Studi sull’architettura dell’antica parrocchiale di San Matteo in Chiaramonti di Gianluigi Marras

La parte più rimarchevole delle emergenze del sito è costituita dagli imponenti ruderi dell’antica parrocchiale di San Matteo, che occupano l’angolo nord-occidentale del pianoro di Monte Cheja.

Nonostante la solennità delle strutture mancano completamente studi architettonici e stilistici. Purtroppo la veloce degradazione di cui sono state oggetto, con il crollo e lo spoglio di molte murature, rende sempre più difficile la lettura del monumento. E se i recenti restauri hanno avuto il merito di bloccare (o rallentare?) il degrado e di consolidare la fabbrica, conseguenze non altrettanto positive ha avuto per l’analisi stratigrafica degli elevati. L’uso indiscriminato infatti di malte negli spigoli e nei punti di contatto fra i vari elementi architettonici, i rimaneggiamenti effettuati senza alcun rispetto delle tecniche originarie, donano si ai ruderi un candore piacevole a vedersi ma altresì appiattiscono e omogeneizzano le differenze originali.

In ragione di tale inibizione, oltre che della difficoltà dell’esame autoptico ravvicinato di varie porzioni del monumento, quella qui proposta non può che essere un’indagine incompleta e problematica in molti punti.

Si espongono di seguito dapprima una breve descrizione stilistico-architettonica della chiesa e, di seguito, i risultati dell’analisi stratigrafica dell’elevato[1].

Lo studio stratigrafico è stato svolto secondo una campionatura che ha interessato circa il 60% delle strutture. La selezione è stata fatta sulla base di tutta una serie di ricognizioni non sistematiche, che hanno individuato una serie di problematiche e punti da controllare[2].

La chiesa di San Matteo ha posto sin dall’inizio una serie di quesiti di seguito riassunti:

1) Si potevano individuare preesistenze architettoniche?

2) In caso affermativo, erano pertinenti a strutture civili o religiose?

3) Individuazione di eventuali fasi costruttive distinte della chiesa

4) Riconoscimento delle tecniche costruttive

5) Analisi delle dinamiche di cantiere.

6) Cronologie assolute

A indagine, almeno parzialmente, conclusa si può affermare che i punti 1 e 3 hanno avuto una risposta soddisfacente, i punti 4 e 5 una spiegazione limitata mentre per il punto 2 si sono solo potute formulare delle ipotesi non verificabili se non con le tecniche dello scavo stratigrafico. Il punto 6 infine non ha avuto alcuna risposta, a causa della mancanza di qualsiasi indicatore cronologico assoluto.

Ad una prima osservazione il complesso architettonico (CA) è stato suddiviso in undici corpi di fabbrica (d’ora in poi CF):

Planimetria generale
Planimetria generale

§ CF 1, costituito dalla torre campanaria;

§ CF 2, cappella laterale orientale addossata al CF 1;

§ CF 3, cappella laterale orientale a sud di CF 2;

§ CF 4, cappella laterale orientale a sud di CF 3;

§ CF 5, cappella laterale orientale a sud di CF 4;

§ CF 6, la prima cappella laterale occidentale rispetto all’ingresso;

§ CF 7, cappella laterale occidentale, a nord di CF 6;

§ CF 8, cappella laterale occidentale obliterata, a nord di CF 7;

§ CF 9, abside quadrangolare;

§ CF 10, navata centrale della chiesa;

§ CF 11, cappella laterale occidentale rasata, a sud di CF 6.

Descrizione

Il complesso chiesastico di San Matteo è un edificio che attraverso varie fasi costruttive giunge ad avere una sua fisionomia ancora ben riconoscibile[3].

Presenta un’icnografia con grande navata centrale sulla base di un modulo quadrato raddoppiato (21*10 m)[4], sei (originariamente otto) cappelle laterali rettangolari e abside quadrata (lati di 5 m); la copertura era voltata a botte, con cinque arcate di sostegno in conci calcarei, poggianti su lesene e con capitelli all’imposta dell’arco (attualmente si possono leggere fino a questo livello solo le prime due arcate orientali).

