Società e istruzione ad Alghero (1861-1945) di Angelino Tedde
La storica numerosa presenza di studenti algheresi presso l’Università di Sassari dalla Riforma Bogino (1863) fino all’emanazione della Legge Casati (1859) così come rilevato dall’indice di provenienza degli studenti del catalogo dei graduati presso la medesima Università per un verso, la richiesta rivoltami dalle attuali numerose universitarie algheresi della Facoltà umanistica (Magistero prima e Lettere e Filosofia poi) di preparare la tesi di laurea con me per l’altro verso, ha dato luogo alle ricerche storiche a cui accennerò in questo contributo.
Occorre, inoltre, tner presente che la plurisecolare tradizione delle istituzioni scolastiche ed educative algheresi risalenti in forme più organizzata al XVI, (con la presenza della sede vescovile e del seminario prima e del collegio gesuitico poi , hanno favorito la costituzione di preziosi archivi storici: quello ecclesiastico, quello comunale, quello scolastico e quello privato dei Guillot, dando un forte stimolo alla rinascita contemporanea degli studi catalani e al recupero della memoria storica della città, e facendo di Alghero un laboratorio vivace di studi locali. Un modello da seguire per il recupero storico di altri medi e piccoli dei 378 comuni sardi.
Già alcuni anni alcuni anni fa suggerivo ad una mia allieva la predisposizione di un repertorio bibliografico e archivistico su Alghero che costituisse un vero e proprio strumento di ricerca per gli studiosi, da trasferire in un secondo tempo in internet.
Ad Alghero, insomma, è possibule portare avanti degli studi, perché sono presenti le infrastrutture culturali che lo permettono: il Municipio, la Chiesa, la Scuola, i Guillot. La cura dimostrata per gli archivi hanno posto le premesse per l’effettuazione di queste ricerche.Sono presenti, inoltre, nella città risorse umane capaci di effettuarle, trasformandole in offerta culturale per i cittadini e per i visitatori.
L’algherese Irene Serra, già laureata in materie letterarie presso la nostra Università, attualmente collaboratrice del prof. Luciano Pazzaglia, presso la cattedra di storia della scuola e delle istituzioni educative dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, già avviata agli studi da Rafael Caria, mi chiese di intraprendere gli studi storico-educativi e in quella circostanza la indussi ad effettuare una ricerca negli archivi algheresi sull’asilo aportiano di Alghero di cui poco si sapeva. Il lavoro fu coronato dal successo per la messe di documenti che vennero alla luce grazie al suo acume archivistico e ad una naturale capacità euristica.
Io stesso le diedi la possibilità di pubblicare un primo articolo in un volume collettaneo da me curato e successivamente ebbi modo di affidarla alla direzione del prof. L. Pazzaglia, sotto la cui guida ha esteso la ricerca sugli asili aportiani nell’isola pubblicando recentemente un pregevole articolo sulla prestigiosa rivista,”Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche” diretta dallo stesso Pazzaglia.
Sappiamo ora che detto asilo fu ideato tra il 1844 e il 1848 da notabili laici ed ecclesiastici e fu attivo nell’anno scolastico 1848-49, grazie ad un primo iniziale entusiasmo dei promotori che, esclusi dalla presidenza per statuto, tolsero il loro appoggio finanziario, interrompendo un’iniziativa che poneva Alghero alla pari di molte città italiane nel ripondere ai pressanti bisogni dell’infanzia dell’epoca. Lo stesso Aporti aveva inviato dalla città da Cremona la maestrina Luigia Sghia che, chiuso l’anno scolastico, dovette ripartire per il continente . Apprendiamo anche delle iniziative portare avanti a Sassari dal Consiglio di Amministrazione dell’Orfanotrofio delle Figlie di Maria e della conseguente istituzione di un asilo, autonomo nelle gestione educativa dello stesso Istrituto e diretto dalle Figlie della Carità a partire dal 1860. Non fu estranea al funzionamento di detto asilo la Congregazione Comunale del Comune di Sassari . Daltra parte, alcuni anni prima (1856) era stto istituito presso Il Pio Istituto Cassa “Carlo Felice” un altro asilo aportiano a Cagliari che più tradi andrà incontro ad un florido sviluppo grazie all’opera della Figlia della Carità Suor Calcagno . A questo, alcuni anni più tardi si aggiunse l’asilo ugualmente cagliaritano di Marina e Stampace, diretto dalla maestra Marina Manara egualmente di formazione aportiana. Dell’iniziativa di un asilo aportiano a Nuoro, per quanto povero di dati archivistici, si ha ugualmente notizia che esso ebbe inizio nel 1869 . Quello di Alghero, tuttavia, resta nell’ordine di costituzione il prototipo.
