I nobel per la chimica. Se Pallade aiuta gli architetti delle molecole di Maria Maggi
Il vero protagonista dei Nobel quest’anno pare essere il carbonio. Se il premio per la fisica era andato agli inventori del grafene, materiale formato da uno strato sottilissimo di atomi di carbonio, quello per la chimica è toccato a Richard Heck, Ei-ichi Negishi e Akira Suzuki per avere sviluppato metodi innovativi per legare gli atomi di carbonio, utilizzando il palladio, in composti molecolari, che hanno avuto applicazioni in medicina, in agricoltura e nell’elettronica.
Richard F. Heck, statunitense, nato nel 1931 a Springfield, è professore emerito all’università del Delaware, a Newark. Ei-ichi Negishi, giapponese, nato nel 1935 a Changchun (in Cina, allora possedimento nipponico), insegna alla Purdue University, a West Lafayette, in Indiana. Akira Suzuki, giapponese, nato nel 1930 a Mukawa, è professore emerito alla Hokkaido University, a Sapporo.
Il carbonio è diffusissimo in natura. Il palladio, invece, è assai raro: scoperto da Wollaston, che nel 1804 lo isolò da minerali platiniferi, porta il nome della dea greca Pallade. Il carbonio esiste allo stato libero in più forme allotropiche (diamante, grafite, carbonio amorfo o carbone), entra in minerali e rocce (calcite, marmo, dolomite, siderite), si trova nell’aria come anidride carbonica, in combinazione con l’idrogeno forma i petroli ed è il primo componente di tutte le sostanze organiche. Il suo ruolo è cruciale: tutte le sostanze vegetali e animali lo contengono.
La motivazione del premio, appunto, riguarda “lo sviluppo di metodi innovativi e più efficienti per unire gli atomi di carbonio e sintetizzare molecole complesse”. Heck, sfruttando il palladio come catalizzatore chiave, ha messo a punto nel 1968 la reazione chimica che porta il suo nome riguardante i legami carbonio-carbonio nella sintesi organica; Negishi nel 1977 ha usato anche composti di zinco facilitando la reazione e, due anni dopo, Suzuki ha scoperto che composti di boro miglioravano ulteriormente la funzione catalizzatrice.
I tre premiati sono una sorta di “architetti delle molecole”. Sono infatti riusciti, utilizzando gli atomi di carbonio come mattoncini, a comporre nuove molecole adatte alla realizzazione di farmaci, come antinfiammatori o antitumorali, a costruire materiali oggi utilizzati nella vita di tutti i giorni, come alcune forme di plastica, o anche nell’industria elettronica. Basti pensare che il venticnque per cento dei farmaci, che sono sintetizzati attualmente, usano una di queste reazioni.
Non è così semplice mettere insieme atomi di carbonio, dato che questi possiedono una grande stabilità, condizione che rende difficile farli reagire chimicamente. Dapprima il metodo più seguito fu quello di impiegare alcune reazioni chimiche per rendere il carbonio più reattivo. Questi sistemi funzionavano abbastanza bene, ma erano efficaci solo nella costruzione di molecole molto semplici, mentre non si riusciva a realizzare strutture più complesse. L’apporto fondamentale degli scienziati premiati ha riguardato lo studio di una particolare reazione di chimica organica, chiamata “accoppiamento ossidativo incrociato” catalizzato dal palladio, che ha consentito di realizzare composti più complessi.
(©L’Osservatore Romano – 8 ottobre 2010)