Le cappelle erano anch’esse coperte con volta a botte, molto più alta nel CF 2 rispetto alle altre; solo nella prima cappella orientale è conservata l’arcata d’ingresso, a sesto acuto, in lastre calcaree squadrate con capitello quadripartito che si continua all’interno in un listello.

Interno della chiesa

Interno della chiesa

 

Sia la navata centrale che le cappelle erano pavimentate con lastroni in calcare, che presentavano problemi statici anche quando era in uso la chiesa. La pavimentazione, molto sconnessa, è attualmente coperta nel corpo centrale da uno strato di protezione ghiaioso ma è ben visibile nella prima cappella laterale a est, dove si leggono anche quattro sepolture privilegiate[5]. Nell’abside e nell’ambiente di servizio fra questo e la torre si leggono invece due pavimenti differenti, il più antico in piastrelle in trachite, disposte in diagonale rispetto agli assi principali, e al di sopra (solo parzialmente nell’abside) uno strato di cocciopesto, con malta grigia (lisciata in superficie) e minuti frammenti di coppi.

La facciata era a capanna, con paramento regolare di blocchi squadrati, portone a sesto acuto e rosone, abbattuta negli anni cinquanta del novecento perché pericolante. Lo stesso paramento regolare presentava la base quadrata nella torre rettangolare (intonacato era invece il cupolino ottagonale), sulle restanti murature esterne non sono state rinvenute tracce d’intonaco e queste, nelle foto d’archivio, appaiono nude.

L’interno doveva invece presentarsi completamente intonacato in bianco-grigio e, nelle arcate e all’interno delle cappelle, sono ancora rilevabili (nonostante gli scialbi successivi) residui di pittura in rosso e in giallo.

Chiesa San Matteo al monte semiintegra

Testimonianze di decorazione scultorea sono nei listelli modanati delle cappelle orientati, costruiti con coppi frammentari posti di piatto, abbondantissima malta, intonaco e pittura in superficie, nei costoloni che reggevano la crociera dell’abside, che si dipartono da un capitello decorato (l’erosione non permette la lettura della scultura) e nel listello modanato litico, al di sopra di una fascia con ovoli, delle cappelle occidentali.

Vi erano altari, per lo più rasati, in tutti i corpi di fabbrica laterali; il principale era posto davanti all’abside, costruito con elementi litici vari e intonacato in tutte le superfici, al di sotto dell’arcata d’ingresso, costruita in blocchi rifiniti con piccole semicolonne. Gli spazi fra la mensa e l’arco furono poi tamponati, permettendo l’ingresso all’abside solo dall’apertura che conduceva verso la torre campanaria.

Il campanile, a base quadrata e conclusione cupolata ottagonale, aveva due ingressi a sesto acuto, così come i finestroni della cella campanaria, nelle pareti sono invece presenti piccole aperture quadrangolari per la luce.

L’impianto planimetrico rimanda ad un generico contesto di XVI secolo a causa della presenza di grande navata centrale, cappelle laterali e abside quadrata[6], sebbene siano abbastanza rare le volte a botte, sostituite di solito da crociere o volte raggiate.

Ad un ambito seicentesco o più probabilmente settecentesco sembra invece ascrivibile la parte ottagonale della torre; oltre l’esempio del S. Nicola in Sassari (1756), si possono ricordare anche altri vari esempi di questo modello, per esempio S. Pietro a Settimo San Pietro (CA), con ampliamento del 1627[7], Santa Chiara a Cossoine (1729)[8] e S. Andrea a Giave (1701-1786)[9].
Nella tabella si mostra un quadro sinottico delle principali fasi costruttive:

Fase Attività Nome attività
V 

Crollo e spoglio

V.a Spoglio dei blocchi calcarei
V.b Crolli per cedimenti della natura e avvenimenti naturali
V.c Rasatura della facciata
IV Restauri IV.a Distruzione CF 11
IV.b Restauri nella torre
III  

Ampliamenti della chiesa

III.a Obliterazione CF 8
III.b Ampliamento cappelle laterali
III.c Avanzamento della facciata
III.d Costruzione parte ottagonale della torre
II Impianto della chiesa II.a Costruzione torre quadrangolare
II.b Costruzione chiesa con le cappelle corte
I 

I.a

Costruzione struttura con la scala interna

Fase I

Torre campanaria, prospetto est con strutture precedenti.

