L’anima di Chiaramonti di Ange de Clermont
Tante volte mi sono chiesto se per caso anche i paesi e le città abbiano un’anima, magari di altra natura rispetto a quella degli uomini e delle donne, (un tempo considerate senz’anima, adesso invece pare che esse abbiano un’anima più vasta e più complessa di quella degli uomini che, a quanto sembra, pare abbiano un’anima bambina). Che, almeno il mio paese, Chiaramonti, abbia un’anima me ne sono accorto fin da bambino, da quando ho cominciato a scorrazzare in via Garibaldi prima, poi in Caminu ‘e Litu, successivamente nelle inerpicate strade de sa Niera, in Codinarasa e, infine, discesa Codinarasa, in Matta ‘e Suelzu, a Prammas, e più in là in Pianu ‘e Cabras. Quest’anima, impalpabile,estesa e luminosa, ma presente, l’avvertivo come una venticello caldo tutte le volte che scendevo a Bidda Noa, nella vigna ereditata da mia bisnonna Filomena Malta e da mio padre e da mio zio, ceduta, la parte nostra, a tiu Chicu Cossiga, imparentato anche lui con la mia trisavola Domenica Cossiga.
L’anima di Chiaramonti ha il profumo del lentisco e del cisto, ma nelle tanche d’asfodelo si avverte anche un non troppo gradevole profumo, veicolato da un venticello che porta dalle valli il pianto degli agnellini e il petulante abbaiare dei cani a cui danno risposta le rane de sos pojos sparsi nel territorio.
Qualche volta l’anima l’avvertivo negli aspri speroni de sas Coas come un vento che mi schiaffeggiava senza misericordia, quando mio padre mi portava con se: mentre lui sarchiava il grano tenero, io mi avventuravo in quei costoni alla ricerca di nidi e l’anima, penso davvero che fosse lei, non finiva di tormentarmi con fendenti freddi e pungenti. Dove l’anima di Chiaramonti si placava era presso il bosco dei frassini, vicino al paese, quando andavo da ragazzo a cogliere i ciclamini. Allora l’anima più antica quasi mi accarezzava, inondandomi di profumi delicati. Quell’antico bosco, relitto dei vasti boschi che coprivano tutto il territorio di Chiaramonti, secondo me, conserva la parte più antica dell’anima del paese che, nella zona abitata, estende la parte moderna, anzi contemporanea. L’anima, infatti, è vasta e complessa, mica possiamo immaginarla come una nuvola estesa, tra quelle che a volte coprono l’alta volta di cielo dell’intera Anglona. A me pare che a tratti, quest’anima assuma le pose di una ragazza poco seria, specie, quando si sdraia nella torre del Mulino a Vento e si affaccia sonnacchiosa osservando quei piccoli uomini che si agitano invano nell’intrico viario. Un giorno mi sono accorto che fa anche le boccacce, quando vede due o tre donne spettegolare a sa Niera. S’imbroncia non appena si lascia andare come una gonna variopinta sul campanile e sul tetto di San Matteo. Io credo che si rattristi, a tratti si adiri, a sentir le mega-frottole che contano i chiaramontesi a s’Istradone sia che si accomodino presso i due bar di quell’emiciclo sia che si gettino come sacchi attorno al circolare gradone del fu, un tempo, fronzuto parco delle rimebranze e ora chiassoso e colorito giardino d’infanzia.
L’anima sembra distrarsi, ma ascolta tutte le panzane che i pochi notabili del paese narrano ai boccaperti ascoltatori o gli anziani, già pastori e agricoltori, vanno rievocando come da servi pastori terachi siano diventati pastori con terreni e case. L’anima si agita e se del caso s’aggrappa ad una nuvola di passaggio e la induce alla pioggia per ripulire l’aria dalle bestemmie e dalle menzogne che qualche mezzano di Satana ha il brutto vizio di vomitare. L’anima di Chiaramonti è, infatti, credente e praticante, e ha in uggia i sedicenti atei che, giunti a morte, vengono portati in chiesa, per sentire da morti la preghiera poco veritiera del prete che dice: “Porta in Paradiso Signore quest’anima che ha creduto in te!”
