Berlino e la moneta unica. La dura legge del Bund di Luca M. Possati
Scettica, come non lo era mai stata. La Germania di Angela Merkel, centro propulsore di un nuovo boom economico grazie a una crescita che sfiora il quattro per certo, naviga da sola nella tempesta della crisi. E mentre Spagna, Portogallo e Irlanda ammainano le vele, il cancelliere non ci pensa due volte prima di dire che “l’euro si trova in una situazione eccezionalmente seria” e “chi guadagna con i bond deve assumersi dei rischi”. Parole che non sono piaciute ai mercati, criticate da Bruxelles e poi ritrattate o corrette. Fatto sta che la moneta unica ha registrato pesanti cali con effetti destabilizzanti. C’è da chiedersi quanto pesi ormai l’Europa nelle priorità della Germania.
L’euroscetticismo tedesco è motivato, in parte, dall’incertezza della situazione: nessuno sa quanto si allargherà il contagio dei debiti pubblici in Europa. Nel maggio scorso, quando la Banca centrale europea aveva deciso di iniziare ad acquistare titoli di Stato dei Paesi membri per stabilizzare i mercati finanziari, Axel Weber, presidente della Bundesbank e membro del consiglio direttivo dell’istituto centrale, aveva dichiarato apertamente il proprio dissenso spiazzando i vertici dell’Eurotower.
La verità è che i tedeschi non vogliono vedere i loro sforzi vanificati dalle inadempienze altrui. Per questo il Governo Merkel insiste nel sostenere l’approvazione a livello comunitario di un meccanismo anticrisi molto più rigido di quello attuale. Un meccanismo che includa sanzioni automatiche e la partecipazione dei privati nei salvataggi dei Paesi indebitati. È una battaglia fondamentale per una coalizione liberal-conservatrice che stenta a decollare sul piano delle riforme interne e che cerca di accaparrarsi il favore dell’opinione pubblica. La caduta del Governo di Amburgo, formato dal partito della Merkel (Cdu) e dai verdi del Gal, è un eloquente segnale d’allarme. Ma la Cdu rischia di avere difficoltà ancor più gravi nel Baden-Württemberg in cui si vota il 27 marzo e il partito rischia di essere estromesso dal Governo dopo 53 anni di leadership incontrastata.
Le imprese tedesche vendono in tutto il mondo: l’export rappresenta ormai il quaranta per cento dell’economia. E la recente intesa con la Russia – raggiunta nel corso della visita di Putin a Berlino – in vista dell’apertura di un’area di libero scambio tra i due Paesi apre scenari inediti. Ma la vera marcia in più della Germania sta nei tassi d’interessi ai minimi termini. Ciò consente a Berlino di finanziare il debito risparmiando, a differenza della maggior parte degli altri Paesi europei. La forza del Bund, simbolo di stabilità, attira investitori con tassi molto bassi.
Immaginando il peggiore scenario possibile, se il contagio del debito dovesse allargarsi, Berlino rischierebbe di trovarsi a correre da sola, ma con un’enorme palla al piede. È questa anche l’ipotesi dell'”Indipendent”, che in un articolo si diverte a fissare la data della fine dell’euro per il 16 settembre 2011 alle ore 11.11. Chi sancirà il trapasso? “Tre giudici tedeschi di mezza età, appartenenti alla corte costituzionale di Karlsruhe”. Motivazione? “È anticostituzionale per il Governo tedesco continuare a finanziare il resto dell’Europa in quanto questa monetizzazione del debito extraterritoriale viola la legge della Repubblica federale”. Solo fantapolitica?