La parete ovest della torre campanaria è in parte costituita da un’Unità Stratigrafica Muraria (USM 45), alta diversi metri, larga 3,63 m, costruita con elementi litici calcarei non lavorati, con rari inserti di natura trachitica e di arenaria, legati con malta (non è stato tuttavia possibile riconoscere il legante originale a causa degli abbondanti e inopportuni restauri). Tale USM presenta al centro un’incavatura dove era inserita una scala, composta da blocchi calcarei squadrati e sommariamente lisciati (sebbene attualmente molto consunti), disposti a spirali e incolonnati in modo da generare una colonna circolare centrale; di tale scala restano alcuni scalini alla base e tre in alto. A tale muratura si appoggiano a sud USM 46 e a nord USM 43, con in quali è netto il punto di appoggio; meno semplice è, a causa della distanza, riconoscere il rapporto con USM 57, che sembra appoggiarsi in alto e contemporaneamente soffrire di problemi statici. All’USM 45 si legano invece all’interno dell’edificio, verso ovest, altre due murature rasate che sembrano chiudere un ambiente quadrangolare, parzialmente obliterato dalla successiva pavimentazione. Nel prospetto occidentale interno della torre, durante una ricognizione non sistematica[10], si riconoscono, al di sotto dell’USM -47 (la finestra inferiore del prospetto), l’USM 57 e quindi un paramento murario a conci calcarei squadrati, cui si appoggia il conglomerato di malta e litici da cui è attualmente costituito l’ordito murario.

Sembra dunque di poter quindi leggere una struttura precedente all’impianto della chiesa, forse a pianta quadrangolare, con paramento esterno in lastre calcaree squadrate, sviluppata in altezza più che in estensione, che necessitava comunque di una scala interna, del resto del tutto simile a quella interna al campanile, che sembra esserle appoggiata in un momento successivo, forse, alla sua parziale distruzione. Neanche la tecnica costruttiva, pur con tutti i limiti dati dalla difficile leggibilità causata dall’appiattente restauro, pare differire in modo notevole da quella rilevata nel resto della chiesa. Per i motivi sopra esposti non si è ancora giunti ad una conclusione convincenti, ma si propone la presenza nel sito o di una torre campanaria di fase precedente, oppure di una struttura verticale legata alle esigenze del castello.

Fase II- Impianto della chiesa

In questo insieme si sono raggruppate due attività distinte, relative all’impianto della torre campanaria quadrangolare e della chiesa, ipoteticamente sincroniche. Tuttavia proprio nei punti di contatto fra il CF 1 e il resto della chiesa non sono leggibili i rapporti stratigrafici; infatti il punto dove si toccano il CF 1 e il CF 2, è obliterato da USM 15, relativa al momento successivo dell’allungamento delle cappelle. Invece il muro di collegamento fra il CF 1 e l’abside è rasato poche decine di centimetri prima dell’incontro.

Costruzione torre quadrangolare

La torre campanaria (CF 1) è la struttura maggiormente conservata dell’antica parrocchiale; i danni sono rilevabili soprattutto nella parte sommitale, dove è completamente crollato il cupolino e parzialmente rasate le aperture, e all’interno, con il collasso della scala originale (sostituita da una scalinata in metallo).

Pur nell’impossibilità di un controllo diretto, si è preferito distinguere l’impianto della parte quadrangolare da quello del cupolino ottagonale per motivi di tecnica murarie e per confronti stilistici (ad esempio nel San Nicola di Sassari la porzione ottagonale è stata raccordata al campanile romanico, con delle piccole rampe piramidali, in tutto simili a quelle in esame, solo nel 1756[11]).

Le pareti (che misurano 5,70 m) sono costruite con un potente conglomerato di litici (elementi in calcare, trachite, arenaria, ignimbrite e basalto, perlopiù tagliati o sommariamente sbozzati) e malta (costituita da calce, presumibilmente usata a caldo, con inclusi litici di piccole dimensione e raramente di laterizi). All’interno, nel prospetto orientale, rimane inoltre una trave lignea, residuo forse di una fase di costruzione. Il paramento esterno a vista è rivestito da lastre calcaree squadrate e lisciate (con occasionali tracce di martellina), poste a filari regolari in opera pseudo-isodoma, mentre l’interno è lasciato nudo.

