Novella ad una figlia, ad una nipotina negata – di Ange de Clermont
A mia nipotina Beatrice T.
Il tuo nome potrebbe essere Beatrice, Alice, Marta o Maria, non importa. Chiunque voi siate avete in comune una ferita anzi più ferite, quella del padre e dei nonni negati. A voi non è dato come a molti fanciulli o adolescenti di frequentare e di specchiarvi negli occhi dei vostri padri e nonni. Madri tiranne e leggi inique hanno deciso per voi l’amore negato per il padre e l’amore dolce dei nonni. Siete le vittime di questo secolo iniquo, siete le vittime di madri stolte e malvage che credono di volervi bene, ma che vi privano dell’amore più naturale e legittimo al mondo, quello del padre e quello dei nonni. Vi racconterò solo una di queste favole tristi.
Il suo nome era Marta e fino ai cinque anni aveva potuto godere delle carezze del padre e della madre ad un tempo, dei nonni paterni e degli zii, ma un bel giorno una madre che potrebbe definirsi folle si appropriò del frutto di un amore che era stato del padre e della madre e decise di limitare ad una breve telefonata l’incontro tra padre e figlia, per qualche anno, ma poi, con l’aiuto di uno psichiatra ammattito dal denaro, travolto dall’essere nell’elenco dei dipendenti costanti della ditta di una famiglia suonata come una campana bucata, il clan folle decise la morte di un padre, la morte degli altri nonni. Non vollero capire ragioni, non vollero amare di un amore sincero la piccola e grazie a mammona riuscirono a corrompere tanta gente e ad appropriarsi di una bambina il cui sguardo divenne sempre più malinconico e più triste. In attesa della riscossa futura, la bimba si addormentò ogni notte versando una lacrima per la carezza del padre negato, dei nonni negati. Affidò il suo acerbo dolore al suono d’una chitarra. Solo la luna capì le note tristi che dalle corde partivano verso il padre verso i nonni lontani. Un giorno, grazie alla complicità del vento, quelle note divennero parole che varcarono i monti, il mare e giunsero al cuore del padre. Le parole, trasportate dal vento, dicevano: – Padre mio dolce, nonni miei cari, come faccio a dimenticarvi? Il vostro sangue scorre nelle mie vene. Il colore della mia pelle e dei miei capelli è il vostro. La passione per la chitarra è quella che avevi tu, padre mio dolce, le note sono le tue ed io per te le invio col vento che nessuno potrà mai imprigionare così come qualcuno con crudeltà ha voluto imprigionare il mio cuore.- Due grandi lacrime rigarono il volto della fanciulla, dal padre e dai nonni, negati.