Il “Centro Famiglia” di Sassari dal 1967 al 1984 di Angela Baio
La presenza di Antonio Pinna Vistoso e della moglie Paola Verani
Il discorso precedente espresso su p. Taddei, debolmente storicizzato se vogliamo e con il rischio agiografico, data la recente scomparsa, lo si è ritenuto utile per meglio introdurre il modello operativo del Centro di preparazione alla famiglia scaturito dalla riflessione del domenicano.
Il 18 febbraio 1967, nel Salone del Pensionato Universitario, in via Arcivescovado, a Sassari, con una Tavola Rotonda sul tema “Parità dei coniugi oggi, nei suoi riflessi morali, sociali e giuridici”, si apriva ufficialmente l’attività del Centro Preparazione Famiglia.
Moderatore della tavola rotonda era il prof. Manlio Brigaglia[1], relatori l’avv. Antonio Pinna Vistoso, il giornalista Aldo Cesaraccio, la professoressa Maria Briasco Pittau.
Come si può rilevare dall’argomento trattato nella tavola rotonda, già dal suo sorgere, il Centro rivolse la sua attenzione a tematiche attuali e scottanti, dimostrando di saper cogliere nella società sarda e nazionale i segni di una profonda trasformazione.
Il Centro diventava finalmente una realtà. Pensato da tempo da p. Taddei, arrivava a concretizzarsi sotto la benedizione del Santo Padre Paolo VI che, attraverso una lettera inviata dal Card. Cicognani, ne auspicava un’azione fruttuosa[2].
Scopo principale delle attività era essenzialmente formativo, ispirato a rigore scientifico[3], infatti, da subito, si ebbe la presenza di specialisti ed esperti provenienti, sia dal mondo universitario sassarese, sia dal mondo culturale della penisola, questo grazie anche ai contatti che, da sempre, p. Taddei aveva curato con gli ambienti cattolici e laici culturalmente più avanzati della penisola.
Il primo fine che il Centro si prefiggeva era di carattere didattico[4]. Il 18 febbraio ebbe inizio il I Corso per fidanzati e giovani sposi (nel fascicolo che lo riguarda i destinatari del corso in realtà non sono specificati). Il corso si sarebbe concluso il 30 aprile successivo. Le lezioni trattavano di problemi morali e giuridici, di psicologia matrimoniale, di ginecologia e medicina familiare, di puericultura e psicologia infantile, di alimentazione, di cucina e di economia domestica, di convenienze sociali e arredamento. È indubbio che in questa fase di avvio grande fu l’apporto dato, dal Punto di Famiglia Torino, con la partecipazione di p. Ferrua che, specificamente trattava i problemi morali e familiari di Suor G. Consolaro, esperta in economia domestica.
Gli altri docenti provenivano, per quanto riguarda il settore medico-scientifico, dalle cliniche universitarie di Sassari, come il prof. V. Danesino della Clinica Ostetrica, docente per lezioni di ginecologia e il prof. G. Menghi della Clinica Pediatrica, docente delle lezioni di puericultura e psicologia infantile. Per ciò che concerne le materie a carattere teologico morale ricordiamo il sac. prof. A. Virdis, allora presidente del Tribunale ecclesiastico. La sessione relativa alla psicologia matrimoniale era guidata dall’avv. A. Pinna Vistoso[5] e dall’avv. Paola Pinna Verani, sua consorte.
Alla fine del corso, per effettuare un monitoraggio, furono distribuiti ai partecipanti dei questionari, che si trovano tuttora nell’archivio del Centro. In questi si richiedeva un giudizio sull’andamento del corso, quali argomenti sarebbe stato opportuno approfondire ed eventuali proposte. Fu consegnato anche un attestato di partecipazione, copia del quale è stato allegato alla documentazione in appendice e una medaglia ricordo.
I partecipanti al corso avevano una età che variava dai 17 ai 40 anni, ma la maggioranza di essi era costituita da giovani dai 20 ai 30 anni fidanzati, coppie di sposati, e singoli, di estrazione sociale diversa. Lo scopo primario dei corsi era soprattutto formativo, “senza riferimento specificatamente religioso, ma tendeva soprattutto alla preparazione degli individui alla realtà familiare”[6].