Alla torre si accede mediante due porte, l’una ad ovest per entrare direttamente dalla chiesa, e l’altra verso nord, entrambe a sesto acuto, con stipiti e imbotte rivestiti in lastre calcaree. Sono inoltre presenti due finestrelle nella parete occidentale, una a nord e due ad est, quadrangolari, strombate verso l’interno, con architrave squadrato e lisciato e, almeno in un caso, intonacato internamente in rosso.

All’interno del CF 1 era presente una scala con gradini di calcare, a forma trapezoidale, squadrati, posti a spirale (quasi a formare una colonnina centrale) e infilati nella muratura, collassata e sostituita oggi da un’eguale struttura in metallo. Nel duomo di Sassari l’inserimento di una scala a chiocciola in sostituzione di quella lignea si pone nel 1756[12].

Un’ultima informazione sulla costruzione del CF 1 ci può essere fornita dalla presenza in tutti i prospetti (eccetto quello meridionale) di buche pontaie, poste a livelli regolari e solitamente non rinzeppate; in alcuni casi sono rimaste invece tracce della travatura lignea originale (prospetto est USM 12, prospetto nord USM 32).

Gruppo di attività II.b- Costruzione della chiesa

Corpi di Fabbrica 7 e 8 visti dall'esterno

Il primo impianto della chiesa di San Matteo, con ampia navata centrale e otto cappelle laterali quadrangolari, poco profonde, è poco testimoniato dalle attuali strutture, a causa dei notevoli rimaneggiamenti. Resta ad esempio sconosciuto il sistema di copertura, forse con volta a botte, l’altezza originaria della navata e la quota della pavimentazione.

Sono stati riconosciuti come sicuramente pertinenti a questa fase l’abside quadrata (CF 9), parte della parete occidentale della navata centrale (USM 118), la cappella obliterata (CF 10) e le pareti originali del CF 8 (USSM 119, 125).

Sono delle strutture murarie costruite con elementi litici calcarei, trachitici, ignimbritici e basaltici, tagliati o semplicemente sbozzati, posti in modo irregolare, legati con malta e intonacati all’interno. Erano invece costruiti con conci di media e grande dimensione, per la maggior parte in calcare, squadrati, posti alternativamente di piatto e di lungo, gli angolari. Le cappelle hanno ampiezza differente (circa 3,5 m i CF 2, 3, 4, 5, 7, 11e probabilmente il CF 8; 4,5 m il CF 6).

Il CF 8, ad un’osservazione esterna, appare voltato a botte e di altezza molto inferiore alla cappella confinante, cui sembrerebbe talaltro appoggiarsi (ma potrebbe essere anche l’effetto dei restauri, e comunque la distanza impedisce il controllo).

L’abside (con lati quadrati di 5 m) era invece probabilmente coperta con volta a crociera, come sembrano indicare le nervature che si dipartono dall’angolo nord-ovest, e presentava un ingresso con arco, di cui rimangono le imposte.

Fase III- Ampliamenti della chiesa

In questo insieme sono comprese un gruppo di attività che hanno avuto lo scopo di espandere la chiesa. Di queste solo per la III.a e la III.b si può ipotizzare una seriazione cronologica, in quanto il CF 8 non subisce l’allargamento verso l’esterno, mentre gli si appoggia quello del CF 7.

Non è invece possibile, per l’inesistenza di rapporti stratigrafici, fornire un’interpretazione diacronica o sincronica della costruzione del cupolino della torre campanaria, dell’avanzamento della facciata e dell’ingrandimento delle cappelle laterali.

