Turris Libisonis di Massimo Pittau
Turris Libisonis (odierno Porto Torres) – Il primo componente del toponimo è chiaramente l’appellativo lat. turris «torre», ma molto probabilmente costituisce la traduzione di un precedente vocabolo nurache, nuraghe. Col che intendo sostenere che è molto probabile che il centro abitato derivasse la sua denominazione da un nuraghe che costituiva l’«edificio cerimoniale, religioso-comunitario» della sua popolazione.
È del tutto irrilevante il fatto che di questo nuraghe sembra che attualmente non esista alcuna traccia, dato che purtroppo per lungo tempo in tutta l’Isola molti nuraghi sono stati distrutti da privati cittadini per usarne il materiale litico per la costruzione delle loro abitazioni (vedi Torralba). D’altronde in quest’ordine di cose non è privo di significato il fatto che l’odierno Porto Torres è tutto circondato di nuraghi e di tombe nuragiche.- Si deve dunque con buona verosimiglianza pensare ad una fondazione del centro abitato da parte degli antichi Protosardi o Nuragici. Non si può infatti accettare l’idea che essi non potessero avere interesse al sito. Questo era caratterizzato dall’estuario del riu Mannu, che ne costituiva il sicuro porto naturale, situato di fronte ad un golfo pescoso ed inoltre aperto ai contatti con le terre della Corsica, dell’Iberia, della Gallia e della Liguria e soprattutto situato di fronte alla “rotta fluviale dello stagno e dell’ambra”, che portava questi minerali nel Mediterraneo dalle regioni del Mare del Nord e del Baltico attraverso i fiumi Senna e Rodano (StSN § 58).
L’altro componente Libisonis si rivela come propriamente sardiano o nuragico, sia per il suffisso -on-, sia per la sua corrispondenza con la città della Bitinia Libyssa, nell’Asia Minore, cioè nella regione di origine dei Nuragici (cfr. Sardegna, Sardara, Serdiana).
Le più antiche citazioni di Turris Libisonis vanno dall’età del primo impero sino alla sua fine e precisamente si trovano in Plinio (Nat. Hist, III 85), in Tolomeo (III 3, 5), nell’«Itinerario di Antonino» (83, 5), nella Tabula Peutingheriana, nella Descriptio orbis Romani di Giorgio Ciprio (ediz. Gelzer, pag. 3), nell’Anonimo Ravennate, in Guidone e in Leone il Sapiente (Patrologia Graeca, CVII c. 344). Però Turris o Turres è documentato anche da numerose pietre miliarie, che lo citano come punto terminale della principale strada romana che andava da Caralis a Turris appunto.
Circa 15 anni fa è stata rinvenuta a Porto Torres, nell’Atrio Metropoli della basilica di San Gavino, un’iscrizione latino-cristiana, la quale è molto importante sia per la sua valenza epigrafico-linguistica sia perché è una delle più antiche testimonianze epigrafiche dell’esitenza di cristiani in Sardegna. Il testo dell’iscrizione è il seguente: B[D]M. M ATERE / AVXILIVM PEREGRI / NORVM SAEPE QVEM / CENSVIT VVLGVS / IPSI QVOQVE POPVLO HV / MANA VITA LVCENDO / TRIBVIT INTRIPIDE VT OM / NES PRO PROLES HABERET / EXITIVM NEC TIMVIT / SED VICIT IN OMNIA CHRIS / CVI LVX ERIT PERENNI / CIRCVLO FVLCENS / QVEM MATRVM AVT IN / OPVM DECERNERAT IPSE PA / RENTEM. VNDE DVLCI / CONPARI IVGALIS TALIA FATVR / VIXIT ANNIS LXX M III / D XV / QVI RECESSIT X KAL / MAI. Che traduco «Di buona memoria. M(arco) Ater E(quite) (fu) quello che il popolo spesso giudicò (essere) l’aiuto dei forestieri. A questo stesso popolo lucendo durante la vita terrena distribuì con larghezza come se avesse tutti come (sua) prole. Né temette la morte, ma vinse tutte le prove in Cris(to), al quale sarà luce fulgente con perenne corona. (Fu) quello che lo stesso (Cristo) aveva decretato (che fosse) padre delle madri (vedove) o degli indigenti. Perciò la consorte tali cose dice per il dolce compagno. Visse anni 70 mesi 3 giorni 15. Il quale morì il 22 aprile». [I primi illustratori dell’iscrizione hanno invece interpretato che il defunto fosse una donna Matera, sorvolando però sul fatto che un nome femminile come questo non esiste nella antroponimia romana e soprattutto che i pronomi QVI e QVEM sono al maschile e non al femminile!. E neppure la data dell’iscrizione, che è stata prospettata per la fine del secolo IV d. C. (ossia per l’epoca di Teodosio il Grande) mi sembra che si possa accettare; a mio avviso si deve pensare a parecchi decenni dopo, cioè soltanto quando il cristianesimo sia era imposto in tutto l’Occidente e a Porto Torres si era affermato il culto dei martiri Gavino, Proto e Gianuario].- Turres o Torres è citato in numerosi documenti medioevali, dato che era diventato la capitale del Giudicato di Torres o del Logudoro e della relativa diocesi.
Massimo Pittau