Protagoniste del caritatismo cattolico sassarese (1856-1970) a cura di Angelino Tedde
La Sardegna fin dall’arrivo delle prime Figlie della Carità (1956) andò sempre più incrementando in modo esponenziale i vari componenti della famiglia vincenziana: Dame e Damine della Carità, Preti della Missione, Signori delle Conferenze di Carità e le stesse Figlie della Carità. Sulla famiglia vincenziana in Sardegna mancano studi approfonditi anche se chiunque si accinga a consultare archivi pubblici e privati sull’azione caritativa e sociale da essa svolta nell’Isola, dalla metà dell’Ottocento a tutto il Novecento, ne trova traccia. Gli archivi dei vari istituti assistenziali ed educativi delle varie fasce di età, un po’ diffusi in tutta la regione, illustrano la loro opera benemerita. Orfanotrofi, asili infantili, ospizi per anziani, ospedali civili e militari, assistenza domiciliare alle famiglie a disagio, missioni al popolo per l’inculturazione cristiana, direzione di seminari diocesani, direzione spirituale per le varie istituzioni documentano la loro diffusa presenza .
Le Dame della Carità della Sardegna, sull’esempio di quelle parigine, stimolate dai Preti della Missione, cominciarono ad operare nell’isola fin dalla metà dell’Ottocento svolgendo attività caritativa domiciliare e supportando spesso le opere avviate da esponenti del mondo cattolico sardo.
L’opera degli istituti assistenziali e degli asili le vide operare in primo piano.
Le loro componenti provenivano dalla nobiltà tradizionale sarda, ma anche dall’alta borghesia di censo e di toga, tanto nei due principali centri urbani di Cagliari e di Sassari, come anche nei più ridotti centri rurali dell’interno.
La Sardegna, dopo il 1848, andò a costituire con gli altri Stati di Terraferma, lo stato omonimo unificato, con capitale Torino, per cui le Dame furono particolarmente legate all’opera e all’azione della nobiltà e della borghesia della capitale sabauda.
C’è poi da sottolineare la tradizionale opera caritativa femminile sarda risalente addiritura all’epoca giudicale, data la particolare posizione giuridica di cui godevano tutte le donne nella prassi e nei codici sardi.
Dalla seconda metà dell’Ottocento e per tutto il Novecento, queste donne aristocratiche svolsero un’intensa attività a beneficio dei diseredati dando vita alle varie opere pie, specie quando si resero conto che il soccorso domiciliare non era sufficiente. D’altra parte lo Stato demandava ai privati la maggior parte dell’assistenza e della beneficenza: tutta la normativa dal 1862 al 1890 va in questa direzione, solo con l’avvento del fascismo e con la trasformazione delle opere pie in istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficenza (1923) lo Stato comincia ad essere presente in quest’attività caritativo-assistenziale con sussidi e varie provvidenze (1935).
Le Dame della Carità promossero quindi le varie opere pie e ne furono, con le autorizzazioni maritali, amministratrici oculate ampliando le opere e il conseguente soccorso a favore dei soggetti a disagio. Tra di esse furono protagoniste le presidenti delle opere e le componenti dei vari consigli di amministrazione. Basterà in proposito citarne alcune che alla guida delle varie opere si dimostrarono attive ed efficaci nella direzione e nello sviluppo delle stesse. Per quanto riguarda gli asili infantili facciamo riferimento all’opera La diffusione degli asili in Sardegna. I promotori cattolici (1848-1968), Sassari 2003 a cura di Angelino Tedde e di Viviana Onida e alle numerose ricerche universitarie sulle singole opere pie a cura di numerose laureate in storia delle istituzioni educative i cui lavori sono consultabili presso il Dipartimento di Storia dell’Università degli Studi di Sassari, ma anche ai fondamentali lavori delo scrivente quali L’attività sociale delle Dame della Carità nel Primo Novecento a Sassari La Casa Divina Provvidenza 1910-1967, Sassari 1994; Protagoniste Cattoliche di azione sociale in Sardegna tra Otto e Novecento, Sassari 1998.
Tra queste amministratrici cattoliche delle opere pie sono da menzionare le seguenti.
Teresa Bellieni
Nacque a Sassari nel 1837 da Nicolò Bellieni, negoziante e da Agostina Frazioli. Ebbe la sua residenza a Sassari e fu moglie di Vincenzo Grana. Nel 1859, anno di fondazione della Compagnia delle”Dame di Carità dell’Immacolata Concezione di S. Vincenzo dè Paoli”, detta “Società delle Signore”, la Bellieni fu la prima tesoriera di tale compagnia e in seguito anche presidente effettiva dopo Raimonda Usai. I1 suo ufficio subì un’interruzione di quattro o cinque anni, quando fu costretta a lasciarlo per seguire gli studi e conseguire il diploma di maestra, successivamente svolse in Sorso la sua attività di maestra elementare. Nel periodo di assenza della Bellieni si scambiarono l’ufficio di tesoriera Donna Peppa Tola maritata Cicu, Donna Anna Maria Piras e Donna Angelica Quesada. Ottenuto il posto di maestra a Sassari fu pregata vivamente, da tutte le Dame, di riprendere il suo ufficio e, per l’enorme fiducia che le socie riponevano in lei, affinché la signora Bellieni non avesse il pretesto della scuola per esimersi, le sedute furono trasferite dal venerdì al giovedì. La Bellieni riprese così il suo precedente incarico, ma chiese di essere coadiuvata da un’altra socia nell’esazione delle quote delle socie onorarie. Questo compito fu svolto per parecchi anni dalla Nobildonna Momina Dettori Mannu.
Essa fu anima e vita dell’Associazione dal giorno incui fu fondata. Fu l’oratrice designata in tutte le adunanze generali e dai suoi discorsi correva il pensiero a rammentare costantemente il dolore di non poter fare di più. Lavorò attivamente “in prò dei poveri e, così nelle riunioni settimanali della Società come nelle continue visite giornaliere ai tuguri dove c’era da portare conforto e aiuto, si dimostrava superiore al peso grave degli anni e veramente degna della fiducia che ad unanimità le socie hanno riposto in lei. Nel duro lavoro la Bellieni fu coadiuvata dalla segretaria Elvira Pisano e dalla tesoriera Agnese Queirolo, le quali non risparmiavano sacrifici di tempo e di denaro per il progresso e lo sviluppo della pia opera. La Società delle Signore si palesava anche come mezzo potente per combattere uno dei mali più gravi che tormentavano la nostra isola, l’analfabetismo. Contribuiva, infatti, anche finanziariamente, al mantenimento dell’Asilo infantile di Sassari. Nel 1910 venne fondata a Sassari, dalle Signore della Conferenza, la “Casa Divina Provvidenza per cronici derelitti”, di cui la Bellieni fu nominata presidente, in quanto il regolamento, che veniva stilato dalla presidente ed approvato dal Manzella, prevedeva che la direzione della “Casa” fosse compito della presidente delle Dame, ciò affinché le due opere non dovessero risultare separate. Nel 1922 si sentì la necessità di distinguere meglio l’organo amministrativo della “Casa” da quello della “Compagnia delle Dame”, con la nomina di cinque consigliere tra le quali furono designate una presidente, una vicepresidente e una cassiera. “La sua vita fu tutta un apostolato, spezzando nella scuola il pane della scienza alle fanciulle e assieme alle Dame il pane quotidiano e il consiglio prudente ai derelitti della sorte. Morì nella sua casa in via Vittorio Emanuele n°28 a Sassari il 25 gennaio 1922 a ottantasette anni.
Elisa Biddau
Figlia di Giovannico e Domenica Canu, nacque a Sassari in vicolo Viola 21 nel 1862, nubile. Elisa era la più grande di tre figli, sorella di Tomasina e Antonino Biddau (fondatore della GC della Sardegna). Era considerata il maschio della famiglia, tutta attivismo, operosità ed efficienza, tessitrice instancabile di un ordito, che la portava cento volte al giorno, come una spola, da casa alla chiesa del Carmelo, alla stazione, dove arrivava il treno per Ploaghe, in drogheria e dal lattaio, dal macellaio, dal verduraio e ancora in chiesa, al Carmine, ma anche a San Donato, a San Sisto, a Sant’Apollinare, presso il monastero delle Carmelitane, dove forse l’attirava una inconsapevole vocazione.
