La collaborazione fra donne e uomini nel Nuovo Testamento di Lucetta Scaraffia
Se sono state le studiose le prime a guardare con attenzione al ruolo delle donne nei testi sacri del cristianesimo, oggi questo filone di studi – per fortuna – è entrato anche nell’interesse degli studiosi, talvolta con risultati sorprendenti. Un esempio felice di questa nuova positiva realtà è un piccolo libro del teologo e biblista Damiano Marzotto (Pietro e Maddalena. Il vangelo corre a due voci, Milano, Ancora, 2010), dedicato alla collaborazione fra donne e uomini nel Nuovo Testamento. Il volume contiene tre saggi: sul celibato di Gesù e la verginità di sua madre, sul ruolo di Maria e delle altre donne che Gesù incontra nei vangeli, e per finire sulle figure femminili presenti negli Atti degli apostoli, indagate con grande finezza e originalità.
L’autore infatti è ben consapevole dell’originalità e della importanza del ruolo femminile di cooperazione al processo di evangelizzazione, e ne sottolinea il peso centrale in svariati episodi, in particolare nel mistero della morte e resurrezione di Cristo. La continuazione della missione salvifica degli apostoli e la non interruzione del rapporto con il maestro durante il dramma della crocefissione e della sepoltura sono state possibili infatti grazie alla continua presenza delle donne al suo fianco, “perché le donne hanno avuto la forza e il coraggio di seguire Gesù fino alla morte in croce, non staccandosi da Lui neppure dopo la sua sepoltura”. Quindi, anche se agli apostoli è affidata la missione di evangelizzare il mondo, essi hanno bisogno della fedeltà delle donne che attraversa la notte per non perdersi.
Nei testi canonici, per tutti e quattro gli evangelisti le figure femminili sono determinanti proprio perché “la fecondità di Cristo non si realizza senza una stretta associazione di alcune donne al ministero della redenzione, della rigenerazione dell’umanità”. Di conseguenza, il celibato di Gesù non è visto come una rinuncia, ma come la proposta di una forma più profonda di rapporto con le donne, che ne valorizza la differenza.
Se nessuno dubita quanto sia fondamentale il ruolo della madre Maria, che con la sua richiesta a Cana provoca il primo raduno di credenti intorno a Cristo, altrettanto importante è stato quello della Samaritana “nell’avvicinare al Salvatore del mondo le primizie della mietitura escatologica, i suoi concittadini che hanno creduto in lui attraverso la sua parola”; ed essa “d’altra parte ha anticipato questo movimento di fede andando per prima ad attingere alla fonte, che zampilla per la vita eterna”.
Altre due donne, Marta e Maria, hanno il compito di accelerare il compimento degli eventi della salvezza, e anch’esse precedono nella fede gli abitanti di Betania perché si mettono per prime in cammino verso Gesù, riconoscendolo. C’è quindi un ruolo “di provocazione e insieme di anticipazione da parte della donna” che rivela “una compartecipazione originale” fra Gesù e le figure femminili dei vangeli, indicando così la possibilità di una relazione significativa fra uomo e donna al di là della relazione sponsale.
Particolarmente innovativa è la lettura proposta delle figure femminili negli Atti degli apostoli, dove lo studioso individua nelle donne che offrono ristoro e accoglienza ai principali protagonisti del libro di Luca appena usciti dalla prigionia – a Pietro prima e a Paolo poi – un modello di accoglienza, e insieme una spinta alla nuova partenza per la missione. La presenza delle donne, quindi, sembra favorire “l’apertura universalistica” di cui esse sembrano capaci di cogliere in anticipo il dispiegarsi, e la loro funzione di accoglienza e ospitalità offre le condizioni ideali per il dispiegarsi della grazia, come dimostrano tante conversioni.
Se una studiosa attenta come Marinella Perroni ha giudicato meno significative le figure femminili presenti negli Atti degli apostoli, il biblista ne rivela invece l’importanza e la ricchezza simbolica, offrendo quindi un nuovo rilevante contributo alla discussione sul ruolo delle donne nella vita della Chiesa. Non è poi senza significato il fatto che monsignor Marzotto Caotorta, attuale sottosegretario della Congregazione per la dottrina della fede, abbia colto questi aspetti. A differenza infatti della teologa italiana, interessata soprattutto a rintracciare ruoli ministeriali precisi nelle figure femminili presenti nel Nuovo Testamento, lo studioso si è dimostrato più libero nella ricerca. A conferma del fatto che non sempre il cosiddetto punto di vista di genere è garanzia di una comprensione più profonda.
(©L’Osservatore Romano – 22 agosto 2010)