Gruppo di attività III.a-Obliterazione CF 8

Il CF 8 è attualmente visibile solo osservando la chiesa da una posizione inferiore o dall’alto della torre campanaria. Dall’interno dell’edificio è possibile invece notare all’interno della parete un paramento murario caratterizzato dalla presenza di materiale litico eterogeneo per natura e dimensione e dalla maggior percentuale di legante (che appare, forse per ragioni di umidità, più scuro rispetto alle altre strutture). Non è chiaro il motivo per cui la cappella è stata chiusa, non sussistendo problemi statici (che, considerando il poco spazio a disposizione, può essere stato all’origine del suo mancato allargamento) poiché il piccolo ambiente appare ancora integro, né essendoci tanto meno la necessità di ridurre lo spazio. Per tali motivi si preferisce non formulare ipotesi al riguardo, auspicando ricerche documentarie e analisi stratigrafiche che possano eventualmente chiarirne le ragioni e la cronologia.

Gruppo di attività III.b- Ampliamento cappelle laterali

Particolare dell'ampliamento della cappella laterale CF 7

L’ampliamento delle cappelle laterali quadrangolari è documentato con sicurezza per i CF 6 e 7 nella parte occidentale della struttura, e nel CF 2 e 5 in quella orientale; perciò è ipotizzato anche nelle altre cappelle.

La tecnica dell’ampliamento è molto chiara nel CF 7: si tratta di murature costruite da materiale molto vario, compresi anche blocchi di riuso, legato con malta, che si appoggiano al perimetrale nord originario, direttamente sugli angolari. L’angolare della nuova USM è inoltre fabbricato con tecnica differente, ovvero con conci calcarei, trachitici e basaltici posti tutti di taglio.

L’allargamento è quantificato in 2,40 m nel CF 7 (dalla profondità di 2,34 m a quella di 4,57), nel CF 6 ma in 2,70 m nel CF 5, da 2,1 m a 4,75 m.

Allo stesso periodo è probabilmente databile la realizzazione dell’USM 15 che ammorsa il CF 2 alla torre quadrangolare e che impedisce di leggere i rapporti stratigrafici precedenti.

In questo momento la chiesa ha sicuramente l’icnografia conosciuta, con la navata centrale coperta a botte, le cappelle laterali (di differenti dimensioni, profonde 4,5 m a nella porzione ovest e 5 in quella est) anch’esse con volta a botte e l’abside con volta a crociera; probabilmente anche l’elevazione dei contrafforti alla navata centrale posti superiormente alle cappelle risalgono a questa fase.

Le ragioni di questo ampliamento, finora non datato, sono forse da porre nella necessità di spazio oppure semplicemente per l’abbellimento della parrocchia, che viene oltretutto dotata nelle nuove cappelle di un impianto decorativo scultoreo (listelli modanati) e pittorico (tracce di intonaci gialli e rossi).

Gruppo di attività III.c- Avanzamento della facciata

Tale evento è documentato nel prospetto orientale interno del CF 10, poco dopo l’ingresso all’edificio. In questo punto di può distinguere abbastanza chiaramente l’USM 78, cui si ammorsa l’arcata di sostegno della volta (USM 89), con orientamento est-ovest, costituita da elementi (calcare, trachite, basalto) non lavorati (e rari conci), legati con malta; a questa, alla base, sembra legarsi USM 81, che sembra essere un lacerto di struttura muraria, orientata in direzione nord-sud, e in particolare l’angolare, visto l’allineamento verticale di conci calcarei e trachitici, e quindi il proseguimento di un muro in pietrame misto e laterizi.

A queste due strutture si appoggia, a sud, USM 79, il paramento murario più elevato dell’edificio oltre la torre, e parete orientale della navata centrale, costruita in pietre calcaree, massimamente sbozzate, di piccola dimensione, con frequenti inserti di elementi in trachite e basalto di dimensioni maggiori e rari conci (in calcare e trachite) posti in opera in modo irregolare e disordinato. A tale struttura si lega la facciata, USM 80, poco conservata, rivestita all’esterno da lastre calcaree squadrate.

Sembrerebbe dunque evidente un avanzamento della facciata, che originariamente poteva essere costituita da USM 78, sebbene non sia chiaro il significato strutturale di USM 81, che sembra essere la parte finale di una muratura.

Pare anche logico che l’impianto dell’USM 79, sebbene apparentemente legata a USM 78, sia contemporaneo o posteriore all’avanzamento della facciata, perché un costolone di sostegno alla volta è difficilmente posto così vicino all’ingresso; la questione è tuttavia irrisolvibile al momento.