I1 suo ricordo passa attraverso l’immagine di una donna sempre in movimento, col suo abito nero, un po’ rossiccio per l’uso e un capellino così vecchio, da far pensare che lo portasse dalla nascita. Mostrava, infatti, poca attenzione alle forme e alle mode, che respingeva come ogni altra manifestazione di rispetto umano. Era una donna molto generosa, specie con i poveri, e un’ottima cuoca. Morì a settantotto anni, nel settembre del 1940 a Sassari, a causa di una enterocolite acuta, che le procurò atroci sofferenze. Fu patronessa dell’Istituto dei Ciechi e membro del Consiglio d’Amministrazione della “Casa Divina Provvidenza”. Tutta la sua famiglia era dedita alla beneficenza anche diretta ma, Donna Elisa lo era in modo particolare. Il suo animo così buono e generoso la portava ad offrire, a chiunque la fermasse per strada bisognoso, di qualcosa, tutto quello lei trovava nelle sue tasche. Procurò grossi aiuti per la fondazione del “Circolo Silvio Pellico” da persone che in quel periodo erano più influenti, fra le quali Donna Laura Segni, appartenente a una delle famiglie più in vista di Sassari, la quale, verso il 1930, donò la somma di cinquantamila lire (cifra abbastanza cospicua per quei tempi), per la costruzione del suddetto “Circolo”. Era Elisa Biddau che, quando non poteva in prima persona, si rivolgeva a persone con maggiori possibilità economiche, per far si che le opere di bene che si era proposta trovassero comunque realizzazione. Spesso la sua intensa attività benefica era data proprio dal suo costante zelo, frutto del suo animo generoso e appassionato, volto alla continua ricerca di sollecitazioni di aiuto presso le famiglie più abbienti , in favore dei suoi amati poveri e bisognosi.
Filomena Biddau
Ultima di sei figli (Antonino, esponente di spicco dell’Azione Cattolica Sarda – Giovannico, colonnello e comandante di un reggimento in Bosnia, morto in un campo di sterminio a Flossemburg, una località bavarese nei pressi della frontiera cecoslovacca – Tomasino, morto giovanissimo a vent’anni per tubercolosi – Giuseppe, ingegnere e Maria), Filomena nacque a Ploaghe 1’8 gennaio del 1910 dal medico condotto Antonio Biddau e da Giovannina Federici, algherese, e fu tenuta a battesimo da suo fratello maggiore. Durante l’infanzia, all’età di cinque anni, contrasse il tifo e a otto anni una forma di enterocolite acuta, salvandosi per miracolo. Come tutti gli altri fratelli e come tutte le figlie di buona famiglia sassarese, frequentò l’Orfanotrofio, gestito dalle Figlie della Carità, nel vecchio convento dei Domenicani, in via Brigata Sassari, oggi ristrutturato e sede delle Poste Centrali. La madre morì giovanissima, lasciando Filomena di sole nove anni. Essa , infatti, fu accudita sin da piccola dalle sue due zie Elisa e Tomasina (sorelle del padre), patronesse dell’Istituto dei ciechi, delle quali Filomena seguì le orme benefiche.
Fu un punto di riferimento per tutte le aderenti al movimento di volontariato. Nel 1940 si iscrisse a Roma, dove viveva con la zia Tomasina, alla Croce Rossa conseguendo, nel 1942, il diploma di infermiera volontaria. Questi due anni, avendo accettato la mobilitazione, dovette prestare servizio ogni volta che le veniva richiesto, e per lei furono ” i più notevoli della sua vita, anni di dolore in cui si prende veramente parte delle sofferenze degli altri e ci si sente necessari e utili a qualcuno”.
Proprio durante il periodo bellico, infatti, iniziò a svolgere il suo servizio lavorando nell ‘ospedale “Regina Elena” in Roma.
Trasferitasi a Sassari continuò il suo impegno nell’associazione e nel 1949 fu nominata capo gruppo. Pochi anni più tardi, nel 1952, diventò la massima autorità locale della Croce Rossa divenendone Ispettrice Provinciale di Sassari. Resse questa carica per trent’anni sino al 1982. Fu molto amica della Contessa Giuseppina di Spilimbergo, amicizia che nacque durante il corso di crocerossina.
Diplomata alle magistrali, Filomena vantava un curriculum di “servizio” di tutto rispetto e venne anche decorata con la medaglia di bronzo al merito per “il lodevole servizio prestato, incurante dei disagi e particolarmente sollecita nell’adempimento della sua missione “.
Visse a Sassari in vicolo Viola 21, nella casa che era stata dei nonni patemi prima e poi di suo padre e che vide le vicissitudini della famiglia Biddau fino all’agosto del 1999, anno della sua morte.Tomasina Biddau
Nacque a Sassari nel 1865 da Giovannico Biddau e da Domenica Canu. Sorella di Antonio (padre di Filomena Biddau) e di Elisa.
Tomasina era l’esatto contrario della sorella; infatti, mentre Elisa era più sicura e determinata, Tomasina era sempre un po’ incerta e ingenua come una fanciulla, sorpresa dalle minuzie, estasiata dalle mille occorrenze quotidiane. Molto mondana amava vestire alla moda.
Si sposò con un suo cugino di primo grado, l’Avv. Omobono Tedde e, non avendo avuto figli, i due cugini adorarono tantissimo i nipoti, ai quali dedicarono la loro esistenza .
Tomasina visse gran parte della sua vita a Roma, dal giorno del suo matrimonio fino al 1926 quando, deceduto il marito, tornò a Sassari da vedova.
Durante la sua permanenza a Roma e dopo la morte di sua cognata (moglie del fratello Antonio e madre di Filomena), prese con sé i nipoti e si impegnò per la loro istruzione.
Anche lei, come la sorella Elisa, si dedicò tantissimo ai poveri che in quel periodo popolavano la città di Sassari, facendo parte del Consiglio d’Amministrazione sia dei “Cronici” che del “Rifugio Gesù Bambino”.
“A Sassari era la prima volta dove venivano accolte le bambine abbandonate. Le signore della città si quotarono tutte per dare lavoro a queste prime orfane dell ‘Istituto. Cercavano di insegnare loro un lavoro di tessitura, di ricamo di cucito ecc., e con il ricavato di questi lavori si cercava di mandare avanti l’Opera “. Il 9 gennaio del 1952 Tomasina moriva a Sassari all’età di ottantasette anni.
Luisita Bozzo in Pilo
Nacque a Sassari il 26 novembre 1908 dal Nobile Giovanni Battista e da Donna Elena Tola. Venne registrata in comune con il nome di Bozzo Luigia Maria Antonia Francesca.
Appartenente ad una delle famiglie nobili di Sassari, contrasse matrimonio con una altrettanto importante figura della città, l’Avv. Emanuele Pilo (1 906- 1962), anch’esso appartenente all’alta borghesia sassarese. Dalla loro unione nacquero tre figli: Felice Giovanni (1933) avvocato, Elena (1936) e Mario (1946), funzionario di banca. Come tutte le ragazze di buona famiglia di quel tempo, studiò frequentando scuole private dove veniva impartita la cultura. Una di queste scuole fu l’Orfanotrofio dove si tenevano numerosi corsi. All’Orfanotrofio Luisita, frequentando più corsi e con i suoi studi arrivò a un passo dal conseguimento della laurea. “Conosceva benissimo la Divina Commedia anche se poi non gli fecero mai fare esami ” .
Fu Dama di Carità, verso la fine degli anni Cinquanta, fu nominata presidente della Croce Rossa, carica prestigiosa che ricoprì per svariati anni.
