X. Anghela Nigoleddu e la sua famiglia di Ange de Clermont
Brigadiere e carabiniere discesero i numerosi gradini dell’ingresso della caserma, svoltarono in via Pala de Carru, passarono per lo Stradone, risalendo la piazzetta della parrocchiale, e svoltarono nella Piazza principale del paese, detta appunto Piatta.
Le bottegaie avevano aperto i loro negozi, mentre tanto il fabbro col suo martellare sull’incudine quanto il falegname con la sega avevano dato inizio al concerto della giornata. I militari se la presero con calma come di consueto risalendo sa Piatta ed ecco che, sorpassata la bottega del fabbro, si affacciò alla porta Anghela Nigoleddu. Il brigadiere la squadrò rapidamente e, visto che la ragazza lo fissava, ebbe l’ardire di farle l’occhiolino. Anghela arrossì e rientrò dentro casa, riflettendo sulla sfacciataggine del brigadiere e da quel momento cominciò a chiedersi che cosa frullasse per la testa al capo della stazione di Miramonti.
I due militari risalendo per s’Ulumu, svoltarono a destra, discesero i gradini de s’Arcu, rivedendo affaccendata l’anziana zitella che qualche giorno prima avevano visitato, la salutarono, discesero i gradini della stradetta che declinava verso la piazzetta della parrocchiale e senza ripassare nella Piatta rientrarono in caserma.
Il brigadiere Carrigni, sfregandosi le mani per il messaggio inviato alla bella ragazza entrò nel suo ufficio, si sedette e poco dopo si presentò in caserma Bustianu Pittarru, noto Fizedomus. L’uomo, tutto nervi e ossa, salutò e si sedette davanti all’ufficiale dell’Arma col viso imbronciato.– Egregio Signor Bustianu Pittarru la vedo imbronciato, ma non vi è ragione perché lo sia, l’ho convocato semplicemente per sentire la sua opinione sulla morte dell’archeologo Pedde.-
-Una persona per bene e per di più amico mio, per la cui morte mi sono molto addolorato e non riesco a sopportare che se ne sia andato per sempre. Se mi avesse chiesto una mano come era solito fare non solo lui, ma anche gli altri, in mia compagnia non l’avrebbero di certo ammazzato.-
-Chi pensa che sia stato? Aveva dei nemici?-
-Ma, secondo me, gli unici nemici erano gli altri archeologi che non potevano sopportare che fosse stato molto amico della buonanima di Giuanne Ispanu e soprattutto del vicario presso il quale godeva di grande stima. Poi, sa com’è, a volte certi amici pastori, magari anche compari, per antichi torti, gli hanno servito i maccheroni freddi.-
-Che cosa vuol dire che possono essere stati anche amici suoi di Sassu Altu e di Sassu Giosso?-
-Brigadie’, anima mia libera, ma sa com’è, di domus de Janas ce ne sono tante e dentro terreni di diversi padroni, per cui… io non lo so, ma indagherei anche su quelli, oltre che sugli archeologi, tutti amici miei, ma sa com’è, a volte vogliono insegnare a me dove e che cosa siano le domus de Janas.-
-So che non trattava bene con Andria Galanu per via della famosa carta o mappa di tutti questi monumenti antichi.-
-Non l’ho detto io il nome, ma l’ha detto lei. Veda d’indagare. Io e la mia famiglia siamo molto rattristati e solo dispiaciuti che non si fosse lasciato accompagnare da qualcuno che avrebbe portuto difenderlo al momento opportuno.-
-Ho capito, secondo lei, abbiamo due piste di ricerca: pastori anche compari e archeologi.-
-Io, qui lo dico e qui lo nego, ma al suo posto non avrei lasciato perdere queste piste. In quanto a me, ho passato tutta la giornata della sua morte con uno dei miei fratelli a Sassu Giosso, visto che abbiamo dato una sarchiatina al frumento più tardivo de sa Tanca Manna.-
-Va bene, signor Bustianu, ma scusi è lei che viene chiamato Fizedomus?-
-Certo, mia madre mi ha partorito dentro una domus ed io venero tutte le domus come il ventre di mia madre che mi ha portato.-
– Va bene, puo’ andare!-
Bustianu, inchinatosi goffamente, tenendo la coppola in mano, salutò e lasciò la caserma, e montato a cavallo, tornò per il sentiero de su Bullone, verso i poderi dei suoi, soddisfatto e sicuro di sé.-
Il brigadiere, considerati gl’interrogatori effettuati e non vedendo che aria fritta pensò di far chiamare per il pomeriggio l’archeologo fortemente indiziato Andria Galanu.