L’idea nasceva dalla constatazione delle frequenti crisi tra le coppie coniugali e preconiugali che scaturivano dalla impreparazione al matrimonio e alla famiglia nonché dai mutamenti sociali legati al passaggio anche in Sardegna da una società agropastorale a quella industriale.
Il 19 ottobre dello stesso anno, con una tavola rotonda sul tema “Progetti di legge relativi all’introduzione del divorzio in Italia”, si apriva il II corso che doveva concludersi il 16 dicembre successivo.
I corsi, con cadenza pressoché annuale, si succedettero costituendo un’attività di avanguardia in Sassari, ricordiamo che l’obbligatorietà è stata istituita solo a partire dagli anni ‘80[7].
I primi sedici corsi coprirono un periodo piuttosto esteso (tre mesi), dato che gli argomenti trattati erano numerosi, si cercava, inoltre, di favorire la partecipazione di persone che non provenivano da ambienti espressamente cattolici.
Molti degli operatori acquistarono parte della loro formazione durante in quei corsi. E proprio con tale gruppo di pionieri, operatori e coppie, che il Centro diede inizio alla propria attività all’esterno, rispondendo ai bisogni delle varie congregazioni cittadine. Essi non si presentavano come esperti, ma solo come operatori volontari che intendevano comunicare agli altri la propria esperienza personale e familiare, rielaborata, s’intende, attraverso studio e riflessione comune.
L’attività esterna al Centro si sperimentò nel ‘70, allorquando fu tenuto un corso a Thiesi (SS) dal 17 ottobre al 13 dicembre.
Con esso i membri del Centro si proponevano come formatori, non cessando però, di essere fruitori. Veniva pian piano a prendere consistenza uno degli intendimenti di p. Taddei al momento della costituzione del Centro: formare degli operatori che non solo testimoniassero le loro esperienze, ma promuovessero iniziative a favore delle famiglie della città e dei centri della provincia di Sassari.
Si veniva così a creare fra i membri del Centro un clima di amicizia e di solidarietà, secondo i desideri del promotore, “la famiglia non deve trovarsi sola nell’assolvere ai suoi compiti formativi ed educativi”[8].
Intorno agli anni ottanta, ci si rese conto che i corsi di preparazione al matrimonio, strutturati con modalità di lezioni universitarie, nonostante la presenza di esperti del settore e di professionisti seri e preparati, cominciavano a non rispondere più alle esigenze dei giovani, che richiedevano diversi momenti di formazione a carattere più partecipativo, per cui si ritenne necessario modificare le modalità di lavoro dei corsi[9].
La richiesta di una nuova metodologia, che andasse al di là dei tradizionali corsi di preparazione al matrimonio, fu subito avvertita da p. Taddei, per cui alcuni operatori furono inviati già, nel luglio dell’82 a Prato, per partecipare a Villa del Palco ad un workshop della durata di cinque giorni che prevedeva anche la visione e la discussione del “kit” dei “Quaderni” di Charles G. Vella.
Questi due sussidi, uno per i fidanzati e uno per l’équipe, erano il frutto di una esperienza maturata nel corso degli anni, alla quale aveva offerto il suo prezioso contributo Don Giuseppe Zilli[10].
Questa nuova metodologia utilizzava i gruppi d’incontro per fidanzati, “person centered”, centrati cioè sulla persona. I partecipanti dei gruppi divenivano “partners”, ossia la controparte sulla quale ciascuno poteva confrontarsi. Gli incontri erano informali, condotti da un’équipe, di due coppie di coniugi, di un sacerdote e di un “facilitatore”, colui che moderava il lavoro e la dinamica del gruppo[11].
Tale metodologia si rivelò rispondente alle esigenze espresse in quegli anni dai giovani lasciando gli interventi di esperti ad altri momenti, come le conferenze e i dibattiti che continuarono a far parte dell’attività dello stesso Centro.
Già dal ‘67 nello stesso anno di fondazione del CPF, accanto all’attività orientativa e formativa dello stesso p. Taddei aveva provveduto, seppure in modo informale e sperimentale a far funzionare un Consultorio Familiare per l’ascolto dei problemi delle coppie in crisi, allo scopo di orientarle verso consulenti e terapeuti capaci di fornire un’aiuto specifico e idoneo alla soluzione dei loro problemi[12].