Verso la seconda metà degli anni Venti fece anche parte del Consiglio d’Amministrazione del “Rifugio Gesù Bambino”. Donna caritatevole, prendendo esempio dalla madre, sentì la beneficenza nel profondo del suo animo e si prodigò sempre per il bene di chi aveva tanto bisogno d’aiuto. Morì a Sassari il 5 aprile 1997.
Donna Annetta Campus Segni
Nacque a Pattada nel 1866 da Antonio Campus e da Grazia Solinas. Sposò l’Avv. Celestino Segni, protagonista della vita politica e culturale sassarese. Dal loro matrimonio nacquero due figli: Antonio (1891-1972), futuro Presidente della Repubblica e Maria Grazia Benedetta (1892).
Donna estremamente benefica, per le sue cospicue donazioni le venne intestato l’ospedale di Ozieri. Anche a Sassari, nel reparto di radiologia delle Cliniche Universitarie, si può trovare una stanza dedicata a lei per aver donato una cospicua somma di danaro. Coronò nella serena pratica del bene una lunga e intensa vita che dedicò interamente alla famiglia. Per la serenità del suo carattere, per la signorilità dei suoi modi, per l’estrema bontà del suo animo e soprattutto per il generoso prodigarsi a favore dei poveri, tutte doti che le provenivano non soltanto dalla fine educazione, ma anche da una intensa fede, Donna Annetta era popolarissima sia a Sassari che fuori, soprattutto dopo che, giunto il suo adorato figlio alle alte cariche del governo, non poté sottrarsi alla necessità di dilatare la sfera della sua benefica attività, pur lasciando immutata la tranquilla modestia del suo tenore di vita.
La vita come missione di bene, le qualità per giovare agli altri, per fare del bene, l’avevano trasformata nell”animatrice della Conferenza delle Signore nelle zone più misere della città, a San Sisto e a San Donato, incitatrice di opere buone, sollecitatrice implacabile e persistente di interventi generosi.
In una lettera datata 7 maggio 1919 scritta da Donna Annetta, che in quel periodo ricoprì la carica di presidente della “Piccola Società della Carità”, e indirizzata al Presidente della Deputazione Provinciale, veniva fatta richiesta di tre letti (lasciati dalla Croce Rossa a disposizione dell’ Amministrazione Provinciale) da utilizzare per il personale di un ospedaletto, che verrà aperto in seguito, destinato ad ospitare una decina di piccoli malati.
Sin dal 1906 fece parte del Consiglio d’Amministrazione del “Rifugio Gesù Bambino”. Nel 1926 sostituì nella presidenza della Conferenza delle Dame di Carità di S. Sisto e S. Donato, la Nobildonna Elena Bozzo.
Morì a Sassari il 1° marzo 1952 nella sua casa in via Roma n°3, all’età di ottantasei anni, compianta da tanti derelitti e sofferenti che da lei furono aiutati e consolati.
Donna Cristina Cugia
Nacque a Sassari nel 1884 da Marco Cugia e da Antonia Solinas. Nubile.
. Figura elettissima, una di quelle creature che, vive, si celano allo sguardo di tutti e all’interessamento di tutti perché possano seguire meglio la loro vocazione del bene e poi scomparse, lasciando un’eredità di affetti e di rimpianto che solo chi soffre od ha sofferto può intendere.
Donna di Carità, si dedicò tantissimo alla beneficenza fatta soprattutto a contatto con i poveri. Patronessa sin dai primissimi anni della fondazione del “Rifugio Gesù Bambino”, fu eletta consigliera il 3 aprile 1916. Nel 1946 costituì, insieme ad altre signore, la Conferenza denominata “Vergine del Bosco”. Tale conferenza aveva carattere interparrocchiale e faceva capo alla chiesa di S. Nicola. Donna Cristina Cugia ricoprì la carica di vicepresidente, mentre la carica di presidente venna assegnata ad un’altra donna anch’essa molto benefica, Signora Mariannina Orrù.
Alla sua morte, avvenuta il 10 agosto 1951, Donna Cristina lasciava piangente una schiera innumerevole di sofferenti ai quali si era tanto dedicata sia per lenire i dolori che per soccorrerne i bisognosi. E’ a questa missione, spesso eroica e sempre silenziosa che Donna Cristina assolveva, girando per la città, per i tuguri, per le abitazioni più dignitose che spesso celavano le miserie più cocenti.
Nell’ambito dell’amministrazione comunale, ella portò il frutto di questo animo di santa e di quest’opera da missionaria, la rettitudine del carattere, l’instancabile attività, la bontà immensa, rispettata da tutti, anche dagli avversari. Per seguire meglio la sua vita di altruismo, rinunciò anche ad una sua famiglia.
Ignazia Dettori
Nacque a Sassari il 17 settembre del 1883 dalla nobildonna Gerolama Manno nota Momina, presidente del “Rifugio Gesù Bambino”, e dal cav. don Giovanni Dettori, presidente dell’Orfanotrofio delle “Figlie di Maria”, professore e Rettore della R. Università di Sassari.
Fu istruita presso l’Orfanotrofio dove, come detto precedentemente, il padre ricopriva la carica di presidente.
I1 18 luglio 1934, due mesi dopo la morte della madre, venne eletta ad unanimità di voti, dal Consiglio del “Rifugio Gesù Bambino”, come presidente.
Nubile e cinquantenne, Donna Ignazia, fu la madre buona ed esempio luminoso di grande generosità e amore per le piccole ospiti del “Rifugio”, seguendo le tracce dell’indimenticabile madre Donna Momina.
Nel 1935 fece erigere, secondo le disposizioni testamentarie del benefattore dell’Istituto, l’Avv. Lodovico Satta Fara, un monumento funerario con disegno e progetto dell’architetto Giovanni Clemente di Torino. Costui lasciò al “Rifugio” una casa in via Carmelo-Largo S. Sebastiano n°3.
Negli anni 1937-1938 accettò, da parte del signor Sebastiano Deliperi da Castelsardo, la donazione di un vigneto denominato “Li Paddini di Fora”, di una casa in via Nazionale “La Marina” sita a Castelsardo e un predio pascolativo di circa un ettaro denominato “S. Eremo – Monte Giudice”.
Nel 1934 Suor Giuseppina Bava, terza superiora del “Rifugio”, per motivi di salute, è chiamata dai Superiori a Torino. Per lunghi anni, la religiosa curò l’opera con spinto di abnegazione e sacrificio. Amò teneramente tutte le bambine ospitate anche da lontano, da Torino, dove trascorse gli ultimi anni della sua vita fino al 1942, anno della sua morte.
Dopo la partenza di Suor Bava, Donna Ignazia accolse come superiora dell’opera suor Angela Lacelli, con la quale collaborò attivamente, decidendo nel 1941 di non sfollare le bambine ospiti del “Rifugio”, nonostante il rischio di bombardamenti, per non esporle a pericoli di ogni genere. Gli anni della guerra furono durissimi, ed entrambe lottarono affinché, nonostante i problemi che questa situazione comportava, non mancassero le derrate alimentari per le bambine.
Per far fronte all’indigenza di questo periodo, si pensò all’apertura di un piccolo pensionato per il periodo della guerra: il “Pensionato Studenti” per venti signorine frequentanti le scuole superiori. Alla retta di pensione, le famiglie aggiungevano derrate alimentari che insaccavano nelle grandi valigie e spedivano alle loro figlie farina, pane, zucchero, sapone, ecc. da devolvere alle ricoverate. Questo pensionato si tenne solo negli anni di guerra per conservare al pensionato il suo vero volto di “Rifugio “.
Il 22 gennaio 1944 Donna Ignazia muore nella sua casa posta in via Cesare Battisti n°6, lasciando all’Opera, con suo testamento olografico, la metà del suo patrimonio per un valore di dieci milioni di lire.
Marchesa Vincenza di Suni
Nata a Sassari il 31 dicembre 1872 da Gerolamo Ledà d’Ittiri e da Touffani Anna, venne registrata col nome di Ledà d’Ittiri Vincenza.