Trascorse la mattinata sbrigando la posta e pensando all’occhiolino fatto ad Anghela Nigoleddu. Infine chiamò il più anziano dei militi e chiese notizie sulla famiglia della ragazza.
Il milite, da anni in paese, conosceva discretamente le famiglie e in merito a quella della ragazza poté informare il brigadiere dicendo che si trattava di piccoli possidenti proprietari e coltivatori di una vigna, di terreni arativi, qualche orto e qualche frutteto. Insomma era gente notoriamente onesta che lavorava i suoi terreni. Frantzisca Nigoleddu, gemella di Anghela, era promessa sposa a certo Giuanneddu Balche, proprietario anche lui, ma più grande d’età della giovane. Tanto la ragazza quanto la sorella godevano di buona fama e facevano parte dell’Associazione delle Figlie di Maria, fondata dai Missionari Vincenziani durante l’ultima missione popolare. Tra l’altro pare che fossero molto care al vicario che le aveva impegnate come maestre della dottrina cristiana alle fanciulle. Per concludere si trattava di belle e brave ragazze.
Quando il milite smise di riferire il brigadiere Carrigni si rallegrò in cuor suo. Doveva solo fare presto a dare segnali precisi, per evitare che si mettessero in mezzo altri pretendenti. D’altra parte la ragazza era imparentata con la famiglia Paodda che stava in Piatta de Litu e talvolta le due dorelle andavano a trovare le cugine oltre che in su Paris de s’Acquedotto, prima di Caminu de Cunventu, a prendere l’acqua.
Ascoltato il milite entrambi si recarono nel refettorio per consumare un buon piatto di fave fresche con selvaggina e un buon vinello di San Giovanni della famiglia Grixone.
Nel pomeriggio, in attesa che giungsse l’archeologo Andria Galanu, il brigadiere chiamò di nuovo nel suo ufficio il milite più anziano perché gli riferisse di più sulla famiglia di Andria Galanu. Secondo il milite la famiglia dei Galanu era di origine medievale, e di questo l’archeologo si faceva grosso, guardando tutti i compaesani dall’alto in basso. La sua fama si era accresciuta da quando aveva ereditato la mappa dei monumenti protostorici da Giuanne Ispanu che pare gliel’avesse lasciata per farne parte a tutti gli studiosi delle antichità, ma lui la teneva nascosta e dava notizie a volo d’uccello, dicendo che non si ricordava dove l’avesse riposta. Questo modo di fare faceva andare in bestia gli archeologi qualcuno dei quali aveva tentato di lantarlo a balla cioè di sparargli.
Godeva pure la fama di essere un dongiovanni: a quanto pare le donne per la sua bellezza gli cadevano ai piedi stregate dal suo sguardo. In realtà al di là delle chiacchiere si era sposato cercando moglie e Vulvu, una donna bellissima, ma che lui teneva nascosta come la sua mappa. L’uomo era molto geloso e non voleva finire cornuto. La santa donna che lo amava teneramente era talmente attaccata al suo paese che ogni domenica con una cugina di Andria prendeva il cavallo, e passando per il sentiero di Orria Pitzinna, di Santa Giusta e di Orria Manna, arrivava alla Messa Grande della parrocchiale di Vulvu. Pare che prima di sposarlo avessero fatto questi patti. L’uomo d’altra parte, tendenzialmente anticlericale, amava conversare con un precettore scrivano che campava alle spalle delle zie e odiava il curato e i preti. Qualcuno diceva che insieme a Bainzu Corsica di Zerfuga frequentasse i socialisti di Paddatempiu. Intanto però andava in giro dicendo che lui si sarebbe sposato solo con una ragazza che avesse qualche bene al sole, anzi da tempo, frequentava Vulvu e stava cercando di corteggiare una ragazza, bella e santa, ma che sposandolo temeva di dannarsi l’anima. Tornando a detto Andria si poteva dire che già era bilioso, ma era anche capace di controllarsi e addirittura di agnellarsi davanti alla moglie che venerava. Non trattava bene coi suoi parenti perché, a detta del compare socialista cerca-moglie ricca, erano creduloni e bigotti e anche coccortiani.
L’archologo Galanu era anche capace di fare qualche buona azione, infatti, da tempo, andava aiutando, sia pure a schiaffi e a calci, un ischente, apprendista, che, a suo dire, era tonto come la balla. Adorava i figli, ma la moglie non gli lasciava metter dito su di essi altrimenti li avrebbe, come si dice qui, scarrucati, cioè sgarrettati.
-Interessante l’uomo!- Disse il brigadiere. -Fra poco dovrebbe essere qui.-