Gruppo di attività III.d- Costruzione parte ottagonale della torre

Secondo la nostra ipotesi di lavoro, già sopra esposta[13], la parte superiore della torre campanaria, a pianta ottagonale e in origine conclusa con cupolino, fu impiantata sopra la base quadrata in un secondo momento, secondo stilemi simili a quelli utilizzati, nel 1756, nel campanile del San Nicola di Sassari[14].

Le due parti sono raccordate, ai quattro angoli superiori della base, da quattro cuspidi semipiramidali, mentre i perimetrali orientati secondo i sensi cardinali sono direttamente poggiati sui perimetrali sottostanti. Tale tecnica è appunto assolutamente speculare a quella utilizzata nel duomo turritano.

La costruzione sembra avere una pianta ottagonale regolare e la tecnica muraria è differente da quella usata nella porzione sottostante, infatti sopra un possente conglomerato, includente elementi litici calcarei e trachitici di piccola dimensione, è steso un intonaco uniforme, costituito da malta lisciata. Ciò si differenzia dalla base quadrangolare che nei punti esposti all’esterno ha in vista sempre il paramento a blocchi squadrati.

Nei quattro lati esposti ai punti cardinali sono aperte quattro grandi finestre, di cui si conservano solo i tre lati inferiori, motivo per cui non si può arguire se fossero rettangolari oppure a sesto pieno o acuto. Tali aperture presentano come stipiti monoliti ignimbritici finemente squadrati e rifiniti.

Un dato cronologico post quem è fornito dalla presenza nel sacco della struttura muraria della torre di un frammento di ceramica marmorizzata pisana, databile alla fine del cinquecento[15].

Si propone dunque come ipotesi guida per prossime ricerche stilistiche e documentarie l’edificazione di questa parte del campanile nel sei-settecento, sulla scia dell’eguale operazione effettuata al Duomo di Sassari e nell’ambito di altre costruzioni a pianta ottagonale di questo periodo[16].

Fase IV- Restauri

In questa fase si sono radunate delle attività di restauro e sistemazione dell’edificio, piuttosto naturali in un’ottica diacronica di utilizzo dell’edificio chiesastico nell’arco di tre/quattro secoli.

Sono attività, allo stato attuale della ricerca, assolutamente non databili se non attraverso la lettura di analogie e dissomiglianze all’interno dello stesso palinsesto. In particolare pone particolari problemi la rasatura del CF 11 nel susseguirsi degli ampliamenti (avanzamento della facciata, ingrandimento delle cappelle) e delle riduzioni (chiusura del CF 8, rasatura del CF 11) di cui è oggetto lo spazio chiesastico. Purtroppo anche per quanto riguarda i punti ora in esame bisogna lamentare l’inadeguata pesantezza delle intromissioni contemporanee, che mascherano e confondono gli interventi antichi e possono anche in questo caso aver indotto all’errore e all’equivoco il ricercatore.

Gruppo di attività IV.a- Distruzione CF 11

Obliterazione e distruzione del Corpo di Fabrica 11

Anche di questo momento rimangono poche prove, site nella parete occidentale della navata centrale. Qui si apriva, 3,3 m a nord dell’ingresso, una cappella laterale simmetrica al CF 5; di tale ambiente rimangono di fatto solo tracce della pavimentazione in lastre calcaree e due lastre del rivestimento dell’arco, uno a sud e uno a nord.In questo corpo di fabbrica si apre una porta con stipiti in conci calcarei e trachitici posti, per quanto si possa osservare, alternativamente di lungo e di taglio.

Del CF 11 non si può attualmente stabilire il momento di distruzione; se il grande blocco di conglomerato dell’UT 13[17] gli fosse collegato, la rasatura sarebbe da porre dopo l’ampliamento delle cappelle.

L’unica sicurezza riguarda comunque la ricontestualizzazione della parete di tamponamento del CF 11, dove viene aperto un ingresso alla chiesa secondario, da ricollegare forse alla possibile presenza di una scalinata[18] poco ad ovest.