Si sposò con il Marchese Nicolò Paliaci di Suni (1 869- 1939) da cui nacquero sei figli: Anna (1 894), Gavino (1895-1908), Gerolamo (1897-1939) avvocato, Maria (1904- 1919), e Francesco (1914).
Donna Vincenza aveva un animo grande e generoso, che la spinse ad alleviare le sofferenze dei tanti poveri bisognosi che popolavano Sassari.
Essa fu membro del Consiglio d’Amministrazione della “Casa Divina Provvidenza”. Nel 1925 fondò il Comitato per la lotta contro il tracoma ricoprendo la carica di presidente.
Insieme ad altre signore di spicco della città, si impegnò attivamente nella lotta contro questa malattia, che ai tempi mieteva numerose vittime in città.
La Marchesa, insieme alle altre Signore del Comitato, mirava all’apertura di nuovi ambulatori pubblici e di un ospedale apposito che fosse in grado di ospitare le persone affette da questa malattia. Purtroppo, anche se il Comune venne incontro alle richieste del Comitato con la concessione gratuita di un’area, l’iniziativa non riuscì a decollare.
Morì nella sua casa a Sassari, in piazza 12 d’Ittiri, 12 nel febbraio 1955 all’età di 82 anni.
Donna Luigia Ledà di Bojl dei Conti d’Ittiri.
“Moglie di S. E. don Raimondo de Quesada, marchese di San Saturnino (ministro plenipotenziario presso S. Santità Pio VII e la Corte delle due Sicilie), fu donna di singolari virtù.
La sua vita fu un lungo sacrificio, un’immolazione continua in favore delle esistenze che erano unite alle sue. Non ebbe giovinezza e dall’infanzia passò senza addarsene all’età matura. Unendosi in matrimonio col marchese di San Satumino, mentre essa non contava ancora tre lustri d’età e lo sposo era quasi vecchio, nulla conobbe dei sogni e delle illusioni della vita, non curando le peregrine bellezze che l’adornavano, ella ebbe uguale venerazione che amore per il marito e maggiore preoccupazione per la conservazione dei preziosi giorni di lui che per la propria salute molto gracile. Fu poco curante degli onori annessi all’alto grado del marito, non amò le ricchezze, si privò sempre di ogni benché minimo agio della vita, ma li desiderò per i figlioli e, con l’ordine e l’economia domestica, alla quale solertissima presiedette, accrebbe considerevolmente l’avito patrimonio. Dopo la morte del marito, cessata quella affettuosa inquietudine che aveva per il prolungamento dei suoi giorni, la sua salute migliorò, ma il colera venne spietato a toglierla da questa vita e alle sue opere di pietà verso il suo prossimo, privando Sassari di una delle sue Dame più pie e generose”.
Donna Maria Manca de Quesada ved. Passino.
Moglie di Francesco Passino Losa, capitano di vascello.
“Modello di sposa e di madre. Visse nell’esercizio costante delle virtù cristiane e civili dandone edificante prova con la eroica rassegnazione alla volontà divina negli strazianti momenti dell’immane disastro di Messina. Perduta ogni attrattiva alla vita tutta deditasi alla assistenza del cadente consorte ed a sovvenire poveri e derelitti. Donna veramente esemplare di alto sentire di grazia incomparabile”.
Fu una delle donna più benefiche della società sassarese: i pii Istituti, le opere di beneficenza trovano in lei una guida ed un aiuto generoso e solerte. Socia attiva della Compagnia delle Dame di Carità sin dal 1958, anno di fondazione della “Società”.
Donna Gerolama Manno in Dettori (detta Momina).
Nacque a Sassari nel 1845 da Luigi Manno e da Ignazia Ledà. Sposò il cav. don Giovanni Dettori, presidente dell’Orfanotrofio delle “Figlie di Maria”, professore Universitario nonché Rettore della R. Università di Sassari; dal loro matrimonio nacquero cinque figli, due maschi e tre femmine: Ignazia, Luisa e Caterina.
Consacrò sempre tutta la sua vita, oltre che alle cure della famiglia, ad altre nobili effettive opere di beneficenza. Dama di Carità coadiuvò, nella carica di tesoriera della Compagnia, la signora Teresa Bellieni.
Donna Momina esplicò la sua benefica attività in ogni ramo della carità sassarese e specialmente per l’ospizio delle bimbe abbandonate.
Nel 1905 venne eletta prima presidente del Consiglio direttivo del “Rifugio Gesù Bambino per le bimbe abbandonate” in Sassari, all’età di sessant’anni, amministrandolo per quasi trent’anni fino alla sua morte, avvenuta nel 1934. Sotto la sua presidenza l’Istituto ebbe un notevole sviluppo, fu eretto in Ente Morale, si sviluppò la proprietà, il fabbricato e l’attività assistenziale ed educativa; fu istituito, infatti, un Brefotrofio, un asilo infantile (nel periodo 1912- 19 13), e un educandato. Cooperarono con lei, nel Consiglio direttivo le più note signore dell’aristocrazia sassarese: Rita Agnese Queirolo, Giuditta Sassu, Antonietta Santinelli, Lucia Riccio. Ebbe per tanti anni come segretaria Eugenia Solinas Serra, maestra di pianoforte nell’Istituto stesso.
Di giorno in giorno, le bambine ospitate aumentavano sempre di più, riuscendo a tirare avanti con le varie offerte sia in derrate alimentari che in denaro. Nell’ottobre del 1905 venne fatta l’inaugurazione del “Rifugio “. Per l’occasione, Donna Momina invitò numerose figure di prestigio, quali la principessa Letizia Bonaparte, Duchessa d’ Aosta, Eleonora d’Orleans e Maria Clotilde Bonaparte che fecero pervenire le loro offerte; altre offerte arrivarono da persone influenti della città fra cui il Conte Arborio Mella di Sant’Elia, cugino della presidente, il Presidente della Deputazione Provinciale di Sassari al quale si chiese un sussidio annuale di £. cinquecento. Altro generoso benefattore fu il professore Giovanni Guglielmo della Facoltà di Fisica dell’Università di Cagliari; offerte cospicue furono fatte pervenire dalla Contessa Rosamond di Sant’Elia e, tramite Mons. Bonomelli, Vescovo di Cremona, si chiese l’interessamento della Regina Margherita di Savoia. Con il ricavato di una fiera di beneficenza, fatta in occasione dell’inaugurazione dell’Istituto, vennero ampliati i locali, su progetto predisposto dall’Ing. Manunta. Terminati i lavori, nel 1906, la presidente invitò l’Arcivescovo Mons. Parodi per benedire i nuovi locali.
Donna Momina Dettori si dedicò a quest’Istituzione con particolare cura, riuscendo a farla sempre più prosperare e fiorire. I1 18 maggio del 1934, soddisfatta di quanto era riuscita a realizzare, passò all’altra vita. Donna ricca delle più preziose virtù cristiane improntate alla carità più squisita e affettuosa che non conosceva ostacoli quando si trattava delle bambine. Alla sua morte subentrò, nel suo incarico di presidente, la figlia di Donna Momina, Ignazia Dettori.
Madre Angela Marongiu
Angela Marongiu visse a cavallo tra due secoli, dal 1854 al 1936. Nacque infatti a Sassari 1’8 febbraio 1854, prima di otto figli, quattro maschi e quattro femmine.
I1 padre, Gavino Marongiu, era uomo di grande cuore e spirito di carità. Abitavano nel quartiere di S. Apollinare, al centro della vecchia città, ed erano contadini come la maggior parte dei sassaresi di quel tempo.
Da bambina, Angela, amava trastullarsi con le bambole e ne aveva collezionato undici, parlava loro di Gesù ed assegnava a ciascuna il suo ufficio, dalla superiora alla portinaia, come fossero un convento di suore, senza che nessuno avesse messo in testa alla bambina queste idee. Si realizzeranno però molti anni più tardi.
