Gavino Maria Cossiga (1879-1957), letterato e antifascista di Anna Cuomo, pronipote di G. M.
Non mi sono rassegnato alle poche notizie raccolte su Gavino Maria Cossiga (questo il nome alla nascita) ed ho senza avvedermene forse importunato con varie email la pronipote che oltre a segnalarmi l’articolo pubblicato su Almanacco di Gallura 2011-2012 ha risposto a varie domande sul bisnonno e sulla famiglia così da offrire più elementi sul letterato chiaramontese che oggi giustamente i perfughesi per via del matrimonio ivi contratto fanno loro. Da queste annotazioni via email n’è venuto fuori non solo il letterato amico di Pascarella, ma anche un socialista prima e socialdemocratico poi che fu antifascista e che subì le cosiddette perquisizioni del regime. Se poi divenne socialdemocratico e c’è da credere che i vecchi compagni socialisti gli abbiano dato varie sofferenze. Un uomo con le spalle dritte che seguì la sua coscienza e che trasmise gli stessi valori ai propri figli. Non ci resta, in attesa del convegno, che meditare su questo bel profilo di conterraneo anglonese su cui tante notizie ricaveremo più in là negli archivi della scuola, negl’inventari degli studenti liceali e degli studenti universitari che conserviamo nel nostro archivio di Sassari, visto che ora stiamo trascorrendo le ferie in Anglona. (Angelino Tedde)
Gavino Maria Cossiga nacque a Chiaramonti, in via Pala de Chercu, da Pietro e da Ignazia Dettori il 29 gennaio 1879.
“Stava per essere ultimato il Municipio e la Caserma dei Carabinieri e il pendio de su Chercu andava riempiendosi di case. Si può dire che il piccolo Gavino Maria sgambettò tra la caserma e le vie adiacenti e forse nelle stesse vie giocò a bagliaroculos (bacche di quercia) con i compagni e costruì le sue prime paia di buoi con i tutoli di granoturco. Ebbe modo di giocare di certo con i parenti Cossiga, che ivi abitavano, visto che il nome di Maria lo portava anche il vivace nonno di Francesco Cossiga chiamato Chicu Maria, Francesco Maria. Certamente la devozione alla Vergine spinse molte famiglie chiaramontesi a dare anche ai figli maschi come secondo nome quello di Maria.
E’ probabilke che abbia frequentato le 3 classi elementari vicino a casa sua nel palazzotto del Comune-Scuola che stava per essere ultimato, la IV elementare l’ha frequentata con certezza in qualità di convittore nel seminario tridentino di Sassari nell’anno scolastico 1888-89 anche se non si esclude che abbia frequentato tutta l’istruzione elementare sempre come covittore nello stesso seminario. Gli studi ginnasiali li frequentò presso il ginnasio liceo di Sassari tra il 1890 e il 1896, ripetendo la II e la IV . E’ probabile che ivi abbia conseguito la maturità anche se ciò non figura nei nostri inventari degli studenti del liceo Azuni, inventariati dalle sorelle Spagnulo in sede di tesi di laurea. Allora il liceo classico aveva sede presso il vecchio edificio gesuitico di Piazza Santa Caterina che con l’Unità d’Italia era divenuto Convitto Nazionale Canopoleno, dove tanto i figli dell’aristocrazia che della borghesia di Sassari e provincia portavano avanti i loro studi, 5 anni di ginnasio e 3 di liceo classico. L’edificio seicentesco della Compagnia di Gesù, all’epoca, fungeva da Convitto Nazionale col nome di Canopoleno (essendo stato per secoli seminario canopoleno per gli aspiranti al sacerdozio di Oristano e per altri convittori esterni), ospitando convittori provinciali, e contemporaneamente ospitava il Ginnasio Liceo citttadino. [1]“
Fu costretto ad interrompere gli studi universitari a causa di una caduta da cavallo, forse durante una festa di paese, che gli procurò un lieve danno al nervo ottico.
Il 29 settembre 1901 sposò Maria Chiara Spanu di Perfugas, paese in cui si trasferì dopo il matrimonio. Dal matrimonio con Maria Chiara, detta Chiarina, nacquero cinque figli: Pietro, Mario, Vera, Miriam e Wanda.
La sua attività in Sardegna aveva a che fare con i sugherifici e aveva una posizione agiata per l’epoca, visto che al momento della dichiarazione della nascita del figlio Mario nel 1904, risulta tra i possidenti di Perfugas.
S’impegnò nella vita politica, partecipando alle vicende del partito socialista, prima, e del partito socialdemocratico poi.
Aveva la passione per la scrittura e forse proprio grazie a questa, oltre che per una simpatica coincidenza, nel 1904 conobbe Cesare Pascarella con il quale nacque una profonda amicizia, testimoniata dalla traduzione dei sonetti di Villa Glori in dialetto sardo-anglonese e dal fatto che uno dei figli di Gavino Maria, forse Mario, fu figlioccio del Pascarella.