Successivamente, stimolato anche dalla vivacità culturale degli intellettuali algheresi, ma soprattutto dalla fondamentale opera di A. Nughes, Alghero. Chiesa e società nel XVI secolo indirizzai le mie laureande sul versante delle istituzioni scolastiche. Si cominciò così con due tesi, una sulle vicende e sugli alunni del seminario diocesano di Aghero, tra Otto e Novecento, ad opera di Maria Antonella Ledda e l’altra sul più recente monastero delle clarisse di Monte Agnese ad opera di Carmen Caria.
Si poté in tal modo avere uno spaccato sulle due istituzioni educative, l’una maschile l’altra femminile, che secondo le loro finalità, svolsero svolto una funzione significativi sia pure in tempi diversi nella vita formativa della città.
Il seminario nell’otto e nel Novecento diede ospitalità, studio e formazione ai futuri operatori religiosi della diocesi, ma altresì a quel 95% di alunni che, rintrati in famiglia, grazie alla formazione ricevuta, s’inserirono agevolmente nella classe dirigente laica che promosse, dopo l’Unità d’Italia, l’ammodernamento delle isituzioni dei loro centri urbani e rurali non solo vicini alla città catalana, ma anche lontani, data la configurazione territoriale che dalla metà del Cinquecento ha preso la diocesi di Alghero come documenta lo stessso A. Nughes.
La comunità delle clarisse, invece, di recente costituzione ad Alghero, perpetua la tradizione algherese di donne consacrate, ospitando e formando spiritualmente, secondo la regola francescana più antica, (le monache vivono di elemosina), giovani e non giovani donne che aspirano alla vita monastica, abbandonando definitivamente il mondo.
Da queste primi studi ebbe inizio la realizzazione di un progetto organico più ampio di ricerche sulla storia della scuola e delle istituzioni educative algheresi tra ‘800 e ‘900 .
Gli studi, portati avanti dalle giovani studiose ci hanno dato così un’ampia visione delle vicende educative e scolastiche algheresi nel contesto di una società che tra il 1848 e il 1945 è andata evolvendosi e crescendo sul piano economico e civile.
In questi lavori, condotti rispettivamente dalle ormai dottoresse in Pedagogia Anna Piga, Albertina Caria, Loredana Mellai, Maria Cristina Pisapia, Rita Baldinu, Raffaelina Mura, Antonietta Celestini, Verdina Vacca, si mettono in risalto i progressi fatti dalla società algherese nel difficile cammino dell’alfabetizzazione delle giovani generazioni sia nel periodo del governo subalpino sia in quello del governo unitario sia nel periodo fascista.
La metodologia da essi seguita rientra nei canoni della nuova storia che tenta di ricostruire non solo i grandi avvenimenti, ma anche quelli più modesti che li sottendono. In queste ricerche assume valore quindi la storia locale con i suoi protagonisti più umili come sono gli scolari e i maestri, colti nella loro quotidianità, nei loro piccoli problemi, nei loro drammi.
Altra componente metodologica è stata l’opzione per la ricerca archivistica, evitando per quanto possibile, l’uso di fonti letterarie non adeguatamente documentate. Sono stati consultate in tal modo e spesso trascritte e regestate moltissime delibere del consiglio comunale, relazioni e lettere dei maestri ai sindaci che dal 1860 al 1945 sono stati a capo dell’istruzione primaria, relazioni dei direttori didattici, cronache dei maestri del periodo fascista; sono stati ricostruiti curricula di scolari, profili di maestri; riportati alla luce progetti e ristrutturazioni di edifici scolastici con particolare attenzione al grande caseggiato scolastico del Sacro Cuore, edificato secondo i canoni estetici del primo Novecento ispirati all’eclettismo; infine, sono state pazientemente rinvenute presso archivi privati familiari fotografie di maestri e scolaresche, di manifestazioni ginniche e anche di spartiti musicali del XX secolo d’uso presso la scuola elementare. Da aggiungere a questo proposito anche la tesi di Valentina Canelles che ha cercato di ricostruire i momenti più salienti della storia dell’Istituto Artistico Musicale G. Verdi .