A dodici anni fece la sua Prima Comunione, che continuò a fare ogni giorno, cosa rara per quei tempi. Sin da piccola si sentiva attratta dalla preghiera, e si tratteneva a lungo in chiesa, sola con Gesù. Frequentò le scuole elementari, ed intelligente come era, avrebbe desiderato continuare gli studi, ma fu sconsigliata dai medici per la vista troppo debole. Vi rinunziò con pena.
A quindici e a diciotto anni venne chiesta in sposa. Rispose: “Mi sono già promessa ad uno sposo bello e ricco; non posso più pensare ad altri”. Infatti, a diciotto anni, d’accordo col suo confessore, fece voto di castità perpetua. La preghiera divenne in lei sempre più intensa e profonda fino a farle sentire la voce del Signore che le parlava, e che un giorno le disse: “Ricordati che hai un Dio per padre, un Dio per maestro, un Dio per sposo”, e facendole vedere la lunga fila di vergini vestite di bianco, disse: “Queste sono le tue figliole, e tu sarai la madre loro. Si chiameranno le spose del Getsemani, e tu la mia vaga sposa”.
La predizione si avvererà soltanto trent’anni dopo, ad opera di P. Manzella. Infatti, il progetto di Angela Marongiu coincideva con quello del P. Missionario, che nelle sue incessanti peregrinazioni apostoliche per la Sardegna, pensava ad una istituzione caritativa che si prendesse cura delle persone più abbandonate, che gli facevano tanta compassione. Qualcosa di simile progettava la Marongiu, ed aveva già tre anime generose, pronte ad iniziare l’opera. Sennonché il Manzella non era mai libero per dare l’awio all’idea, sempre in missione per la Sardegna, e soprattutto avversato da altre persone che si opponevano alla riuscita dell’Opera. La realizzazione avvenne, finalmente, nel I 927 con la creazione della “Casa Santa Teresa del Bambino Gesù”. All’apertura dell’opera, fatta il 5 giugno del 1927, le suore non poterono fare la vestizione dell’abito religioso perché mancava il riconoscimento ufficiale dell’Autorità Ecclesiastica, riconoscimento che venne dato solamente dopo la morte di Angela Marongiu e di P. Manzella; così la madre fondatrice non poté indossare ufficialmente l’abito proprio dell’Istituto.
Il 17 febbraio 1958 arrivò l’approvazione pontificia dell’Istituto col nome “Suore del Getsemani”, come era stato detto da Gesù ad Angela Marongiu nella visione avvuta a vent’anni. Angela Marongiu poté godere questa gioia dal cielo essendo morta il 27 marzo 1936.
Maria Teresa Pittalis in Zirolia
Nacque a Sassari nel 1870 e sposò il 4 febbraio 1894 l’Avv. di Osilo Giovanni Zirolia, consigliere provinciale.
Essa si occupò della “Casa Divina Provvidenza per i cronici e derelitti” sin dal 1910, anno di fondazione dell’Istituto, quando padre G. B. Manzella, turbato per alcuni gravi episodi di abbandono di anziani morti tragicamente a Sassari, in occasione dei festeggiamenti del cinquantenario dell’istituzione delle Dame di Carità a Sassari, invitò le Signore della Conferenza a fondare un asilo per gli abbandonati. Nel 1922, la signora Pittalis Zirolia ne diveniva presidente. Proprio in quest’anno, infatti, si vide la necessità di costituire un’amministrazione separata e ben distinta da quella della Conferenza delle Dame, composta da un certo numero di consigliere con una presidente, una vicepresidente, una segretaria e una cassiera. Dal verbale della riunione delle Dame, datato 10 febbraio si legge: “Si procede alla nomina della presidente per acclamazione e si propone la signora Maria Zirolia che già da parecchi anni, con grande zelo, attività e abnegazione ricopre l’ufficio Essa insiste perché si proceda a votazione segreta, ma le consigliere la acclamano all’unanimità anche nella considerazione che essa fu designata dalla presidente delle Dame della Carità Teresa Bellieni”. Come vicepresidente venne nominata la N. D. Teresa Marghinotti di Suni.
Nello stesso anno venne deliberata la sostituzione sulla carta intestata della dicitura “Conferenza delle Signore” con quella di “Casa della Divina Provvidenza per i cronici e i derelitti”.
Sempre nello stesso anno, nel mese di ottobre, vennero nominate nel Consiglio le signore Cicita Sanna Cherchi, Osvalda Pischedda, Donna Laura Segni e Maria Serra, mentre a dicembre venne nominata consigliera la Marchesa Donna Vincenza di Suni.
Nel consiglio d’amministrazione del 5 maggio 1928 la signora Pittalis fu incaricata di occuparsi delle pratiche per l’erezione in Ente Morale della “Casa”. Subito dopo la sua nomina a presidente diede avvio alla trasformazione dell’Istituto, incaricando l’ing. Oggiano dell’ampliamento dei locali che divenivano sempre più inadeguati per le continue richieste di ricovero.
Il 28 settembre 1928, Maria Zirolia Pittalis predisponeva la cronistoria della “Casa” da inviare alla Congregazione comunale di Carità, al Prefetto e infine al Ministero dell’Interno. Alla puntuale e appassionata cronistoria allegava allo statuto patrimoniale dei beni mobili ed immobili, il verbale di nomina delle nuove amministratrici che risultavano lei stessa, Osvalda Pischedda, Maria Bellieni, Donna Maria Angioj, Donna Giovanna Ledà d’Ittiri e l’elenco delle socie azioniste. Si trattava di un elenco di ben 282 socie, appartenenti tutte all’aristocrazia e all’alta borghesia sassarese.
I1 19 maggio 1930 l’Istituto venne eretto, con Regio Decreto, in Ente Morale con la possibilità di entrare in possesso dei beni intestati alle promotrici e di operare nell’interesse dell’iniziativa sociale. Da quella data di quadriennio in quadriennio fino alla sua morte avvenuta il 6 marzo 1945, Maria Zirolia Pittalis rimarrà alla presidenza dell’Istituto che con continuo impegno personale farà sviluppare e crescere.
Collaborarono con lei, nei vari consigli d’amministrazione: la Nobildonna Caterina Spada Manno, la Contessa Giovanna Ledà d’Ittiri, Donna Maria Angioj Galeazzo, Donna Rita Solinas, Donna Sara Solinas, Donna Maria Bartoli Avitabile, Donna Laura Segni, Maria Teresa Bellieni, Osvalda Pischedda, Peppina Talu, Delia Righi Bozzo, Lina Crovetti e altre signore di spicco della borghesia sassarese
Fra le diverse attività benefiche da lei svolte, va ricordato anche l’incarico di presidente delle Dame di Carità, ricoperto nel 1929.
Alla sua intensa e zelante attività di benefattrice, svolta con discrezione e spirito di abnegazione, mise fine solo la morte, avvenuta a Sassari il 6 marzo 1954.
Vincenza Princivalle
Appartenente ad una delle famiglie più benestanti di Sassari, figlia dell’ingegner Francesco Princivalle e di Clelia Manconi, nacque il 2 giugno 1898 a Sassari, quinta di dieci figli, nubile.
Gli studi intrapresi la portarono alla laurea in matematica, divenendo poi docente di tale materia al liceo di Sassari e all’Università. Nonostante tutti i suoi impegni di lavoro, si impegnò e fu attivissima nell’assistenza ai poveri e nel sociale. Fu una delle signore fondatrici della “Casa Famiglia”, sorta come casa per la protezione della giovane.
Venne nominata prima direttrice del “Marianum”, il pensionato Universitario creato ad opera dell’ Arcivescovo Mazzotti e ricoprì anche la carica di primo presidente della “Scuola del Magistero professionale della donna”, scuola privata ideata da Monsignor Marongiu per la formazione delle insegnanti di economia domestica.
Grande fu il suo impegno nel soccorrere e aiutare il prossimo e, per tutti i suoi meriti, fu insignita, nel 1964 dal Papa Paolo VI, dell’altissima onorificenza “Croce Pro Ecclesia et Pontificia”
Morì a Sassari il 29 ottobre 1982 all’Ospedale Civile.
