Il Quarantennale del polo umanistico dell’Uniss: riflessioni
Si è celebrato il quarantennale della Facoltà di Lettere e Filosofia, ma sarebbe più esatto parlare del quarantennale del polo umanistico, e del quindicennale della Facoltà di Lettere e Filosofia.
La tanto agognata Facoltà di Magistero nacque infatti il 29 dicembre 1969 e visse fino al 1995, quando morì di parto, generando la Facoltà di Lettere e Filosofia e di Lingue e Letterature straniere, figlie normodotate, ma partorendo altresì il Corso di Scienze dell’Educazione e l’Istituto di Geografia che avrebbero dovuto diventare due altre Facoltà, ma a causa di disturbi alla ghiandola pituitaria dei promotori rimasero come piante tenacemente abbarbicate a Lettere e Filosofia che oggi vuol farsi bella, come una quindicenne che vuol vestire gli abiti della madre. In realtà quest’occasione è l’ultima, per una rievocazione di docenti storici ed eroici del Magistero che fra dieci anni forse non potranno festeggiare il cinquantennale.
Una bella carrellata di Presidi, un’illustrazione di attività benemerite per la crescita del polo umanistico, un elenco di meriti per veterani che ormai toccano l’ottantina. Non molti gli allievi cresciuti alle varie scuole: la prolificità non sembra una delle caratteristiche del polo. E, quindi, si ricomincia da capo con nuovi arrivi da diverse scuole cagliaritane, siciliane e peninsulari. Giovani generalmente ben preparati (e chi non lo è quando arriva dal mare?) che garantiranno sicuramente fra dieci anni anni la celebrazione del cinquantennio allorché forse non ci sarà più un solo docente storico.
Fugit irreparabile tempus, con gioia per quanto si è fatto, ma con tristezza per le occasioni perdute. A tratti, questo è il mio amarcord, era così difficile ottenere per giovani promettenti il titolo di cultore della materia da sembrare quasi che il cerchio baronale dovesse tirare le cuoia per il dolore. Quanti nel quarantennio, giovani bravissimi, hanno coseguito dottorati e hanno servito con umiltà per poi non ottenere niente e veleggiare verso altre professioni? Uno spreco di risorse umane incomprensibile.
E poi si ha pure il coraggio da parte di certi sardisti insinceri, di gridare: “A fora sos italianos!”
Oggi, a tempo ormai perduto, fatta eccezione per alcune discipline, allievi per il futuro non ce ne sono molti. Forse la morte precoce da parto della Facoltà di Magistero fu la causa di tutto ciò? Forse i docenti sardi, individualisti, insulari e un pò narcisisti non guardarono molto al futuro della loro disciplina? O non poterono farlo per l’estinzione precoce della defunta facoltà? .
Credo che su questo insuccesso occorrerà riflettere per non ritrovarsi nel mezzo di un’altra celebrazione senza allievi autenticamente formati da pur bravi maestri. Al rimpianto per ciò che si poteva fare e non è stato fatto occorrerà riflettere pensando al futuro, per evitare che il polo umanistico, voluto con tanto vigore dalle categorie interessate, dalle istituzioni cittadine e provinciali, dal centro-nord Sardegna, non si spenga gradualmente per lo scarso numero di studenti dato l’attuale ritmo di tasso demografico insulare. Quod Deus avertat, per omnia saecula saeculorum!
Ad ogni buon conto, per quanto di positivo è stato fatto, rallegriamoci. Nunc est bibendum!
Angelino Tedde