Il Centro si proponeva di sostenere con intelligenza e con spirito solidale la famiglia nella sua maturazione, per il superamento delle inevitabili difficoltà e per la soluzione dei problemi che si sarebbero presentati nelle varie tappe della sua evoluzione, per cui niente di tutto ciò che poteva servire alla formazione dei suoi membri veniva trascurato, in un’ottica di formazione globale e permanente.
Il 1968, precisamente il 18 novembre, prese il via il primo corso di educazione sessuale, che durò fino al 14 dicembre dello stesso anno[13].
Il corso fu rivolto a educatori, genitori ed insegnanti, come destinatari primari, ma aperto a tutti coloro che avevano interesse a chiarire e ad approfondire il problema della formazione e informazione sessuale dell’individuo[14].
Vennero innanzitutto affrontati gli aspetti fisiologici della sessualità, a cura del docente universitario prof. Danesino, gli aspetti psicologici a cura del prof. Mario Cattaneo, e quelli medico-legali a cura di altri esperti del settore.
Successivamente un altro corso di educazione sessuale fu rivolto alle suore educatrici, in seguito nel ‘71 si decise di avviarne invece un secondo rivolto agli educatori, genitori ed insegnanti.
L’intento di quest’ultimo corso, come quello degli altri, fu quello di orientare i partecipanti a favorire ciascuno nel proprio ambito, nei ragazzi un processo che li portasse a prendere coscienza del valore delle pulsioni interne e ad integrarle nella costruzione della propria personalità[15].
I docenti intervenuti furono il prof. Umberto Bigozzi, endocrinologo e docente di genetica medica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e di Macerata – Milano, l’ing. Ugo Sciascia, sociologo e pubblicista, redattore della rubrica televisiva “Vivere insieme”, invitato anche in precedenza ad una conversazione-dibattito su “Famiglia, educazione e libertà in una società che cambia”. Altri docenti, tutti noti per la loro competenza in campo scientifico e professionale, furono impegnati in sessioni specifiche.
La presenza a questi corsi fu più numerosa del solito, sia per l’interesse degli argomenti trattati, sia per la loro attualità: si era infatti negli anni in cui le rivolte studentesche in tutte le università europee favorivano un cambiamento radicale nei rapporti tra i sessi e tra le diverse generazioni.
Nel ‘72, fu attuato il IV corso per educatori, genitori ed insegnanti. Il tema, questa volta era specifico, riguardava la preadolescenza, l’adolescenza e le problematiche connesse ci fu l’intervento del prof. Cattaneo, del prof. dott. Candido Da Pozzo, docente di morale familiare (domenicano), del già citato dott. De Giacinto, del dott. Giorgio Maggioni, direttore dell’Istituto di puericultura dell’Università di Sassari e del dott. Gianni Massari con la moglie Carla, che offrirono la testimonianza della loro esperienza di coniugi.
Le tematiche riguardavano la maturazione fisica e biologica del giovane preadolescente, l’adolescenza nei suoi aspetti psicologici, le linee generali di evoluzione e comportamentali, l’evoluzione psico-sessuale, le relazioni familiari ed extrafamiliari dell’adolescente, la sua evoluzione morale e religiosa[16].
Il V corso fu attuato dal 13 novembre al 21 dicembre 1978.
Anche in questo caso ci si avvalse della collaborazione di M. Cattaneo e di M. Corsi, nonché di A. Pinna Vistoso, con la moglie P. Verani, di M. L. Lupacciolu, specialista in ostetricia e ginecologia, di N. Onorato, medico internista, di A. Motroni, docente universitaria di filosofia del diritto (attualmente direttrice del consultorio del Centro dal 1992).
Il fine dei corsi di educazione sessuale era quello di aiutare gli educatori a studiare i complessi problemi contemporanei, individuare gli orientamenti dell’opera educativa e creare un clima di solidarietà in questo quotidiano compito.
Era intendimento del corso porre al centro di ogni discorso la persona, nonché individuare la differenza che passa tra l’informazione e l’educazione alla sessualità[17].
Nel 1971, e precisamente il 24 ottobre, si realizza il I Convegno di spiritualità familiare a S. Pietro di Sorres[18]. Scopo di questo convegno e di tutti gli altri che con cadenza annuale saranno organizzati in diverse località era l’esigenza di iniziare un dialogo fra coppie e famiglie e di creare le prospettive per la costruzione di gruppi di sposi che in un clima di stima e in comunione tra loro si aiutassero a crescere[19].