Donna Matilde Quesada consorte del Marchese di S. Filippo.
Anima eletta dedita alla pietà. Costei fu la prima che pensò a una Conferenza delle Signore in Sassari e ne caldeggiò l’istituzione. Nel 1859 costituì, infatti, la Compagnia delle Dame di Carità dell’Immacolata Concezione di S. Vincenzo dè Paoli, detta “Società delle Signore”, associazione che cooperava largamente al sollievo materiale e morale dei poveri. Per la costituzione di quest’opera benefica fu incoraggiata e sostenuta dal cav. Carlo Rugiu, il quale, cinque anni prima, nel 1854, aveva fondato, sull’esempio del francese Federico Ozanam, che aveva conosciuto a Livorno in quegli anni, la prima Conferenza Maschile di S. Vincenzo, detta “Conferenza dei Signori”.
In una lettera del 15 ottobre 1859 che da Cagliari Donna Matilde indirizzava al Rugiu, la marchesa lo incoraggiava e lo spingeva a “non vacillare e non scoraggiarsi per le traversie e le contrarietà che sorsero a proposito della iniziazione dell’ ‘Opera della Conferenza “, lo esortava a non perdersi d’animo e a proseguire nel bene dell’opera. La nobildonna aveva, nel frattempo, lasciato Sassari per adempiere ai doveri del suo stato, al seguito del marito. Troviamo però i suo nome anche a Cagliari tra le socie fondatrici della Conferenza “della città sorella; ma “Questo angelo vigilava anche da lontano “.
Entrambi, Donna Matilde e 1’Avv. Rugiu, si votarono al trionfo del loro ideale di Carità. “Questa gentildonna sarda racchiuse nell’anima nobilissima un tesoro di pietà e lo diffuse largamente su tutti coloro che soffrono…. la città di Sassari onora la sua memoria e un gran numero di sventurati la benedice ”.
Livia Satta Branca
Nacque a Sassari il 28 agosto del 1900 dall’Avv. Rosolino Satta Branca e da Peppina Tealdi (nata come Giuseppina Gavina 1875- 1934). Nel 1926, si sposò con il dott. Giovanni Agostino Frassetto (1896-1940), chirurgo dentista, deceduto durante la II guerra mondiale a Cantù. Dal loro matrimonio nacquero, un anno dopo, nel 1927 i due figli gemelli Giovanni Agostino e Pietro Rosolino, entrambi avvocati, e nel 1933 Rosolino Giuseppe. Verso gli anni Trenta si trasferì a Bologna ritornando in Sardegna nel 1940.
Essa apparteneva ad una delle più importanti famiglie della società sassarese: famiglia rimasta nella storia della città. Il padre, l’avv. Rosolino, con il fratello Pietro furono uomini politici (sindaco e deputato). Entrambi furono i cofondatori della “Nuova Sardegna”, importante quotidiano isolano sorto a Sassari nel 1891.
Livia Satta Branca intraprese gli studi che la portarono a conseguire il diploma Magistrale. Fu la prima donna, a Sassari, ad essere eletta in politica con la giunta Campus (D.C.), divenendo nel 1948 consigliera provinciale e successivamente, con seduta del Consiglio Provinciale del 13 giugno 1952 (prima volta in cui il Consiglio venne fatto a carattere provinciale), venne eletta (con sedici voti) assessore provinciale. Nella prima seduta di giunta del 17 giugno 1952, le vennero attribuite le competenze del brefotrofio, ciechi (servizi di assistenza), sordomuti, encefalitici, poliomelitici ecc.
Si occupò anche dell’E.C.A. e delle colonie marine sotto il patronato del Clero. Fu, infatti, donna attivissima non soltanto in politica, ma anche nel sociale e nella beneficenza, ricoprendo la carica di presidente delle Dame e Damine di Carità. Essa apparteneva alla parrocchia di S. Giuseppe, dove venivano fatte le riunioni della Compagnia. Fu anche consigliera del “Rifugio Gesù Bambino”. Infinite erano anche le visite che lei faceva ai carcerati per dar loro un po’ di conforto. Nel 1960 si ammalò di diabete, malattia che lei trascurò e che il 17 giugno 1964 la portò alla morte in una clinica della capitale.
Eufemia Sechi
Donna di punta nel movimento femminile cattolico della provincia di Sassari e di tutta la Sardegna. Consigliera regionale e comunale di Sassari. Donna di grande fede, di quella fede attiva, battagliera, assoluta. Nacque a Cagliari il 10 giugno da Giovanni Antonio Sechi e da Rosalia Satta. Abbracciò la missione dell’insegnamento andando in pensione nel 1958 dopo ben quarantadue anni di servizio. Due mesi prima le fu conferito dal Ministero della P.I. il diploma di benemerenza di prima classe con facoltà di fregiarsi di medaglia d’oro per “l’opera zelante ed efficace a favore della scuola”.
Fece parte del Consiglio provinciale scolastico come rappresentante del comune di Sassari e anche del comitato tecnico per l’assistenza del Provveditorato agli studi di Sassari. Dal 1948 al 1949 fu membro della deputazione provinciale di Sassari divenendo nel 1949 consigliera regionale della D.C. . Dal 1960 al 1964 fu consigliera comunale di Sassari. fu, inoltre, membro del Consiglio Nazionale dell’A.I.M.C. (Associazione italiana dei maestri cattolici) e fu anche delegata regionale dell’ Associazione per la Sardegna fino al 1970.
Appartenente all’ Azione Cattolica dal 1918 con mansioni direttive in campo regionale e nazionale. Per la sua attività in questo campo le fu conferita nel 1958 la “Croce Pro Ecclesia et Pontifice”. Dal 1950 fu commissaria provinciale dell’ “Ente Nazionale per la Protezione Morale del Fanciullo”, dando vita all’attività di tale ente nella provincia di Sassari, organizzando e promuovendo l’istruzione del centro medico psico-pedagogico e del centro di servizio sociale. Eufemia Sechi fu un esempio di vita vissuta al servizio di un grande ideale.
Trascorse gli ultimi anni della sua vita come pensionata nella “Casa Divina Prowidenza”, dove si occupò, insieme ad altre signore, dei ragazzi e ragazze ospiti della “Casa” con impegno materno, specie quando queste dovevano lasciare l’istituto. Morì il 27 dicembre 1972.
Donna Laura Segni
Nacque a Sassari il 18 aprile 1896 dal Comm. Giuseppe Carta e da Giuseppa Caprino, infatti nasceva Carta Caprino. Appartenente ad una delle più benestanti famiglie della borghesia sassarese. Nel 1921 sposò Antonio Segni, esponente di spicco del movimento cattolico sassarese, dal quale ebbe quattro figli: Celestino 1926, Giuseppe 1928, Paolo 1931 e Mario 1939.
Alla famiglia dedicò tutte le sue cure, seguendo il marito nella sua scalata alla carriera politica: dal 1946 al 1962 deputato, dal 1955 al 1957 e dal 1959 al 1960 Presidente del Consiglio dei Ministri e dal 1962 al 1964 Presidente della Repubblica.