L’anima del paese è fatta così e noi ne prendiamo atto. Per quanto nella mia vita abbia navigato a destra e a manca, nel bene e nel male, la visione di quest’anima mi perseguita ovunque io vada, a volte mi secca e io la insulto, ma lei non ci fa caso perché sa che senza di lei non potrei vivere.
Sta per giungere la stagione estiva e per tre o quattro mesi, soggiornerò nella casetta del paese e allora l’anima spesso la vedrò all’alba e all’aurora quando si risveglia stradaita come la maja desnuda sulle case della Croce e con le guance rosee, appena scendo nel cortiletto che si apre verso est e verso Putugonzu e mi darà il buongiorno. Più tardi si sposterà verso il bosco dei frassini e si avvicinerà a Chiaramonti, soffermandosi un poco, a salutare le vedove meste che vivono con i loro cari tra il bosco e Caminu ‘e Litu. Poi come al solito, sosta sulla Torre del Mulino a Vento, sulla Chiesa e, infine, spicca il volo verso la misteriosa torre di San Matteo, già, a quanto pare su quella torre meticcia, (mezzo basso medievale e mezzo moderna), l’anima si sente meglio perché proprio lì un giorno dell’anno milletrecentoquarantotto è nata e, a poco a poco, con essa si è esteso il suo corpo, che è poi Chiaramonti con le sue case e il suo vasto territorio e i suoi fantasiosi abitatori.
Commenti
Un grande amore che vive con la sua vigorosa passione nell’animo nobile di Angelino Tedde.
Insegnamento per tutti noi, che spesso, trascuriamo i veri valori della vita.
Giugno 4th, 2011
Grazie, carissimo Luigi, sono convinto che quanto dici ci accomuni nelle emozioni dell’anima e nella ricerca di valori alti e come dici nobili. Il tuo sito e i contenuti dei tuoi scritti e di quelli dei prosatori e dei poeti m’incantano e m’inducono a pensare che ho trovato in te un caro amico del cuore e dello spirito. Un abbraccio. Ange
Giugno 4th, 2011
per me l’anima di Chiaramonti è anche nel tiepido rosarancio delle aurore e nei crepuscoli quando il cielo appare in basso, verso Monte Ledda e Osilo, ancora luminoso mentre, alzando lo sguardo, diviene stellato e notturno
Giugno 6th, 2011
Hai colto nel segno, io l’anima di Chiaramonti, l’ho lasciata sulla torre, per cui ora starà godendosi il tiepido rosarancio delle aurore(…) lasciamola un pò lì, perché non so, ma tra qualche giorno, volando sul vallone tra Monte ‘e cheja e Caminu ‘e Cunvnetu, in mestizia, si sposterà sugli alti cipressi del cimitero, per piangere sulle giovani vite prematuramente stroncate e poi rasserenarsi per coloro che morirono eroicamente o che vissero fino a tarda età nei balzi e nelle colline ridenti pascendo le numerose greggi nel nostro incantevole paesaggio.
Ah come vorrei che tu scrivessi dell’anima medioevale di Chiaramonti e del suo stupore alla vista dei resti delle ville che vanno emergendo. Hai anche la fortuna d’aver visto il suo sorriso e il suo stupore negli occhi di Maria.
Angelino
Giugno 7th, 2011
caro professore
io sono un caso a parte
perchè per mestiere vocazione e passione non posso fare a meno di pensare al passato e al presente, a quanti vissero nel mio paese e in che modo, alle tracce che hanno lasciato
provo sempre una forte emozione quando scopro qualcosa, perchè non sono solo oggetti ma vita vissuta, perciò non amo scavare i cimiteri…
a presto
G
Giugno 8th, 2011