È probabile che fosse proprio la passione per la scrittura a spingerlo a trasferirsi a Napoli con la famiglia, nonché con un suo cugino nel primo decennio del 900 (dove si occupò anche di gestione teatrale, probabilmente per il teatro Kursaal di Napoli, oggi Filangieri).
A Napoli trascorse un primo periodo piuttosto agiato, come veniva ricordato dai figli, e proseguì l’impegno politico.
Quando i figli erano ancora molto piccoli prese parte alla Guerra di Libia (1911-1912) , il che fu causa dei suoi problemi ai piedi che lo afflissero per tutta la vita a causa di un principio di congelamento. Dai racconti di mio nonno, so che rifiutò risarcimenti o pensioni poiché affermava che si va in guerra per servire la patria e non per ricevere pensioni.
Sia il periodo dopo la guerra in Libia che quelli successivi a Napoli non furono anni facili: le cose si complicarono con il persistere del suo impegno politico di tipo antifascista, dal 1922 al 1943, tanto che spesso era soggetto a subire perquisizioni in casa. Anche i figli maschi, man mano che crescevano seguivano gli stessi valori, con tutte le difficoltà conseguenti.
C’è un episodio che mi è rimasto impresso e che raccontato oggi può far sorridere: durante non so quale manifestazione il figlio Pietro rifiutò di cantare “Faccetta nera” ed essendo minorenne, mandarono a chiamare Gavino che prontamente rispose che il figlio non faceva il cantante. L’impegno politico fu causa anche di problemi sul lavoro, visto che rifiutò sempre di avere la tessera fascista, e fu solo grazie alla sua buona reputazione di uomo capace ed onesto che riuscì sempre a vivere dignitosamente occupandosi della contabilità delle fabbriche di pellami che si trovavano nella zona industriale di Napoli in quei tempi.
Morì a Napoli il 16 giugno 1957.
Purtroppo, a causa dei traslochi e delle vicissitudini familiari, non è stato possibile conservare diversi manoscritti, tra cui sicuramente anche un romanzo, nonché le lettere ed anche alcuni articoli di giornale che sono andati perduti anche se con la costituzione degli arichivi dei giornali, se si è firmato, prima o poi verranno rinvenuti.
Sul discorso della fede so per certo che ha avuto un periodo di crisi in cui si professava ateo. Poi, pare grazie alle preghiere della bisnonna, riacquistò la fede. In realtà, credo che molto abbia cotntribuito un periodo in cui frequentava dei teologi “francescani” che avevano il loro convento presso la chiesa di S. Pietro ad Aram, in Corso Umberto I a Napoli. E’ morto da cattolico, credo munito dei conforti religiosi.
Altri ricordi riguardano il suo grande amore per la famiglia e per la moglie. Mia madre li ricorda come due eterni fidanzati e spesso il bisnonno era molto galante e si presentava a casa con fiori o cioccolatini, fingendo che glieli avesse consegnati un segreto ammiratore della moglie. Poi posso dire che era molto ammirato e rispettato nonostante le idee politiche che non gli resero certo la vita facile.
Mio nonno Mario
Qualcosa in più te la potrei dire sul mio nonno, Mario i cui tratti erano proprio quelli iconografici del classico uomo sardo: non alto, molto snello, gli occhi vivacissimi come due bacche di mirto ed il viso rugoso come una geografia antica, fatta di solchi e linee d’espressione.
Il nonno Mario, è stato un uomo vivacissimo, vissuto fino a 97 anni, amante della tecnologia al punto da essere stato uno dei primi acquirenti di lettori CD ed aveva già la sua età…
Molto affettuoso, polemico, legato tantissimo alla famiglia (ha accudito la moglie, mia nonna rimasta cieca, fino all’ultimo momento, nonostante anche la presenza delle figlie). Un uomo che non si arrendeva mai e che diceva che a tutto c’era rimedio, tranne che alla morte. Che armeggiava con radio, transitor, valvole. Pensa che era ingrado di registrare le telefonate e di fare sentire il telefono a viva voce attraverso l’amplificatore del campanello di casa…
Io giocavo con i suoi accumulatori di corrente, con calamite, condensatori e quant’altro e nel frattempo mi raccontava le cose. Oppure mi mostrava i meccanismi fisici del magnetismo o con luci, uova, palline mi faceva vedere il movimento dei pianeti o ancora con tanto di secchiello pieno di acqua legato con una corda mi mostrava i portenti della forza centrifuga.
Era incredibile.
Sai la vita di questi miei antenati non è stata facilissima: forse sarebbe stato meglio se fossero rimasti in Sardegna. Le difficoltà non sono mai mancate[2].
[1] Aggiunte da A. Tedde
[2] Risposte a domande fatte via email da A. Tedde