccia.
Ogni sardo vorrebbe il posto fisso
Ogni sarda vorrebbe far carriera
Obliano tutti il santo crocifisso
Che con la morte l’alma rese fiera.
Li giovani si danno a discoteca
Gli adulti s’accoppian come i gatti
I vecchi ormai alla gerontoteca
Crescendo vanno ovunque come ratti.
Di bimbi non ne vedi in giro alcuno
Contesi come sono tra le aspre profe
Non crece più lo fico d’indio e il pruno
Che un tempo mangiavamo con le scrofe.
Li cellulari di Tronco Provera
Li usano li galli financo le galline
Da mane da meriggio alla sera
Come li minator usar le mine.
Per lo freddo s’usa l’aria frescata
per il caldo quella condizionata
per il tepore l’aria da cul sufflata
al raffreddore ci vuol la pasticcata.
S’aggira ormai nelle plaghe isolane
d’ogni follia variegata semenza
tanto che se continuan ste panzane
diventiamo oggetto d’ogni scienza.
Facciamola finita con le ciance
prendiamo insieme la corsetta al mare
e con al collo gravose bilance
poniamo fine a codeste fanfare.
Aduso è il sardo a piangere in greco
con sardonico riso sulla bocca
di salsicce e porcetti già fa spreco
mentre a morto la campana tocca.
Diventi la Sardegna un gran bordello
così che si balocchi tutto il mondo
non cerchi della mente alcun orpello
e della mandronìa tocchi lo fondo.
Crescano gli scienziti a contar gli anni
nei quinque libri delle parrocchiali
bevan pur lo vin d’Ovodda dagli scranni
e misurin le code dei maiali!
Testi ripescati e adattati liberamente da antichi aedi italioti e sardioti, anima mia libera!