I convegni successivi si svolsero, alcuni ancora a San Pietro di Sorres, poi a Lu Bagnu, a Ploaghe, a S. Giorgio, ospitati dalla struttura salesiana, e gli ultimi, fino ad arrivare al 14 gennaio 1996, nella nuova struttura del Centro stesso.
Gli argomenti trattavano tematiche sull’educazione religiosa e sui compiti della famiglia cristiana, sulla famiglia e la pace, la libertà, il consumismo e la povertà.
I primi convegni venivano strutturati con una relazione sul tema preparata da una coppia di sposi, stimolo alla successiva discussione fra partecipanti[20].
Nel corso degli anni, i convegni vennero strutturati in due momenti: nel primo momento si costituivano dei piccoli gruppi che prendevano in esame il tema del convegno, alla fine veniva stesa una relazione da leggere in sede di convegno. Durante lo svolgimento di esso, i componenti dei gruppi venivano variati rispetto a quelli di origine, solitamente si preferiva ripartire i membri di un nucleo familiare in gruppi diversi per favorire maggior libertà di espressione.
La caratteristica principale di questa iniziativa era l’assenza di esperti, il solo contributo scientifico era costituito da una bibliografia consigliata concernente il tema trattato.
Con l’avvio di tali incontri, cominciava a prendere consistenza ancora di più la finalità che p. Taddei si era prefissato con la costituzione del Centro, quella di una cura particolare delle famiglie, supportandole nella crescita. Attenzione rivolta quindi, non solo ai membri della coppia, ma anche all’intero nucleo familiare, perché egli aveva compreso appieno che la famiglia è costituita da un insieme di persone che interagiscono continuamente e che pertanto il cambiamento di ogni componente comporta dei mutamenti su tutto il nucleo, e ancora, che il confronto continuo fra le famiglie ne favorisce lo sviluppo in senso positivo[21].
E da sottolineare il fatto che già, a soli tre anni dalla sua costituzione, il Centro veniva segnalato nel periodico Famiglia Mese[22].
Nel ‘73 si da il via a una esperienza nuova per il Centro, con la “prima settimana di spiritualità familiare”, tenuta dal 21 al 29 luglio al Rifugio “La Madonnina”[23].
la prima e le seguenti svolte sino al 1976 furono preparate in collaborazione con don Antonio Corti[24], assistente dei gruppi familiari di Milano[25], che curava la parte biblico-teologica e i coniugi Gianni e Laura Parracchini per la parte pedagogica.
L’iniziativa era rivolta soprattutto alle giovani coppie che potevano partecipare assieme ai figli, dal momento che era previsto anche un servizio di custodia.
Gli incontri si svolgevano attraverso dibattiti, conversazioni e cineforum e, dal momento che veniva rivolta particolare attenzione alla formazione spirituale, era previsto anche un momento liturgico.
Queste settimane hanno contribuito notevolmente a creare un clima di profonda amicizia fra partecipanti e figli di essi, rinsaldando ancora di più il tessuto costituente il nucleo del Centro.
Nel ‘73 il Centro organizzava il I Corso di Operatori di Pastorale Familiare (9 novembre – 15 dicembre).
Esso fu preparato in collaborazione con il Punto Famiglia di Torino, che continuava la sua preziosa collaborazione inviando suoi docenti, si avvalse anche della presenza dello psicologo, Anna Riva di Roma e di Ugo Sciascia che, come abbiamo potuto constatare, ha offerto altre volte il suo contributo.
Di questo corso fu data ampia nota ai religiosi della diocesi, da p. Taddei, in qualità di rappresentante al Consiglio Pastorale Diocesano.
Le note di pastorale familiare, raccolte in un fascicolo, di nove pagine più tre di appendice datate aprile 1973[26], costituiscono un documento fondamentale per la comprensione delle finalità di tutte le attività promosse dal Centro.
In esso vengono resi noti gli intenti perseguiti fino ad allora e quelli futuri: seguire la famiglia nel suo ciclo evolutivo, nel suo formarsi, nel suo assestarsi, nel suo impegno “ad intra” e in quello “ad extra”, nel suo ritornare coppia, quando i figli se ne vanno e nel suo fallimento[27].
