Morte e resurrezione dei Gesuiti (1759-1814) a cura di Paolo Bianchini
Paolo Bianchini,(a cura di), Morte e resurrezione di un Ordine religioso. Le strategie culturali ed educative della Compagnia di Gesù durante la soppressione (1759-1814), Vita e Pensiero, Milano 2006, pp. 232.
E’ risaputo che la formidabile Compagnia di Gesù fu soppressa manu civili et manu ecclesiastica nel 1759 e fu restaurata nel 1814. I componenti della Compagnia, composta da oltre quindicimila unità furono espulsi dalle varie nazioni, eccettuata la Russia, e si può ben dire dispersi in tutta i paesi europei. I gesuiti spagnoli furono espulsi dalla Spagna, dotati di una magra pensione, e per qualche anno relegati in Corsica. I gesuiti sabaudi di Terraferma furono allontanati e costretti all’emigrazione fin dal 1720 e i loro collegi privati di qualsiasi prerogativa per il conferimento di gradi accademici e successivamente soppressi. Alcuni gesuiti residenti in Sardegna come il Cetti e altri continuarono ad insegnare nelle università sarde.
La stessa sorte toccò ai gesuiti austriaci, mentre più varia fu la sorte dei gesuiti inglesi che scacciati da una parte fondarono collegi in altra parte del Regno Unito. In Italia si spostarono a seconda del gradimento dei vari sovrani e vescovi alcuni dei quali detestavano la Compagnia mentre altri simpatizzavano con essa.
E’ evidente però che i singoli figli di Sant’Ignazio non potevano scomparire così come le foglie al vento. In realtà furono attivissimi in tutte le nazioni europee come singoli intellettuali e particolarmente combattivi e impegnati in Francia nel dibattito culturale nella pubblicistica e nell’editoria. Fondarono riviste, le diressero o ne furono collaboratori, intrapresero iniziative editoriali e pubblicarono molte opere a volte avendo di mira l’illuminismo, a volte combattendolo a viso aperto, a volte sotterraneamente. Un certo numero di essi si iscrissero alle logge massoniche, per entrare in contatto coi dibattiti e con la cultura del tempo. La Russia offrì a molti l’opportunità di continuare ad esistere anche come Compagnia e intal modo essi poterono dirigere collegi e addirittura l’Accademia di Polock (1812-1820) irradiando cultura e saperi la cui consistenza soltanto ai nostri giorni gli storici stanno rivalutando data la forte presenza di padri di varie nazionalità, alcuni dei quali chimati poi negli Stati uniti a dare il loro contributo a svariati collegi e università.
I collegamenti fra loro furono tenuti sia dai vari superiori generali sia da quelli provinciali e si può dire che in genere non venne meno un modo per tenersi in contatto. Ci furono anche quelli che abbandonarono l’ordine, ma non abbandonarono né rinnegarono la loro formazione ignaziana. Un esercito di quindicimila intellettuali (qualcuno parla di venttitremila) non si potevano bloccare con il semplice scioglimento delle strutture formali all’interno delle quali si erano formati.
Il libro a cura di Paolo Bianchini, ricercatore in Storia dell’educazione presso la Facoltà di Scienze della formazione presso l’Università di Torino, cerca di dare risposta sia pure non esaustiva alla domanda su che cosa avvenne alla Compagnia di Gesù dopo che fu messa la bando. “Gli oltre quindicimila gesuiti che vivevano e operavano in ogni parte del mondo rinunciarono davvero alla regola di Sant’Ingnazio?”
Gli studiosi Nicolò Guasti, Paolo Binachini, Maurice Whitehead, Bruno Signorelli, Antonio Trampus, Paul Shore, Sabina Pavone, Marek Inglot S. J., provano a dare una loro risposta alla domanda loro posta dal comune impegno euristico.
Angelino Tedde