Florenskij, nozze mistiche tra fede e scienza di Marcello Veneziani
Tornano le opere più importanti del filosofo e sacerdote russo fucilato nei gulag nel 1937 perché anti-materialista. La sua figura e i suoi scritti dimostrano come si possano conciliare i dogmi religiosi con i principi della matematica meriterebbe di esistere Dio, la Verità e la Santissima Trinità e meriterebbe che la fede fosse davvero la via della salvezza eterna, anche solo per coronare la vita, la morte e il pensiero ardente di Pavel Florenskij, filosofo, matematico e sacerdote. Non merita di perdersi nel nulla e nel vuoto una vita eroica così spesa, una tensione di pensiero così potente e incandescente, un amore così colmo di sacrifici e dedizione come quello che riversò Florenskij scommettendo tutto se stesso sulla verità. Sarebbe un peccato mortale subito dall’uomo, uno spreco divino, vanificare la vita e il pensiero di Florenskij; sarebbe un oltraggio imperdonabile alla pietà e all’intelligenza umana e divina.
La mente eroica di cui parlava Vico si incarna nel filosofo, scienziato e mistico russo, fucilato nell’Unione sovietica nel giorno dell’Immacolata, nel 1937, dopo anni di gulag. Ho davanti agli occhi la ristampa recente de La colonna e il fondamento della verità di Pavel Florenskij (San Paolo, pagg. 816, euro 64), il ponderoso capolavoro pubblicato nel 1914 e uscito la prima volta in Italia nel 1974 grazie a Elémire Zolla e Alfredo Cattabiani, che allora dirigeva la Rusconi libri. L’edizione italiana precedette anche quella russa del 1990, dopo la caduta del Muro. Colpisce in copertina il suo sguardo metafisico, i suoi occhi sono il riassunto esistenziale della sua fede e del suo pensiero, guardano dentro e altrove.
Fa impressione in questo testo il suo lucido e implacabile argomentare scientifico e matematico, il rigore della sua filosofia, la vastità della sua cultura, uniti a una fede assoluta in Dio, nel dogma trinitario, e una totale devozione alla Madonna. Lui presbitero della Chiesa ortodossa, padre di cinque figli e insieme autore di importanti scoperte scientifiche. Al punto da essere costretto dal regime comunista a continuare la sua ricerca scientifica tra lavori forzati, torture e gulag. Ma come egli stesso scrisse: «Il destino della grandezza è la sofferenza, causata dal mondo esterno e dalla sofferenza interiore».
Eppure Florenskij, nato in Caucaso il 1882, proveniva da una famiglia laica, di cultura positivista, e approdò con gli anni alla fede in Cristo e in Dio, quando discese in lui lo Spirito Santo, come amava dire, conservando tuttavia «la carnalità del pensiero» e l’attitudine alla matematica e alla fisica. Ma Florenskij visse tra antinomie fortemente marcate e le teorizzò alla luce della fede e del pensiero. A cominciare dalla prima radicale antinomia: «La verità è irraggiungibile – non si può vivere senza la verità». Arrivando a scegliere la Verità indipendentemente se sia possibile: «Io non so se la Verità esista o meno, ma con tutto il mio essere sento che non posso farne a meno, so che, se esiste per me è tutto: ragione, bene, forza, vita, felicità. Forse non esiste ma io l’amo più di tutto ciò che esiste… Metto nelle mani della verità il mio destino».
L’opera di Florenskij è percorsa dal pensiero simbolico («Per tutta la vita ho pensato a una sola cosa… il simbolo»), dal valore magico della parola, della bellezza e della liturgia e dal valore sacro della memoria, che è la presenza nel tempo dell’eternità. A cominciare dalla memoria dell’infanzia, che per Pavel aveva il duplice incanto di percepire integralmente la realtà e insieme di penetrare nella favola profonda del mondo. Il segreto della genialità, sosteneva, sta proprio nel saper custodire la disposizione d’animo dell’infanzia.
Da Il Giornale del 23 giugno 2010
www.ilgiornale.it
Commenti
Oggi che la discussione tra fede e scienza è più attuale che mai abbiamo ritenuto opportuno riprendere quest’articolo del giornalista succitato come stimolo alla riflessione dei nostri lettori.
Giugno 23rd, 2010