L’aggettivo “tranquillo-a” deriva dall’etrusco di Massimo Pittau
Circa lo studio della lingua etrusca è opportuno considerare che, per effetto del continuo proliferare dei genialoidi scopritori della “chiave di decifrazione dell’etrusco”, è certo ed evidente che linguisti, archeologi, storici e uomini di cultura in genere hanno finito, sino al presente, col non prendere sul serio nessuna ipotesi o tesi o notizia che compaia ex novo intorno alla lingua etrusca; anzi hanno finito col considerare e prendere l’argomento perfino come oggetto di battute umoristiche. A ciò si deve aggiungere la grave colpa della “scuola archeologica italiana”, la quale per mezzo secolo ha fatto valere il criterio secondo cui «la lingua etrusca non è paragonabile con nessun’altra»; criterio che risale a Dionigi di Alicarnasso (I 30, 2) e che è del tutto immotivato, antistorico e antiscientifico, dato che un giudizio simile lo potrebbe pronunziare solamente il linguista che conoscesse tutte le lingue del mondo, antiche e pure moderne. E fino al presente nessun linguista si è mai anche lontanamente avvicinato a questa condizione ideale di conoscenza, di studio e di giudizio.
Che tutto questo sia vero è pure dimostrato dal fatto che lo studio della lingua etrusca è grandemente disertato dai linguisti, italiani e stranieri. Probabilmente non supera le dita di una sola mano il numero di linguisti – propriamente tali e non semplici archeologi – che ci interessiamo a fondo di questa lingua.
Per logica conseguenza di questo stato di idee e di cose, avviene che talvolta si constata che perfino concordanze linguistiche evidenti e perfino ovvie passano del tutto inosservate dai linguisti.
Ed eccone un esempio macroscopico e significativo. L’aggettivo lat. tranquillus-a-um «tranquillo, calmo, sereno-a» praticamente risulta essere di origine ignota (DELL, DEI); al massimo lo si giudica corradicale del lat. quies,-etis «quiete» (PELI, AEI, DELI, DizEtim, l’Etimologico).
Invece a me sembra del tutto evidente che questo aggettivo latino possa essere confrontato e connesso col prenome femminile lat. Tanaquil,-ilis «Tanaquilla» (Livio I, 34, 9; Ovidio, Fast. 6, 629; Giovenale 6, 566), il quale deriva chiaramente da quello comunissimo etr. Thancvil, Thankvil, Thanxvil. Tutto sta nel supporre che nel lat. tranquillus sia entrata, per una paretimologia, la preposizione trans.
In senso inverso, mi sembra del tutto lecito supporre che il prenome etrusco in realtà significasse «tranquilla, calma, serena», con una notazione che è del tutto conforme al carattere generale delle femminucce rispetto a quello dei maschietti. Inoltre è appena il caso di ricordare che tuttora nella lingua italiana è abbastanza frequente il prenome femminile «Serena», mentre quello maschile «Sereno» è rarissimo (DNI).
Per concludere c’è da precisare che la interpretazione vulgata, secondo cui l’etr. Thancvil sarebbe un nome teoforico, da distinguere in Than-cvil = «dono di Thana», è errata, sia perché una divinità *Thana non è affatto documentata (G. Colonna, SE, 51, 1985, 152) sia perché il primo componente risulterebbe privo della desinenza del genitivo.
(Per le sigle adoperate vedi M. Pittau, Dizionario della Lingua Etrusca, Sassari 2005, Libreria Koinè; oppure M. Pittau, I grandi testi della Lingua Etrusca – tradotti e commentati, Sassari 2011, Carlo Delfino editore).
Massimo Pittau
www.pittau.it