In sintesi viene esaminato tutto il ciclo di vita familiare come destinatario di informazione e di formazione, in perfetta corrispondenza con il concetto di educazione permanente.
Inoltre, con l’avvio dei corsi per operatori di pastorale familiare, si verificava un riconoscimento da parte della diocesi della qualità e della serietà delle attività promosse dal Centro. Non si dimentichi infatti, che nei primi anni di vita, questa febbrile attività ebbe scarsi riconoscimenti da parte degli operatori religiosi. Non sempre P. Taddei fu apprezzato per le iniziative promosse, soprattutto nell’ambito ecclesiastico.
Con l’avvio di questo corso, si cominciava a sentire l’esigenza di una nuova impostazione sulle modalità di proporsi nelle varie attività.
Ci si rendeva conto che stava tramontando la figura dell’esperto e che andava a sostituirla quella dell’uomo dell’ascolto, il quale nella comunità dove opera, confronta il valore e la validità delle sue conoscenze, in un dialogo di reciproco arricchimento[28].
Emerge quindi la finalità degli incontri, che era soprattutto quella di esaminare la figura che operava nel campo della formazione della famiglia, i contenuti da conoscere, e la trasmissione di metodi operativi da adottare in campo educativo.
Nel quadro informativo si inseriscono le tavole rotonde organizzate e inserite, talvolta, nei corsi di preparazione al matrimonio. Gli argomenti trattati denotano una profonda attenzione ai segni dei tempi e a volte rappresentano una provocazione per la città di Sassari: l’analisi dei nuovi ruoli, maschili e femminili, determinatisi con la trasformazione della società, l’evoluzione della famiglia, i problemi connessi con la proponenda legge sul divorzio, quelli sull’interruzione volontaria della gravidanza e numerosi altri. Gli esperti intervenuti erano, come al solito, specialisti come il ginecologo, Giorgio Cagnazzo, il medico legale Aldo De Bernardi, lo psichiatra Aldo Gianninni, il fisiologo Ermanno Manni e il moralista Alberto Moscatelli.
Il tema dell’aborto sarà nuovamente affrontato il 10 marzo 1975, con una nuova tavola rotonda che vedrà a fianco Giovanni Berlinguer, docente di Medicina Sociale, il direttore dell’Istituto di Medicina Legale, Giovanni Marras e, come moderatore il direttore della Clinica Medica, Salvatore Campus.
Durante questa si fece riferimento alla Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo, approvata a Theran nel 1968. Punto di partenza è la premessa, che il bambino necessita una protezione giuridica prima e dopo la nascita, e inoltre una protezione sociale adeguata. Si sviluppano gli argomenti: no all’aborto come strumento di regolazione delle nascite e discriminazione sociale, e sue implicazioni medico-sociali.
Sull’aborto, nel maggio 1975 fu organizzato, in collaborazione con altri movimenti di ispirazione cristiana di Sassari e di Alghero, un vero e proprio corso, con la presenza sempre di esperti nel settore medico e teologico-morale, e di un sociologo, per trattare gli aspetti sociologi del problema[29].
Altro argomento di appassionante dibattito fu quello sui metodi di controllo delle nascite: blocco dell’ovulazione col ricorso alla pillola, (16 dicembre 1972) interruzione dei rapporti intimi nei periodi fecondi, altri metodi di regolazione delle nascite.
Il problema della contraccezione viene preso in esame anche nel convegno dibattito, svolto dal 14 novembre al 6 dicembre del 1974, “La famiglia nella difficoltà e nella prova”. È precisamente Guido Davanzo, scrittore e docente di teologia morale dell’Ist. S. Zeno di Verona, che affronta l’argomento, parlando di procreazione responsabile e facendo riferimento alla enciclica Humanae Vitae del 25 luglio 1968.
In questo convegno veniva preso in esame il problema della tossicodipendenza, che allora sembrava essere molto lontano dalla realtà sociale sassarese, mentre era già latente, quindi difficilmente rilevabile dalla disattenzione generale.
