San Gregorio Magno, uomo di stato e papa di grande levatura – di Benedetto XVI
Oggi si celebra la memoria di San Gregorio Magno, Papa e dottore della Chiesa, vissuto nel sesto secolo, in tempi difficili, erano gli anni delle cosiddette invasioni barbariche. Benedetto XVI più volte lo ha indicato come un esempio non solo per i pastori della Chiesa ma anche per gli amministratori pubblici, essendo stato funzionario imperiale prima di essere eletto Papa. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Benedetto XVI ricorda San Gregorio Magno come un uomo di grande integrità morale, sia da prefetto di Roma sia da Pontefice. Aveva lo spirito del monaco e rifuggiva ogni potere, ma tutti si fidavano di lui e lo onoravano con i più importanti incarichi sia da laico che da consacrato. Per lui l’autorità era puro servizio. E’ sua la definizione di Papa come “servo dei servi di Cristo”: considerava l’umiltà la virtù fondamentale di chi è posto a capo degli altri:
“Gregorio era intimamente colpito dall’umiltà di Dio, che in Cristo si è fatto nostro servo, ci ha lavato e ci lava i piedi sporchi. Pertanto egli era convinto che soprattutto un Vescovo dovrebbe imitare questa umiltà di Dio e così seguire Cristo. Il suo desiderio veramente era di vivere da monaco in permanente colloquio con la Parola di Dio, ma per amore di Dio seppe farsi servitore di tutti in un tempo pieno di tribolazioni e di sofferenze; seppe farsi ‘servo dei servi’. Proprio perché fu questo, egli è grande e mostra anche a noi la misura della vera grandezza”. (Udienza generale, 4 giugno 2008)
Accanto all’azione meramente spirituale e pastorale, Papa Gregorio si rese attivo protagonista anche di una multiforme attività sociale:
“Con le rendite del cospicuo patrimonio che la Sede romana possedeva in Italia, specialmente in Sicilia, comprò e distribuì grano, soccorse chi era nel bisogno, aiutò sacerdoti, monaci e monache che vivevano nell’indigenza, pagò riscatti di cittadini caduti prigionieri dei Longobardi, comperò armistizi e tregue. Inoltre svolse sia a Roma che in altre parti d’Italia un’attenta opera di riordino amministrativo, impartendo precise istruzioni affinché i beni della Chiesa, utili alla sua sussistenza e alla sua opera evangelizzatrice nel mondo, fossero gestiti con assoluta rettitudine e secondo le regole della giustizia e della misericordia. Esigeva che i coloni fossero protetti dalle prevaricazioni dei concessionari delle terre di proprietà della Chiesa e, in caso di frode, fossero prontamente risarciti, affinché non fosse inquinato con profitti disonesti il volto della Sposa di Cristo”. (Udienza generale, 28 maggio 2008)
La sua vita era nutrita dalla lettura della Bibbia, nella consapevolezza che “quando si tratta di Parola di Dio, comprendere è nulla, se la comprensione non conduce all’azione”. Capì così, a differenza dell’Imperatore bizantino, che una nuova civiltà stava nascendo dall’incontro tra l’eredità romana e i popoli cosiddetti ‘barbari’, grazie alla forza di coesione e di elevazione morale del Cristianesimo. Non disprezzava mai nessuno, ma aveva la capacità di piegarsi sulla miseria altrui. Tutto partiva dalla preghiera:
“Era un uomo immerso in Dio: il desiderio di Dio era sempre vivo nel fondo della sua anima e proprio per questo egli era sempre molto vicino al prossimo, ai bisogni della gente del suo tempo. In un tempo disastroso, anzi disperato, seppe creare pace e dare speranza. Quest’uomo di Dio ci mostra dove sono le vere sorgenti della pace, da dove viene la vera speranza e diventa così una guida anche per noi oggi”. (Udienza generale del 28 maggio 2008)
Nota. Studi approfonditi sono stati fatti sul grande pontefice da Raimondo Turtas sulle lettere inviate alle autorità civili e religiose della Sardegna.
Da Radiogiornale Vaticano del 3/9/2011