Gruppo di attività IV.b- Restauri nella torre

Nella torre, successivamente all’impianto della frazione superiore, si possono notare delle azioni interpretate come rattoppi murari e come restauri antichi, sebbene non siano completamente da escludere manomissioni contemporanee.

Nei prospetti meridionale (angolare est), orientale e settentrionale (angolare est), nei filari più alti della parte ottagonale, sono presenti delle ampie sostituzioni di conci trachitici al calcare, che negli angolari presentano un allineamento verticale perfetto. In tale restauro, in cui i materiali utilizzati sembrerebbero dello stesso tipo degli stipiti delle finestre del cupolino ottagonale, sebbene si utilizzi un materiale differente, si tenta ancora di salvaguardare l’unità intrinseca decorativa del monumento, data appunto dal paramento pseudo-isodomo.

Nel prospetto orientale esterno, a circa 1 m da terra, è presente un ampio rimaneggiamento realizzato con materiali litici sbozzati o semplicemente tagliati (calcare, arenaria, trachite, basalto), posti irregolarmente in orizzontale (senza corsi), legato con abbondante malta (con numerosi inclusi laterizi). Con tale intervento si protesse il sacco interno ma si ruppe sicuramente l’equilibrio decorativo dato dal paramento in lastre calcaree.

Nei prospetti occidentale e meridionale sono invece stati rilevati due rattoppi, legati fra di loro, formati da bozze calcaree o, raramente, in basalto e trachite, di piccola dimensione, poste in opera sub-orizzontale a riparare un lacuna allungata che si estende in tutto il paramento della torre, sia nella base quadrata che nella parte ottagonale. Anche tale riparazione ha interesse a salvaguardare la statica del corpo di fabbrica, ma non ha più interesse a controllare quello decorativo.

Per le ragioni esposte si propone la datazione del primo restauro contestualmente, o poco posteriormente, all’impianto del corpo ottagonale, e in un momento più tardo gli altri due, realizzati da maestranze meno specializzate, specialmente per quanto riguarda i materiali utilizzati, di fattura nettamente meno raffinata.

Fase V- Crollo e spoglio

Dal trasferimento ufficiale della sede parrocchiale alla nuova chiesa di San Matteo (1888) l’azione dei fattori antropici e naturali hanno causato la quasi completa rovina dell’edificio, con la distruzione di pressoché tutte le coperture (fatta eccezione per le cappelle laterali, che però avevano ricevuto danni dalla caduta di fulmini), della facciata, e dei perimetrali esterni delle cappelle[19]. Non si è però trattato di un crollo contestuale, ma del susseguirsi di tutta una serie di eventi, di una lunga serie di usure, che hanno portato la chiesa allo stato attuale, in parte sanato dei recenti restauri. Nei sottoparagrafi seguenti si espongono e analizzano gli accadimenti riconosciuti nel palinsesto architettonico o conosciuti per via orale.

Gruppo di attività V.a- Spoglio dei blocchi calcarei

Tale attività è stata effettuata soprattutto per quanto riguarda i conci squadrati delle torre, della facciata e delle arcate di sostegno della volte. Nella torre sono riconoscibili almeno due ampie lacune di conci calcarei, che mettono in luce il sacco sottostante. I conci venivano distaccati con l’ausilio di tubi metallici, che dapprima scalfivano e poi scalzavano le murature; l’organizzazione del’attività era molto razionale, poiché comportava il lavoro dei cavatori e quindi quello di coloro che trasportavano il materiale edilizio con l’ausilio di carri trainati da buoi, che venivano parcheggiati di fronte alla facciata della chiesa[20].

I conci venivano usati per l’edificazione di case del paese o anche di opere pubbliche, per esempio un muro di contenimento, situato alla confluenza di Via G.Deledda con Via Marconi, dove era una vasca di abbeveraggio del bestiame, è interamente costruito con blocchi di riuso, fra cui alcune decorazioni scultoree.

Gruppo di attività V.b- Crolli per cedimenti della natura e avvenimenti naturali

La posizione della chiesa, particolarmente esposta al vento e agli agenti atmosferici, ha causato dei danni, solo attualmente in parte riconoscibili. La tradizione ricorda in particolare la caduta di molti fulmini con conseguente crollo della parte superiore del campanile e squarci nelle coperture delle cappelle. A fattori statici può essere inoltre dovuto il crollo della copertura della navata centrale e della crociera dell’abside.