Il tema specifico della tossicodipendenza fu approfondito ulteriormente con due conversazioni successive, che presero in esame le cause e gli effetti delle tossicomanie. L’intento era di colmare il vuoto di una completa disinformazione sul problema, da parte dei genitori ma anche dei ragazzi. Questa mancanza di informazione poteva costituire una fonte di contagio fra le più colpevoli[30].
Alle conversazioni intervenne Roberto Ziglioli sociologo e consulente familiare e Egidio Miele, direttore dell’Istituto di Farmacologia della Facoltà Medica dell’Università di Sassari[31].
Altri temi, senz’altro interessanti, sviluppati per la prima volta, furono quelli sull’adozione, sull’affido e sulla fedeltà coniugale.
Dal momento che la famiglia doveva essere curata nella sua globalità, si riteneva opportuno, prendere in esame tutti i possibili aspetti delle dinamiche, che avessero potuto metterla in crisi; solo con un’adeguata prevenzione avrebbero potuto evitarsi le patologie irreversibili.
Un secondo ciclo di conferenze – dibattito sulle difficoltà che possono mettere alla prova la famiglia, veniva organizzato nel novembre 1975.
Senza pretendere di volere dare delle ricette universali o soluzioni prefabbricate, tali incontri volevano costituire uno stimolo alla sensibilizzazione ed essere una risposta a quel principio di sana pedagogia che afferma il primato della prevenzione sugli interventi correttivi. Ed è in questo filone che si inserisce come principio guida qualsiasi iniziativa.
Veniva anche ripreso il tema dell’adolescenza, questa volta analizzato sotto la luce di probabili devianze, facendo riferimento anche alle terapie specifiche, inserendo queste tematiche nel corso per educatori e genitori nell’aprile-maggio 1977[32].
Nell’81, sempre sul tema dei disagi familiari prendeva il via un ciclo di conversazioni su “Famiglia e Handicappato”. Al dibattito .presero parte l’assistente sociale, Cardì Consuelo, il direttore dell’Istituto di Puericultura dell’Università di Sassari, Marcello Orzalesi, la psicologa clinica Bianca De Caro e altri esperti[33].
Si continuò con le conversazioni su tale tema, anche nel 1982, sviluppando come argomenti, la prevenzione prenatale della patologia ereditaria, il ruolo della famiglia e della comunità.
In questo progetto educativo, non poteva mancare l’analisi dell’influenza che i mass-media possono avere sulla formazione della persona. Nel maggio del ‘76, fu organizzata una tavola rotonda anche su questo tema, come la trattazione di argomenti quali i fumetti e l’adolescente, l’analisi dei mass-media come strumento di evasione e di informazione; fra i relatori era presente Nazareno Taddei, direttore del Centro dello spettacolo e allora docente al Magistero di Sassari.
Dal 17 febbraio al 3 giugno del 1979, fu realizzato un vero e proprio corso di educazione all’immagine, tenuto dalla prof.ssa Grazia Zamboni[34].
Nel dicembre 1978, ospitato nell’Aula Ciardi-Duprè, dell’Istituto di Anatomia Umana dell’Università di Sassari, si svolse l’incontro dibattito sull’eutanasia. Con l’intervento del moralista Roberto Ziglioli, dello psichiatra Carlo Desole, del giurista Mario Segni e di altri esperti. Come ogni analoga iniziativa, il Centro tentava di prendere in esame la realtà sociale e la sua evoluzione, analizzandone le trasformazioni le conseguenti implicanze nei percorsi quotidiani dei nuclei familiari.
Questa azione di informazione e formazione era rivolta all’esterno, e cioè alla realtà sociale di Sassari e del suo hinterland, ma si svolgeva anche all’interno del Centro stesso.
Gli operatori che erano entrati a far parte del C. per motivi diversi, sia per i corsi di preparazione al matrimonio, sia per la partecipazione a qualche conferenza o convegno, traevano da questo scambio continuo di informazioni, di esperienze e di stimoli, alimento per la loro crescita, sviluppando anche un senso di appartenenza ad un organismo familiare solidale ed arricchente; inoltre molti di questi operatori venivano mandati per seminari, convegni, corsi a Torino, Milano, Roma e ovunque ci fossero incontri di approfondimento delle tematiche familiari.
VI
[1] M. BRIGAGLIA, professore associato di Storia dei movimenti e dei partiti politici, presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Sassari.
