Giovanni Battista Lomellini (1670-1733) di Giuseppe Zichi
Pubblichiamo volentieri il profilo di un vescovo algherese del Settecento interessato all’alfabetizzazione dei fanciulli della diocesi. Autore del profilo è il prof. Giuseppe Zichi, professore, a contratto, di Storia del Risorgimento presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Sassari. Di nostro abbiamo aggiunto il suo episcopato a Saluzzo così come viene descritto nel sito storico della diocesi.
( A. T. )
Giovanni Battista Lomellini nasce a Carmagnola, in Piemonte, il 12 marzo 1670 da nobile famiglia. Frate domenicano dell’Ordine dei Predicatori e maestro in Sagra Teologia, fu parroco e poi priore nella Chiesa della Minerva a Roma; rivestì inoltre l’incarico di penitenziere nella chiesa di Santa Maria Maggiore della stessa città. Il 16 aprile 1726, secondo il sistema del Regio Patronato, Benedetto XIII su proposta del Re di Sardegna Vittorio Amedeo II, gli affidò la cura della diocesi di Alghero consacrandolo nella Cappella di S. Pio V in Vaticano. Appare opportuno ricordare che il pontefice, come scrive Damiano Filia ne La Sardegna Cristiana, avrebbe preferito innalzare alla sede vescovile un romagnolo, avuto come vicario generale in Benevento, ma il marchese d’Ormea fece pressione per destinarvi il domenicano Giovanni Battista Lomellini.
Il punto più alto dell’episcopato algherese del presule fu raggiunto l’8 aprile 1728, con la convocazione nella diocesi di un Sinodo, al quale convennero numerosi sacerdoti e membri del clero cittadino. Gli atti, stampati a Cagliari nel convento dei domenicani con il titolo di “Constitutiones synodales dioecesis algaren, et unionum editae ab […] Fr. Joanne Baptista Lomellini Algaren”, erano – come afferma lo storico Pietro Martini – “un documento perenne di quanto egli operasse per la riforma degli abusi e specialmente per il miglioramento dell’ordine clericale, non che per istabilire un buon accordo col potere civile, e per surrogare la dolcezza delle maniere delle antiche asprezze”. Il fine che, con la convocazione del Sinodo, il presule intese raggiungere fu il miglioramento del decoro e della culturale del clero; importanti direttive vennero impartite in quell’occasione ai parroci della diocesi che si sarebbero dovuti adoperare per garantire ai fanciulli dei loro paesi, maestri “qui legere, scrivere, computare, grammaticam, doctrinam, optimos mores, […] eos doceant”. L’impegno del presule algherese si rivolse, inoltre, verso la promozione di una scuola di stampo popolare; mons. Lomellini propose la devoluzione a favore dei precettori dei frutti ricavati dalle cappellanie e legati pii esistenti nei villaggi. L’istruzione cristiana e liturgica fu alla base del progetto di scolarizzazione da lui ideato. Durante il suo breve episcopato algherese, notevole fu l’impegno pastorale profuso dal vescovo piemontese.
Il fine principale che egli intese raggiungere fu l’elevazione del sentimento religioso del popolo che doveva essere sensibilizzato alla devozione verso le chiese e all’assunzione di atteggiamenti più decorosi nell’espressione della propria fede. Il rispetto dei sacramenti si doveva porre, secondo le intenzioni del vescovo, alla base della vita di ogni cristiano. All’interno del programma pastorale ideato da mons. Lomellini, il culto della Vergine Maria acquisiva un significato particolare; i fedeli algheresi si dovevano affidare, secondo il vescovo, alla protezione ed alla preghiera della Santa Vergine. Sarà solo nel 1854, che Papa Pio IX proclamerà il dogma dell’Immacolata Concezione.
Il presule non effettuò, durante il suo episcopato algherese, nessuna visita della diocesi a causa delle precarie condizioni di salute; vi supplì – tuttavia – con un efficace impegno, profuso nella pubblicazione di sette lettere pastorali. I punti sui quali, in sintesi, egli si soffermò erano quelli dell’onestà e del celibato dei chierici, l’osservanza dei festeggiamenti religiosi e della quaresima, l’importanza del sacramento della confermazione, delle ordinazioni religiose e la riverenza dovuta alle chiese. All’analisi di quest’ultimo punto mons. Lomellini diede un’importanza particolare in un suo editto, pubblicato in appendice al Sinodo diocesano, nel quale il presule s’impegnava al mantenimento dell’ordine e del decoro pubblico vietando i balli, i giochi, i canti e gli spettacoli nei giorni festivi; in tal senso si era espresso, anche, il Concilio Provinciale Turritano celebratosi nell’anno 1633. Notevole fu l’interessamento del vescovo a favore dell’abbellimento della chiesa cattedrale di Alghero.
Il papa Benedetto XIII, su proposta del re Vittorio Amedeo, il 17 agosto 1729 lo trasferì alla chiesa di Saluzzo dove diede inizio al suo ministero episcopale il 20 novembre dello stesso anno. L’esultanza del clero, della municipalità e dei fedeli fu grande. Per la circostanza il medico Randone di Garessio gli dedicò un’ode in cui, paragonando il fiume Po col Giordano diceva:”Il vanto del Giordano / il Pado acquista / santificar mi può Pastor pio / che se fiume son io, Egli è il Battista”. Se fu ricco di grandi doti e carismi, la sua vita domestica e privata era molto povera, tanto che i canonici, tramite l’abate Dampillione e il canonico Derossi, il 22 dicembre 1729 gli fecero un’elargizione di 200 lire. Mons. Lomellini il 31 maggio 1730 diede inizio alla prima visita pastorale, limitata alla zona dell’albese; nel 1731-32 alle parrocchie della Valle Varaita. Il 20 novembre 1730, in conformità alle disposizioni impartite da Carlo Emanuele III, secondo le quali tutti i nobili, i rappresentanti delle comunità, i pubblici ufficiali, i vescovi del regno dovevano convenire nel duomo di Torino per prestargli giuramento di fedeltà, il vescovo adempì a questa richiesta. Nel 1731 ebbe attenta cura per il seminario, avvalendosi della volontà del fondatore, l’abate Francesco Agostino dei Saluzzo di Monterosso, il quale aveva disposto nel 1723 una considerevole dotazione di beni per il buon funzionamento dell’ente. Devoto della Vergine Maria caldeggiò la recita del Santo Rosario e propose l’istituzione della “Compagnia del Rosario” nelle singole parrocchie. Eresse la parrocchia di Chianale. Si deve alla sua generosità e a quella dei canonici, la costruzione del muro attorno alle mura del Duomo, coperto con lastra di pietra, come rinforzo alle fondamenta. Morì il 28 febbraio 1733 e fu sepolto in duomo. Assidui, furono nel corso del suo episcopato gli attestati di fedeltà a Casa Savoia, come testimonia la corrispondenza di mons. Lomellini con la Corte sabauda; per la morte della Regina, le tradizionali preghiere erano accompagnate dalla speranza che venisse “conservata” la figura del monarca e di tutta la famiglia reale. Nel 1729 fu nominato esaminatore sinodale per la diocesi di Asti. Mons. Lomellini morì a Saluzzo nel 1733.
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