Si tratta naturalmente di una ricca serie di documenti che possono essere consultati nelle copiose appendici documentarie delle tesi, depositate nell’archivio comunale e nella biblioteca del Dipartimento di Storia dell’Università di Sassari le cui cui relazioni, ci auguriamo possano costituire uno dei sei volumi previsti dal recente convegno da me organizzato.
A ciò si aggiunga l’inventario di tutti i registri scolastici rinvenuti sia nell’archivio comunale sia in quello scolastico dal 1860 al 1945 essenziale strumento di ricerca per coloro che vorranno indagare sulle vicende scolastiche dell’istruzione primaria algherese .
Le giovani studiose hanno cercato di ricostruire la complessa storia dell’istruzione primaria nell’arco di quasi un secolo (1860-1945), mettendo in risalto l’impegno degli amministratori comunali e degli operatori scolastici nel dare risposte adeguate ai concreti ed emergenti bisogni delle giovani generazioni della città.
Emergono così vivaci spaccati del dibattito politico e amministrativo del maggior consesso cittadino, per la risoluzione dei problemi dell’istruzione primaria, quadri di vita scolastica, numerose carriere scolastiche di scolari, i contenuti stessi dell’insegnamento, la didattica e le problematiche connesse.
Passano davanti ai nostri occhi, a guisa di vivaci sequenze di filmati realistici, un popolo di scolari, specchio dei variegati strati sociali della città: i ben vestiti e nutriti figli dell’aristcrazia e borghesia, quelli mediamente curati del piccolo ceto medio, ma anche scolari trasandati e sofferenti degli strati sociali meno abbienti abitanti nei quartieri malsani del centro storico. Un popolo di bambini che a fatica, ogni giorno, bello o brutto, avanza lentamente, gradualmente, ma anche inarrestabilmente verso la conquista del dirtto all’infanzia e all’alfabeto. Alcuni faranno solo capolino nelle disadorne e fredde aule scolastiche e non si vedranno più, altri frequentaranno, con assenze legate al ciclo del tempo, per un anno o due anni e scompariranno dall’ambiente scolastico, paghi di aver appreso appena a leggere, a scrivere e a far di conto con difficoltà, avviati precocemente al lavoro, per contribuire al sostegno delle loro povere famiglie, altri conseguiranno i gradi dell’obbligo, avviandosi poi al commercio, alle piccole industrie artigiane o, per i più fortunati, a proseguire gli studi nel locale ginnasio e successivamente al Licezo “D. Azuni” o “Canopoleno” di Sassari e nella stessa Università. Vi sarà poi uno stuolo di bambini e bambine, affette dal tracoma, dalla malaria, dalla scrofolosi, dalla tbc, dalla cecità o dalla sordità che per un certo periodo la scuola escluderà, ma che l’operosità delle Dame di Carità di Alghero e delle numerose presenze delle Congregazioni religiose, accoglierà negli appositi istituti, perché vengano curati, assistititi, educati e istruiti. Altri, infine, da mignons del carrer si avvieranno alla microdelinquenza e a destini meno felici .
I maestri, col tempo sempre più le maestre, richiamano la nostra attenzione. Forniti inizialmente della patente inferiore, man mano andranno crescendo culturalmente, conseguendo quella superiore e più tardi svariate qualificazioni, specie in cocomitanza con il loro riscatto professionale tra la fine dell’ Ottocento e i primi decenni del Novecento. Un certo numero conseguirà il titolo di direttore didattico, altri frequenteranno corsi di lavori donneschi, di agricoltura, di igiene, di psicologia e di pedagogia. Non appena si offriva loro l’occasione di una crescita professionale una buona percentuale si entusiasmava e accresceva le proprie competenze; un certo numero otterrà benemerenze ufficiali sia tra il 1860 e 1922 sia nel periodo fascista, quando diventeranno pubblici ufficiali, talvolta infastiditi da gerarchetti pedanti che li rimproverano per il loro essere tiepidi col regime o per la frequenza del circolo cattolico. Ammirevoli le maestre delle classi dei bimbi tracomatosi. Risaltano anche belle figure di direttrici e direttori didattici, a tratti tutti d’un pezzo, coscienti della loro missione, a volte pedanti a volte tolleranti, ma comunque tutti interessati al buon andamento della scuola catalana.