[2] ACPF, Fald. 13, Cartella A I.
[3] ACPF, Fald. 1, dal 1967-1975 – Fasc. 4.
[4] P. TADDEI, Il Centro di Preparazione alla famiglia di Sassari, in Studi di sassaresi, II, Famiglia e società sarda, Giuffré, Milano, 1975, p. 588.
[5] A. Pinna Vistoso è una delle prime persone che p. Taddei ha incontrato al suo arrivo a Sassari, scendendo dalla carrozza che lo aveva condotto dalla stazione a p. S. Agostino. Egli ricorda ancora l’espressione di sgomento sul volto del domenicano alla vista del quartiere delle Conce. A. Pinna Vistoso allora si occupava dei ragazzi dell’Azione Cattolica, divenne poi collaboratore del C, dal 1995 ne è il Presidente. Intervista ad A. Pinna Vistoso, cit.
[6] Famiglia e Società Sarda…cit., p. 589.
[7] I corsi di preparazione alla famiglia sino al 16° corso tenuto al Centro, nel 1981, risultano archiviati in fascicoli nell’archivio del Centro stesso.
[8] P. Taddei Parrocchia – comunità di fratelli. Programma di massima, 1970, ACPF, Fald. Lettere dal 1951 al 1979.
[9] Intervista a M. Vittoria Fumi – Pintus, cit.
[10] DON GIUSEPPE ZILLI è stato per 26 anni il direttore del settimanale “Famiglia Cristiana” del quale curò anche la rubrica “Colloqui col padre”. Le migliaia di lettere che riceveva, contenenti spesso problemi di coppie di fidanzati, di sposi e anche divorziati, lo indussero a muoversi in direzione di un aiuto concreto alla famiglia, in veste scientifica, dando vita al “Centro Internazionale Studi Famiglia”. Successivamente, maturando un’ulteriore esperienza nei Gruppi di Incontro, nell’isola di Malta, nel “Cana Movement” del quale è il fondatore Vella, e poi altri paesi, continuando la collaborazione con Vella appunto, nacque l’idea di creare questo sussidio, la cui realizzazione purtroppo non fu data di vedere a don Zilli, perché la sua morte avvenne prima di essa. Il primo workshop fu attuato nel luglio 1981, poi nel 1982, e nel 1983 e nel 1984. Cfr. C. Vella, Gruppi d’incontro (per la preparazione al matrimonio) Elle di Ci, Leumman 1987 dalla prefazione.
[11] C. G. Vella, Gruppi d’incontro…cit., p. 5.
[12] ANGIOLINA MOTRONI ONORATO, Il consultorio libero di ispirazione cristiana, in R. F. PIGLIARU (a cura di), Il Consultorio Familiare in Sardegna, Iniziative culturali, Sassari 1983.
[13] Per la preparazione di questo Corso P. Taddei si era messo in contatto con Giacomo Santori, direttore nel Centro Italiano di Sessuologia, presso l’Istituto di Psicologia dell’Università di Roma. Cfr. ACPF, Fald. 5 B dal 1968-1973, Fasc. 1a.
[14] ACPF, Fald. 1 anno 1968, dépliant illustrativo.
[15] ACPF, Fald. 1 dépliant illustrativo.
[16] ACPF, Fald. 1, Fasc. 14.
[17] ACPF, Fald. 3, dal 1975 al 1979, Fasc. 8.
[18] La cattedrale di Sorres sorse nei secoli XI-XII, probabilmente ebbe anche un importanza strategica, isolata com’era su un colle alto m.570. L’inizio dei lavori fu opera del beato Goffredo, già monaco cistercense di Chiaravalle. Motivi economici e politici fecero durare poco la gloria di San Pietro di Sorres, abbandonata a se stessa, la cattedrale divenne ricovero di animali. Nel 1950, il complesso fu affidato ai monaci Benedettini di Parma, essi restaurarono la chiesa, costruirono l’attuale monastero e dal 1955 si iniziò a Borutta la vita monastica benedettina. Cfr. S. Pietro di Sorres, Stamperia Artistica, Sassari.
[19] Atti del Convegno “Problemi di attività del Centro e Spiritualità familiare. 24 ottobre 1971. ACPF, Fald. 1, 1967-1975, Fasc. 11.