Anche lei, come tutte le figlie dell’aristocrazia e della borghesia sassarese, frequentò le scuole elementari presso l’Orfanotrofio delle Figlie di Maria e illocale educandato dove oltre alla formazione cristiana su davano lezioni di pianoforte, pittura e recitazione teatrale. Fece parte del movimento cattolico delle donne sassaresi, impegnandosi particolarmente, sin da giovanissima, nell’associazione della Conferenza delle Damine di Carità, che a Sassari diede l’avvio e il consolidamento all’Istituto “Casa Santi Angeli”, sorto con l’intento di accogliere bambini illegittimi e con condizioni familiari fortemente disagiate. Dal 1947 entrò a far parte del Consiglio d’Amministrazione della “Casa Divina Provvidenza”, sotto la presidenza della Zirolia Pittalis, anche se ne faceva parte sin dal 1929 come Dama azionista. Nel 1951, dopo le dimissioni della Pittalis, Donna Laura fu nominata dal Prefetto per ricoprire la carica di presidente della “Casa” che, di quadriennio in quadriennio, ricoprì fino al 1964, dovendosi poi dimettere a causa della grave malattia del marito. Sotto la sua presidenza vennero ristrutturati i locali, rendendoli più funzionali e, grazie alla sua autorevolezza, riuscì ad ottenere dei finanziamenti regionali che adoperò per creare altri reparti. Si iniziò a stipendiare e assicurare il personale infermieristico. Curò con particolare attenzione tutti gli ospiti dell’Istituto, soprattutto i ragazzi e le ragazze che divenuti ormai grandi dovevano abbandonare la “Casa”, pagando gli studi di questi o trovando loro lavoro. Morì a Sassari il 21 luglio 1977.
Marietta Segni
Nacque a Sassari nel 1839 dal nob. cav. Francesco Segni e da Donna Giovannina Berlinguer. Visse la sua vita dolcemente e serenamente. Andò in sposa al tenente Giuseppe Falco, ufficiale di Garibaldi e prode combattente del nostro risorgimento, morto a Sassari da colonnello nel 1915. Dama dalle tante virtù si dedicò tantissimo al sollievo dei poveri derelitti che affliggevano la città di Sassari e sin dal 1959, anno di fondazione della “Compagnia delle Signore”, fu Dama di Carità, impegnandosi attivamente contro quella miseria di cui Sassari, e non soltanto, era vittima. Morì a Sassari il 6 gennaio del 1924 all’età di ottantacinque anni nella casa in cui visse, posta in via Insinuazione n°2.
Maria, Nada e Rita Solinas
Figlie di Angelo Solinas e di Caterina Sussarello ,Maria, la maggiore delle sorelle, nacque come Marianna Rita ad Ittiri il 29 aprile 1870 e morì a Sassari il 26 gennaio 1967. Rita, secondogenita, nacque nel 1894 e morì a Sassari il 20 agosto 1952 e per finire Nada, nata nel 1898, morì a Sassari il 18 agosto 1 949. Non si sposarono. Le tre sorelle Solinas fondarono, intorno agli anni Trenta, l’opera per la “Protezione delle Ragazze Pericolanti”, ubicata a Sassari in una palazzina di loro proprietà in via Principessa Maria, ceduta alle suore di Carità e ancora oggi residenza delle suore che operano all’ospedale. In questa casa trovarono alloggio e rifugio ragazze che “imboccavano la via della perdizione”, avviandole a dei mestieri quali quello di sarta, ricamatrice ecc., che permettesse loro, una volta rimesse sulla “retta via”, di condurre una vita normale.
Le sorelle Solinas donarono anche il terreno e il fabbricato sito in via Galileo Galilei alla chiesa di S. Giuseppe col proposito che, dopo la loro morte, queste proprietà dovessero essere gestite dalla Curia, ma con l’impegno che, fintanto che fosse rimasto in vita Don Masia (parroco di S. Giuseppe), dovessero essere utilizzare dalla chiesa. Dopo la morte del parroco, la Curia, che doveva prenderne possesso, ha lasciato e lascia ancora oggi che la parrocchia ne faccia uso, come sede degli Scout di S. Giuseppe.
Le tre sorelle, affabiuli e generose, si dedicarono ai poveri e ai sofferenti.
Nel 1935 Maria ricoprì la carica di segretaria dell’Istituto dei Ciechi mentre Rita, membro del Consiglio d’Amministrazione della “Casa Santi Angeli”, fu nominata cassiera dell’Opera il 27 maggio 1932.
Eugenia Solinas Serra.
Nata a Sassari il 5 novembre 1861 da Giovanni Battista e Nicoletta Cicu, nubile.
Presidente delle “Figlie di Maria” di Sassari, vice-tesoriera, intorno al 1909, della Compagnia delle Dame di Carità, segretaria e consigliera al “Rifugio Gesù Bambino”. Ricoprì la carica di consigliera del “Rifugio” sin dal primo anno di nascita dell’Istituto, successivamente venne nominata, nella seduta del Consiglio che si tenne il 5 ottobre del 1905, in casa della signora Annamaria Solinas, prima segretaria del “Rifugio Gesù Bambino “.Tenne la carica sotto la presidenza di Donna Momina Dettori (prima presidente dell’Istituto) e, alla morte di quest’ultima, della figlia di Donna Momina, Donna Ignazia, fino al 1940 anno della sua morte. Infatti, il 9 dicembre 1940 “l’anima di Eugenia Solinas fu chiamata dal buon Dio per il Paradiso. Insegnante di musica, dopo le lezioni di pianoforte, tutto il suo tempo lo dedicò al “Rifugio”. Il suo cuore, vigile e materno, vibrava all’unisono con quello dell’impareggiabile Donna Momina, fedelissima sua cooperatrice e segretaria. Si pensi all’immenso bene e al lavoro complesso e difficile che vi svolse dalla nascita dell’Istituto sino alla sua morte: tutti i documenti di archivio di quell’epoca (conti, bilanci, verbali lettere, ecc.) venivano elaborati e scritti dalle sue mani … a quell’epoca le macchine da scrivere al “Rifugio” non esistevano”. Lasciò all’istituto un legato: una somma in denaro, il suo pianoforte con libri, portamusica e accessori.
Donna Luisa Spada Mannu
Nacque a Sassari nel 1880 da Francescangelo Spada di Bosa, presidente del Tribunale, e da Maria Manno Ledà (1 847- 1925), donna di animo gentile, pia e credente la quale, anche lei, si occupò sempre dei poveri.
Donna Luisa sposò il dott. Felice Pilo, funzionario della Banca d’Italia, e dal loro matrimonio nacquero tre figli: Francesco (Preside dell’Istituto magistrale), Emanuele (avvocato) e Mario (dottore).
Seguendo le orme della madre, anche Donna Luisa dedicò la sua fervida attività, le cure premurose ed un senso di comprensione e di delicata bontà alla famiglia, ed ai poveri. Numerosi sventurati furono da lei beneficiati e sorretti. La signorilità del suo stato non venne mai meno, e non cessò di prodigarsi per le opere di beneficenza, neppure quando fu colpita dalla sventura della perdita del marito, ritornato in patria dopo aver combattuto valorosamente nella prima guerra d’Africa.
Donna Luisa si dedicò intensamente a numerose opere di beneficenza.
Fece parte, contemporaneamente, dei più importanti comitati cittadini per i poveri: patronessa dell’Istituto dei Ciechi, che fu particolarmente curato da lei finché ottenne il riconoscimento giuridico come Ente Morale, e fu potenziato gradatamente; fece parte del Consiglio d’Amministrazione del “Rifugio Gesù Bambino”, instancabile Dama di Carità dell’ Istituto dei “Cronici”, ed intelligente ed oculata presidentessa, infine, dell’Istituto per la Protezione della Giovane.
Oltre all’impegno profuso in queste molteplici attività, Donna Luisa si impegnò in maniera incessante, anche della carità segretamente, con la bontà di chi non vuole figurare, di chi conosce le sofferenze e vuol lenirle per un incoercibile impulso del suo cuore generoso, senza esigere né ringraziamenti né pubblicità. Morì a Sassari all’età di settantaquattro anni, il 10 luglio 1954.
Contessa Giuseppina di Spilimbergo de Quesada
Nacque a Roma il 13 aprile 1902. Trasferitasi a Sassari intorno al 1918 condusse, in quegli anni, una vita abbastanza ritirata in famiglia. Nell’ambito delle parentele della Contessa, le sue frequentazioni avvenivano con i Ledà, i Suni, i Sant’Elia e i Manca dell’Asinara, appartenenti tutti all’alta aristocrazia sassarese.
