Categoria : storia

Quattrocento anni fa moriva a Valencia l’arcivescovo Juan de Ribera. Semplice il volto e profondo il pensiero di Vicente Cárcel Ortí

Il 6 gennaio 1611 moriva a Valencia Juan de Ribera, dopo essere stato per 42 anni arcivescovo di questa città. Nato a Siviglia nel 1532, figlio di Pedro Enríquez y Afán de Ribera, duca di Alcalá e marchese di Tarifa, compì gli studi canonici, di arte e teologia, nell’università di Salamanca, dove ebbe come professori i grandi maestri del tempo: Domingo de Cuevas, Pedro de Sotomayor, Domingo de Soto e Melchor Cano. Ordinato sacerdote e conseguita la laurea in teologia, mantenne una stretta amicizia con i domenicani e i gesuiti e un rapporto epistolare con san Juan de Avila.

Il padre fu nominato viceré di Napoli e mantenne sempre rapporti cordiali con Pio IV. Fu proprio questo Papa a nominare Juan vescovo di Badajoz nel 1562, a meno di trent’anni, con una dispensa dall’età canonica per ricevere la consacrazione episcopale. Entrò prestissimo in contatto con fra Luis de Granada, che lo mise a sua volta in contatto con san Carlo Borromeo, con il quale ebbe uno scambio di lettere sul comune impegno ad applicare la riforma del concilio di Trento. San Pio V ebbe in grande considerazione il giovane vescovo di Badajoz e nel concistoro del 30 aprile 1568 gli concesse il titolo di patriarca di Antiochia. Due mesi dopo lo nominò arcivescovo di Valencia.

La riforma del clero fu il tema fondamentale del ministero di Juan de Ribera. Nella sua azione favorì gli ordini religiosi contribuendo alla fondazione delle agostiniane scalze e della provincia cappuccina di Sangre de Cristo. Filippo III nel 1602 lo nominò viceré e capitano generale di Valencia, incarico che seppe svolgere con maestria, reprimendo il banditismo e la corruzione. Il rapporto di Juan de Ribera con i mori racchiude vari e controversi aspetti, essendo la “questione moresca” uno dei temi più appassionanti della storia della Spagna e uno dei più studiati.

Per il culto solenne al Santissimo Sacramento fondò il Real Colegio Seminario de Corpus Christi (detto Collegio del Patriarca), uno dei monumenti più importanti dal punto di vista artistico e culturale della città di Valencia. Il patriarca per il suo Collegio volle imitare il Palazzo della Cancelleria di Roma e cercò di riprodurne la forma architettonica, con la chiesa incorporata nello stesso edificio, come quella di San Lorenzo in Damaso.

Questo Real Colegio e il culto sontuoso della sua cappella, tanto elogiati da Baltasar Gracián, hanno perpetuato fino ai nostri giorni la memoria del patriarca, al quale fra Luis de Granada dedicò la Vida del maestro Ávila.

I grandi pittori del suo tempo – El Greco, Il Divino Morales, Ribalta e Sariñena, fra gli altri – ci hanno lasciato ritratti del suo volto genuino, dai nobili tratti, anima austera e splendente. Ma la sua disposizione spirituale, la profondità del suo pensiero, la sua stupefacente conoscenza della Sacra Scrittura e dei Padri cominciarono a essere scoperti a motivo della sua canonizzazione, dopo la pubblicazione in sette tomi dei suoi Sermones, editi a Valencia da Edicep.

Pio VI lo beatificò il 18 settembre 1796. Giovanni XXIII, che lo canonizzò, commentò così nel suo diario: “12 giugno (1960). SS.ma Trinità. Canonizzazione di San Giovanni de Ribera, Arcivescovo di Valencia. La cerimonia in San Pietro è riuscita solennissima. Io pronunciai l’omelia in latino sul testo preparato dal nuovo Segretario Mons. Amleto Tondini. Buon latino, però con tutti i verbi in fine di periodo. Nel pomeriggio vibrante ritrovo dei pellegrini spagnoli nell’Aula delle Benedizioni. Io lessi poche parole in lingua spagnola. Un finimondo di letizia e di entusiasmo religioso. Veramente edificanti. Poi ricevetti nella mia Biblioteca tutti i Cardinali, Arcivescovi e Vescovi spagnoli. Grande e nobile incontro con onore, con affetto, con vivo entusiasmo. Che il nuovo Santo mi protegga. Ho unito stamane il suo ritratto coi Santi Pastori di anime, S. Carlo (Borromeo) e S. Gregorio (Barbarico), che mi sono familiari. Faustissima dies” (Pater amabilis. Agende del pontificato, 1958-1963, Bologna 2007, p. 126).

In un’altra pagina del suo diario, Giovanni xxiii annotò la frase di Juan de Ribera: “Per una legge naturale dello spirito, chi possiede la santità raccoglie molto spesso la fiducia di tutti” (ibidem, p. 62). Sappiamo inoltre che il Papa aveva a sua disposizione gli scritti del nuovo santo, preparati dalla Postulazione della Causa, e che in seguito ricorse alla biografia critica scritta da Ramón Robres, professore di storia ecclesiastica del Seminario metropolitano di Valencia (San Juan de Ribera, un obispo según el ideal de Trento, Barcellona, 1960). Questa opera fu consegnata personalmente al Papa dall’autore durante la cerimonia di canonizzazione. Nel discorso rivolto ai pellegrini spagnoli il beato Giovanni XXIII disse: “San Juan de Ribera è parte integrante della magnifica costellazione di santi della feconda terra ispana” (Discorsi, messaggi, colloqui del Santo Padre Giovanni XXIII, II, p. 412) poiché mantenne rapporti con molti del suo tempo: Luis Bertrán, Francisco de Borja, Pedro de Alcántara, Pascual Bailón, Alonso Rodríguez, Teresa de Jesús, Roberto Bellarmino e Lorenzo da Brindisi. Il Papa sottolineò “l’intimità epistolare del nuovo santo con san Carlo Borromeo, la cui figura ci è tanto familiare perché celebrò sinodi, edificò chiese e si dedicò alla vera riforma della Chiesa. Dai modelli di questi due santi, diceva Padre Luis de Granada, dovrebbero farsi guidare tutti i prelati della Cristianità”, e chiese la loro intercessione “per celebrare con frutto il Concilio Vaticano II, al quale abbiamo consacrato quello che il Signore ci concederà di vita” (ibidem, p. 413).

(©L’Osservatore Romano – 6 gennaio 2011)

Commenti sono sospesi.

RSS Sottoscrivi.