Questo il mondo della scuola che le nostre ricercatrici hanno ricostruito. Non si sono accontentate di questa ricostruzione però. Hanno rivolto lo sguardo anche verso la società algherese che man mano cresce demograficamente, tende a variegarsi e a connottarsi italianamente, giungono nell’Alghero ottocentesca, man mano, famiglie dai più lontani centri diocesani, dalle regioni del Nuorese, dai paesi vicini, ma anche dalla Liguria, dal Piemonte, dalla Toscana, dalla Corsica, dalla Campania, dalla Sicilia, dall’Isola di Ponza, da varie contrade dell’Isola. Le famiglie di origine catalana intessono alleanze familiari, accolgono e assorbono man mano i nuovi arrivati con tolleranza con simpatia, molti si appropriano arricchendolo del catalano algherese e si va verso una città che cresce e che accresce i suoi interessi economici, la sua cultura
Cresce, dopo un periodo di sbandamento in seguito all’Unità d’Italia anche l’azione della Chiesa in questo espandersi della città, la sua missione di inculturare cristianamente la nuova città che si affaccia al nuovo secolo, alle alterne congiunture economiche di fine secolo e alla ripresa del periodo giolittiano, ai danni della Grande Guerra e alla normalizzazione del periodo fascista che con l’arrivo dei Ferraresi prima e dei Giuliani poi arricchirà il territorio comunale di nuovi ceppi familiari rendendo vivibile e, gradualmente, quelle paludi bonificate daranno respiro e vita alla citta “di fondazione” che è Fertilia e la circostante Nurra favorendo così il mutamento del precedente paesaggio.
Cresce anche una classe dirigente fortemente selezionata presso il Regio Ginnasio, soltanto il 25% degli studenti supererà il quinquennio, fra quelli che tra la fine dell’Ottocento accoglierà, comprese le sue prime 80 studentesse delle quali nessuna conseguirà la licenza ginnasiale.Tra il 1900 e il 1945 esse costituiranno oltre il 40% degli studenti e 150 conseguiranno la licenza ginnasiale. La selezione anche in questo scorcio di secolo considerato sarà dura: non più del 26% dei frequentanti conseguirà la licenza ginnasiale.
All’approfondimento dell’istruzione primaria ha fatto seguito così la compilazione del catalogo degli studenti e delle studentesse del locale Ginnasio, succeduto alle cinque classi del trivio e quadrivio dei gesuiti, alle sette classi della Riforma Bogine del 1760, alle Regie Scuole del 1774 e infine, dal 1861, al Regio Ginnasio Giuseppe Manno.
Si è proceduto alla catalogazione di quasi duemila studenti e studentesse ginnasiali, in gran parte algheresi, ma provenienti anche dai paesi vicini e da quelli più lontani dei centri che fanno parte dell’enclave diocesana che come si sa raggiunge quasi il cuore dell’isola e che ha da secoli in Alghero l’autentica capitale morale e culturale per la formazione della classe dirigente, fortemente selezionata, ma anche antesignana dell’emancipazione delle giovani generazioni femminili data la presenza del 10% di studentesse ginnasiali tra il 1860 e il 1911 e di oltre il 40% tra il 1912 e il 1945.
Si è cercato quindi, anche se con notevoli difficoltà, di ricostruire la storia stessa dell’istituzione classica in correlazione allo sviluppo della città. Con un ulteriore impegno di gruppo si potrà procedere a mettere a punto uno studio unitario sulla storia della scuola e delle istituzioni educative ad Alghero a partire dalla scuola normale di Carlo Felice (1823) a quella del periodo fascista (1943) grazie ad altre ricerche portate avanti all’interno dell’inseganmento di Storia della scuola e delle istituzioni educative della nostra Università .