Gruppo di attività V.c- Rasatura della facciata

Negli anni cinquanta del novecento il comune di Chiaramonti decise di abbattere la facciata della chiesa[21] perché pericolante, probabilmente per il contestuale crollo del tetto e l’attività di cava con esplosivo in corso negli stessi anni.

Questa è la ragione per la quale del prospetto meridionale dell’edificio non restano che rasature murarie poco elevate, mentre ad esempio il perimetrale est, cui si legava, è conservato per un elevato considerevole.

Note:


[1] Come riferimenti metodologici ancora essenziali Parenti 1987a, Parenti 1987b.

 

[2] Si ringrazia al proposito la dott.ssa Mara Febbraio e il dott. Antonino Meo per un primo inquadramento dell’edificio e per avermi edotto sulla documentazione da produrre; sentiti ringraziamenti vanno altresì alla dott.ssa Maria Cherchi, con cui ho discusso punto per punto i risultati raggiunti, e al sig. Giovannino Falchi, per la sua consulenza, da muratore e cavatore di scuola tradizionale, esperto in vari problemi tecnici e materiali.

[3] Cfr. le descrizioni ottocentesche raccolte in Chiaramonti, pp. 95-98.

[4] Ringrazio di cuore mio fratello Andrea Marras, che mi ha gentilmente aiutato nel rilevare le strutture della chiesa.

[5] La stessa cappella risultava fino ad alcuni anni fa, chiusa all’interno, sfondata all’esterno e conteneva un ossario, poi spostato. Tale obliterazione spiega anche il miglior stato di conservazione di cui gode tuttora. Altre sepolture per bambini erano nel CF 2, mentre abbiamo notizia che i fedeli erano sepolti sotto la pavimentazione della navata e i sacerdoti nel presbiterio.

[6] Vedi esempi in Segni Pulvirenti-Sari 1994, passim.

[7] Segni Pulvirenti-Sari 1994, p.40, sch. 9.

[8] Segni Pulvirenti-Sari 1994, p.42-43.

[9] Segni Pulvirenti-Sari 1994, pp.144-145, sch. 41.

[10] L’ingresso alla torre è reso possibile da una porta solitamente chiusa. Lo scrivente è riuscito a penetrarvi e a scattare alcune fotografie avendola trovata casualmente aperta. In seguito non è stato possibile capire le modalità d’ingresso regolari, e perciò non ha purtroppo avuto luogo l’analisi sistematica.

[11] Naitza 1992, p.54, sch. 7.

[12] Mossa 1988, p.100.

[13] Infra, par. 4.1.2.1.

[14] Naitza 1992, p.54, sch. 7; Porcu Gaias, pp.287-292; Mossa 1988, p.100.

[15] Notizia fornitami dal prof. Marco Milanese, che vide tale reperto nel 1993, prima che fosse obliterato dai restauri

[16] Per esempio la torre campanaria della parrocchiale di Nulvi, datata post 1784, cfr. Naitza 1992, p.163, sch. 41, il tamburo del Palazzo Siviero a Sassari (1776-85), Naitza 1992, p.124, sch. 23, o il campanile della parrocchiale di Ussana, sempre dell’ottocento, Naitza 1992, p.224, sch.59.

[17] Infra, capitolo 3.

[18] Infra, capitolo 3.

[19] In una foto degli anni 20′ del novecento il tetto appare già crollato, mentre sono visibili le arcate di sostegno, la facciata e integra e così il campanile.

[20] Vedi Fonte orale Falchi.

[21] Maxia 1994, p.388.

Commenti

  1. grazie prof di questa opportunità!

    Gianluigi Marras
    Aprile 12th, 2011
  2. Mi associo. E grazie anche a te Gianluigi, per questo lavoro di spessore scientifico: ne avevamo davvero bisogno. Per il contributo culturale a questo paese: come chiaramontese e come dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Nulvi, con Chiaramonti e Martis, non può non farmi un grande piacere; come padre…non ne parliamo!

    Gianni Marras
    Aprile 15th, 2011
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