[20] La relazione per questo primo convegno fu preparata dai coniugi Pintus Giuseppe e Fumi Maria Vittoria, quest’ultima è stata collaboratrice sin dall’inizio della costituzione del C. e poi ne è diventata presidente nel 1991 alla morte di P. Taddei e fino al 1994. Cfr. ACPF, Fald. 1 Fasc. 11.
[21] ACPF, Fald. 5, Lettere dal 1967 al 1969, n° 79, (13 maggio 1973).
[22] Famiglia Mese, e precisamente il n°7 del luglio 1970, cita l’attività del Centro nell’articolo “Viaggio tra i giovani”, dando spazio anche a qualche testimonianza delle coppie, facendo riferimento al fatto che tra di esse è sorto un clima di solidarietà e di amicizia con la partecipazione ai corsi, dando loro la consapevolezza che uscire dall’isolamento familiare favorisce il superamento delle difficoltà, a vantaggio di un dialogo costruttivo. Famiglia Mese, anno III, n°7 – Luglio 1970 – Pia Società San Paolo – Alba pp. 92-93, Menzione al CPF viene fatta anche in F.M. anno VIII n° 3, 1975, p. 69.
[23] La Madonnina di Santu Lussurgiu è una struttura utilizzata per corsi di studio e convegni di carattere spirituale, teologico biblico, psicopedagogico ed artistico, sede di numerose attività del Collegium Mazzotti, al quale fa capo. Il Collegium Mazzotti è un’associazione con personalità giuridica e sede sociale a Sassari, che ha per scopo di promuovere lo sviluppo dell’istruzione, dell’educazione e della cultura in ogni forma, secondo principi cristiani.
[24] DON ANTONIO CORTI, nato a Lurago (CO) il 21-9-1912, morto a Molano il 20-9-1992, fu ordinario sacerdote il 22-12-1939, professore di latino e greco al Seminario Arcivescovile della diocesi di Milano presidente del liceo dello stesso Seminario, membro della commissione per l’Humanae Vitae, promotore e assistente dei gruppi di spiritualità familiare di Milano, promotore degli incontri per la preparazione dei fidanzati presso le singole parrocchie. Cfr. Avvenire, 20 ottobre 1992.
[25] Il primo gruppo di spiritualità familiare si formò a Milano nel 1949 o forse già nel 1948, dall’esigenza di giovani sposi diffronte agli anni difficili del dopo guerra italiano. Motrici furono, il movimento laureati di Azione Cattolica e il movimento “Équipe Notredam”, si trattò di gruppi di sposi del ceto medio, desiderosi di fare un cammino insieme ad alcuni sacerdoti, conservando l’apertura all’apostolato nell’ambiente. Cfr. A. PAIOCCHI, I gruppi di spiritualità familiare italiani e il loro notiziario, Facoltà Teologica nell’Italia settentrionale, dal 1984 al 1985, p. 56.
[26] ACPF, Fald. 1, dal 1967 al 1975, Fasc. 15.
[27] ACPF, Fald. 1 cit…, p. 2.
[28] ACPF, Fald. 1, dal 1967 al 1975, Fasc. 17.
[29] ACPF, Fald. 1, cit., Fasc. 22 B.
[30] ACPF, Fald. 1 cit., Fasc. 18.
[31] P. TADDEI, In qualità del Presidente del C. partecipò alla tavola rotonda del 5 febbraio 1997, sul tema “Aspetti medico – sociali del problema della droga”, presentando il ruolo del sacerdote all’interno di tale problema. (Studi Sassaresi, atti del Convegno, Gallizzi – Sassari). ACPF, Fald. 3, dal 1979 al 1989, Fasc. 7.
[32] ACPF, Fald. 3, dal 1979 al 1989, Fasc. 6.
[33] Questi incontri si inserivano nel quadro delle giornate celebrative per l’anno internazionale delle persone handicappate (1981)ACPF, Fald. 3, cit., Fasc. 12.
[34] ACPF, Fald. 3, cit. Dépliant illustrativo.
Il testo è parte del saggio:
Angela Baio, Cattolici per la famiglia a Sassari nel secondo Novecento. Il centro di preparazione alla famiglia di padre Giovanni Serafino Taddei (1967-1991) Associazione culturale ” A. De Gasperi”, Stampacolor, Sassari 2006.