Per quanto riguarda le istituzioni educative si è in grado ormai di tracciare un completo profilo delle risposte date dalla città al problema dell’educazione infantile e femminile sia nell’ambito della storia degli asili come in quella degli istituti educativi e assistenziali le cui educatrici vennero dai vari istituti di perfezione che già dagli ultimi decenni dell’Ottocento, ma soprattutto nel corso del Novecento, operarono in Alghero con vario e originale impegno . I fondi archivistici della Congregazione di Carità offrono ai nostri studi ampio respiro. Voglio citare la significativa esperienza del Laboratorio Sannino del 1874 il cui scopo fu quello
“di raccogliere le fanciulle povere del paese, e specialmente quelle che, avendo raggiunto l’età di anni sette, non possono più rimanere nell’asilo, istruirle nei lavori donneschi e massime in quelli di maglia, cucito taglio e ordinario ricamo, riputati necessari ad ogni buona ordinata famiglia.
Oltre all’educazione morale e religiosa, le fanciulle riceveranno giornalmente due ore di istruzione letteraria la mattina, ed una la sera perché si esercitino e perfezionino nel leggere, scrivere e numerare”.
Un cenno particolare tuttavia è doveroso fare alla ricerca, premiata dalla fondazione Josef Sanna, e discussa nel marzo del ’98 presso l’Università di Sassari della quale è autrice la dr.ssa Maria Cristina Pisapia dal titolo Il canto e la musica nelle scuole elementari di Alghero durante il periodo fascista.
Per uqesta tesi si è potuto beneficiare della consulenza illuminata del compianto prof. G. Sassu,etnomusicolo sassarese che ha operato a livello nazionale e internazionale.
Lo studio si articola essenzialmente in due parti, nella prima, utilizzando soprattutto fonti letterarie M. C. Pisapia tratta dei momenti nodali del periodo storico che va dall’avvento del fascismo alla sua caduta con particolare approfondimento sulla scuola e i suoi programmi dalla riforma Gentile alla Carta Bottai in Italia e in Sardegna, soffermandosi sulle motivazioni e sull’impulso dato dal regime allo studio della musica e del canto fino ad allora scarsamente curati quando non del tutto ignorati.
Nella seconda parte, quella che costituisce un contributo originale, utilizzando soprattutto le fonti archivistiche scolastiche della primaria scuola elementare di Alghero, la giovane studiosa fa risaltare il graduale inserimento di queste discipline nella pianificazione scolastica dei maestri, la loro progressiva attuazione sia pure in mezzo a tante contraddizioni dovute alla scarsa preparazione degli stessi maestri in questi settori disciplinari, con l’impegno dei soliti bravi maestri e maestre amanti della musica e del canto che debbono sobbarcarsi l’immane fatica di addestrare i numerosi scolari alla musica e al canto in vista anche delle manifestazioni ufficiali nella quali dovevano pure ben figurare.
Emergono così dai registri i canti più ricorrenti legati al ciclo del tempo e della vita, delle liturgie religiose e civili suddivisi in canti corali religiosi, canti corali patriottici, canti ricreativi, canti regionali. Per tutti, in un’ordinata appendice, seguono i testi e gli spartiti musicali, evidente segno della buona educazione corale di M. C. Pisapia e della capacità di destreggiarsi nella conoscenza di questa disciplina.
Questo studio costituisce un modello esemplificativo di quasi tutti i lavori portati avanti dalle giovani studentesse algheresi nel momento del coronamento dei loro studi universitari. Al loro impegno si deve inoltre se oggi possediamo come strumento essenziale di lavoro l’inventario di tutti i registri scolastici giacenti in parte presso l’archivio comunale e in parte presso gli archivi scolastici della città che accanto all’archivio storico diocesano e a quello privato dei Guillot conservano la preziosa e alterna storia di questa città singolare. Per gli storici dell’educazione e delle istituzioni scolastiche questi archivi costituiscono un’inesauribile fonte della memoria storico-educativa da cui le giovani studiose algheresi vanno ormai da anni attingendo, alla ricerca del recupero di quell’identità storico-culturale che ogni città dovrebbe considerare un bene inestimabile dei propri cittadini .
A questo lavoro si può aggiungere quello già citato effettuato da Valentina Canelles che sulla scorta dei documenti d’archivio ha tracciato un primo profilo storico dell’Istituto Artistico Musicale G. Verdi della stessa città Alghero .
Gli operatori culturali algheresi, appassionati e tenaci portano avanti queste attività di ricerca da anni, anch’io nell’ambito del mio insegnamento presso la struttura umanistica dell’Università di Sassari, grazie anche all’entusiasmo di queste meravigliose “mignonas de l’ Alguer”, ho inteso incoraggiare e incrementare le ricerche su questa singolare città sardo-catalana.