Per il bene della Nazione – di Antonio La Morte
I partiti di Delbono, di Marrazzo, di Mele e Casini, di Di Pietro, e da ultimo di Fini hanno pienamente ragione a redarguire Berlusconi, per la sua condotta spudorata nell’intimo della sua lussuosa casa di Arcore, di Palazzo Grazioli, di Portorotondo e di Antigua. E in qualunque altra dimora dell’intero orbe terracqueo, Federazione Russa compresa. Le sue frequentazioni debbono essere limpide e, prima di avvicinare qualunque persona, deve provvedere ad una radiografia fisico-storico-sessuale e a tutta una serie di certificazioni mediche e psichiatriche. Ma soprattutto deve stare attento alle lusinghe di giovani prosperose, perché in esse si potrebbero nascondere, nonostante la formosità e lo sviluppo precoce ed esuberante, delle minorenni, anche di 17 anni e 360 giorni. Finché non scattano i 18 anni queste non vanno guardate nemmeno in fotografia. Sempre per il bene della Nazione.
E’ giusto e consigliabile che se ne stia da solo, anche se la moglie intemerata e pudica lo ha abbandonato, e deve stare attento a non fornicare con uomo o con donna. Per il bene della Nazione, deve comportarsi in queste circostanze non solo casto, ma puro. E’ proibita qualunque pratica solitaria e onanistica.
Un uomo che si dedica alla politica dev’essere sposato, possibilmente in chiesa, e una sola volta; dev’essere fedele alla moglie che sposa, altrimenti questa ha il sacrosanto diritto di chiedere la separazione mettendo immantinente in piazza i suoi peccati non solo mortali, ma anche quelli veniali.
Un italiano come Berlusconi, padrone di tre TV e di una holding, essendo ricco sfondato, non ha diritto di partecipare alla vita politica. Si sa che la ricchezza porta verso i vizi e verso la dannazione e soprattutto verso l’impudicizia. Un uomo troppo sazio di beni non può amministrare sobriamente la Nazione e se è chiamato a farlo, una tantum, per carenza di risorse umane, deve farlo con la massima sobrietà possibile: mai dare soldi a nessuno, mai spargere monete come le noccioline americane, l’uomo della Nazione deve essere non solo avaro, ma sordido nella sua avarizia. Si vedano gli esempi preclari summenzionati.
Quest’uomo della Nazione deve poi stare attento a non governare per più di 9 mesi e, solo in casi eccezionali, 18 mesi. Superati i quali sarebbe deleterio per la Nazione visto il numero degli aspiranti a fare il turno a Palazzo Chigi. Tutti i governi che hanno superato i 18 mesi hanno fatto una brutta fine, per volontà della Nazione.
Quei santi uomini non hanno mai offerto a nessuno un bicchiere d’acqua. Offrire alcolici e superalcolici sarebbe pessimo esempio per i pochi bambaucy della Nazione.
I signori summenzionati, essendo andati a lezione dal grande vecchio di Novara, vivono con le propria moglie, non guardano nemmeno in faccia le donne altrui, tanto meno pensano all’adulterio o al ratto delle mogli altrui, per di più sacrilegamente impregnandole, secondo l’uso invalso di un principe da poco estinto e benemerito fondatore del più pudibondo quotidiano della Nazione il cui ormai defuntorio editorialista si è ridotto alla fame, coltivando come vizietto soltanto la barba che spesso profonde nei suoi appunto barbosi editoriali.
I magistrati, donne e uomini intemerati e dalla condotta irreprensibile, casti, sobri quanto e più dei santi padri e delle sante madri del deserto (si pensi a San Gerolamo e a Santa Caterina d’Alessandria) hanno pienamente ragione a collocare cimici e microspie per controllare le pulsioni libidiche di un uomo politico che, lo si dica una volta per tutte, dev’essere intemerato e d’esempio alla Nazione per lo stile di vita, per i pensieri, le opere e la mancanza di omissioni.
Non sono forse nelle mani dei procu le nostre anime e i nostri destini? Non sono forse i magistrati che ci guidano nella città terrena e che c’insegnano la morale civile e oserei dire quella religiosa? Non sono essi i nostri amati Iatollà, in primis i procu della Repubblica?
Con animo lieto e spirto sereno ci dobbiamo affidare a questi santi uomini, che sanno molto bene come ci si deve comportare. Oggi possiamo dirlo a voce alta, le Procu (ci si passi anche quest’abbreviazione) sono i templi dell’intemeratezza. Mai un’azione malvagia, mai lascivia e impudicizia, mai impatti osceni nel tempio della Giustizia che con la spada sollevata rammenta loro la fedeltà alla legge scritta e non scritta.
Concludendo ci pare giusto che il fellone summenzionato venga spiato, indagato, frugato, in corporee in cute, in portafolio et in currentibus bancaris e finalmente processato con rito abbreviato e condannato perché si penta d’essersi arricchito, d’essersi dato alla politica, ma soprattutto d’essersi dato all’impudicizia che è il danno più grave che egli abbia procu-rato alla Repubblica! O meglio alle due Repubbliche!
Giolitti è stato condannato dalla storia, Craxi, quell’altro spudorato. ha dovuto esiliarsi, e Berlusconi che, nonostante i gravi peccati permane a Palazzo Chigi, venga condannato e arrossisca davanti ad un popolo imbecille e di 13 milioni di cretini che l’hanno votato con leggerezza e si decidano a transitare i voti al partito di Delbono, Marrazzo, Fini, Mele e Casini, e soprattutto di Di Pietro, già Jatollà e procu del diritto, oggi sacro rappresentante del popolo. Anche lui sposato, una sola volta e in chiesa! Uomo dalla semplicità e limpidezza cincinnatesca che, ha finalmente, licenziati, per il bene della Nazione, anche i congiuntivi, inutili orpello di una Repubblica fondata sul Lavoro (inchino!) e non sull’imprenditoria! Cribbio e, se volete, sommessamente, per Bacco!