Nel 1926 si sposò a Sassari con Gerolamo Manca Tola, nato a Civitavecchia nel 1891. Dalla loro unione nacquero tre figli: Enrico Antonio Gavino (Ss.-1937) avvocato, Franca Flora (Ss.-1929) e Maria Valeria (Ss.-1927). Frequentò le scuole normali (le magistrali di oggi) e aveva una buona conoscenza del francese e del tedesco. Amava disegnare, epilografare (disegnare sul legno con il fuoco), disegnare a sbalzo sul rame e sull’ottone e linoleumgrafare (incidere e disegnare sul linoleum).
Come tante signorine di buona famiglia, si dilettava a suonare il pianoforte, mentre pur non amando i lavori domestici, era tuttavia un’ottima cuoca. Il suo animo generoso e caritatevole la spingeva a spendere molti dei suoi averi nell’acquisto di beni primari da distribuire fra i poveri della città. Sotto le festività natalizie non mancava mai il suo dono ai tanti da lei assistiti. La Contessa apriva in diverse occasioni le porte della sua casa ai poveri, distribuendo loro pane, carni e altri viveri. Pentoloni di favata, cucinata dalla signora, venivano distribuite, inoltre, durante le festività carnevalesche. Il carattere estremamente generoso per natura le faceva sentire il piacere e la necessità di adoperarsi per gli altri. Un giorno il figlio Enrico, divenuto ormai grande, trovò una lettera indirizzata alla madre che diceva: “Cara mamma ti ringrazio e ti voglio bene per …” con alla fine la firma di chi l’aveva spedita. La scoperta fu una vera sorpresa perché non sapeva di avere un altro fratello con un cognome diverso dal suo, ma la Contessa sorrise e disse: ” No, questo è un bambino adottivo”. Era un tipo di adozione per cui la nobiltà si impegnava a finanziare tutte le esigenze del piccolo di cui intendeva prendersi cura. Infatti, era consuetudine che gli orfanelli ospiti dei vari istituti, venissero adottati da persone che si interessavano per farli studiare e per non far loro mancare niente.
Giuseppina di Spilimbergo aveva inoltre grande passione per la medicina e, in tale campo, si prodigò durante la Il guerra Mondiale, nelle vesti di crocerossina. Fu proprio nel periodo della guerra che nacque l’amicizia con un’altra grande crocerossina sassarese, Filomena Biddau, amicizia che proseguì poi per tutta la vita.
La Spilimbergo lavorò presso l’ospedale militare nel reparto chirurgia come assistente e, questa sua opera, continuò anche dopo la fine della guerra, sempre all’interno dell’organizzazione della Croce Rossa. La signora ricevette anche una medaglia decorativa di bronzo per l’attività sociale da lei svolta.
Durante il periodo del fascismo, venne nominata ispettrice sia della Croce Rossa che dell’O.N.M.I. (Opera Nazionale Maternità e Infanzia). Morì a Sassari il 20 gennaio 1997 alla veneranda età di novantacinque anni.
Donna Dolores Sussarello
Nacque ad Ittiri l’11 marzo 1894 da Annetta Scano e dal Nobiluomo Nicolò Sussarello, il quale donò un terreno a Sassari, situato nella zona del “Fosso della Noce”, per l’erigenda “Casa Santi Angeli”.
Nel 1922 andò in sposa al Generale Giovanni Grixoni.
Dopo il matrimonio si trasferì a Bologna e, successivamente, a Firenze, dove visse fino al 1934, anno in cui fece ritorno a Sassari, per restarvi fino alla morte.
Donna di animo gentile e caritatevole, non fu mai indifferente alle sofferenze e al malessere sociale della povera gente, ereditando lo spirito filantropico del padre. Si occupò sempre di beneficenza e fu anche Vincenziana. Sorella della benemerita e compianta Peppina Sussarello, fondatrice e presidente della “Casa Santi Angeli”, Dolores ne fu patronessa. Precedentemente consigliera, fu eletta tesoriera del “Rifugio Gesù Bambino” il 15 marzo 1944, carica che le fu conferita nella seduta che si tenne nella sala delle adunanze. In tale assemblea fu anche nominata la nuova presidente del “Rifugio”, la N.D. Amelia Spada, la quale sostituì la compianta Ignazia Dettori Manno. Fu nominata anche la signora Anna Lintas come segretaria e la N.D. Maria Diaz come vicepresidente in sostituzione della degna Donna Lucia Riccio.
La Nobildonna Dolores Sussarello mantenne il suo ufficio di tesoriera anche sotto la presidenza della figlia Anna Grixoni, nominata presidente nel 1971, fino al 1982. I1 20 giugno 1980 lasciava i suoi beni terreni per accogliere le glorie del Paradiso.
Peppina Sussarello
Nacque ad Ittiri il 2 gennaio 1893 dal N.H. Nicolò Sussarello e da Annetta Scano, nubile.
Di animo nobile e gentile, si prodigava infaticata e generosa nell’opera di bene creando dal nulla una istituzione che si distingueva per nobiltà di intenti e praticità di vedute nella lodevole gara di allontanare dalla miseria e dal male tante giovani esistenze. Donna Peppina fondò nel 1918 la Compagnia delle “Damine di Carità di S. Luisa di Marillac”, la quale soccorreva numerosissime famiglie bisognose e di cui Donna Peppina ricoprì la carica di presidente per molti anni.
Il gruppo nasceva col preciso proposito di ospitare e accogliere i numerosi bambini orfani e abbandonati in tenera età. Un anno dopo, nel 1919, sempre ad opera della Sussarello, nasceva appunto la “Casa Santi Angeli”. Nel 1926, grazie alla donazione fatta dal padre di Donna Peppina, la “Casa” poté disporre di propri locali. Infatti, il N.H., con enorme spirito filantropico e soprattutto per onorare la memoria dei figli deceduti, donò, con regolare atto notarile, una casa a Sassari nel “Fosso della Noce”, composta da cinque ambienti con annesso cortile e giardino. Dorma Peppina ricoprì la carica di presidente della “Casa” dal 1925 fino alla sua morte, avvenuta nel 1943, anno in cui subentrò la Nobildonna Maria Passino la quale, fin dalla fondazione della “Casa” ne era stata una validissima collaboratrice e, fino all’anno della sua morte (1988), vi lavorò intensamente.
In una lettera datata il 20 novembre 1920, con l ‘intestazione della Società “Damine di Carità”, redatta dalla presidente della “Casa Santi Angeli”, cioè Donna Peppina, e indirizzata al Presidente della Deputazione Provinciale, si parlava dell’avvio, al principio dell’anno in corso, di un ospedaletto infantile per opera della citata Società, finalizzato a raccogliere i bambini predisposti alla tubercolosi O comunque affetti da tale malattia, e informava che l’ospedale accoglieva già una quindicina di bambini. La presidente sottolineava la necessità di un aiuto finanziario dell’opera nascente e quindi auspicava la concessione di un sussidio annuo giacché la nuova istituzione era sostenuta soltanto dalla carità cittadina per mezzo di azioni e offerte libere.
L’azione instancabile di Donna Peppina per la pia “Casa Santi Angeli” si esplicava in cento iniziative utili con una passione e uno zelo, illuminati dalla fede e animati dall’entusiasmo più vivo.
I1 9 maggio 1933 veniva anche nominata membro del consiglio direttivo della locale Federazione Provinciale per la Protezione della Maternità ed Infanzia, mantenendo contemporaneamente la carica di presidente dalla “casa Santi Angeli”. Moriva a Sassari il 3 novembre 1943, compianta da tutta la cittadinanza sassarese.
Alma Talu
Figlia dell’avv. Giuseppe Talu e di Angela Canessa, nacque a Sassari il 14 dicembre 1901. Ultima di quattro sorelle, proveniva da una famiglia laica (il padre era mazziniano) e, come le sue sorelle, rimase anche lei nubile. Continuò gli studi fino al conseguimento della laurea in lettere antiche, divenendo insegnante di latino, greco e italiano al liceo Azuni di Sassari.
Di animo caritatevole seguì le orme delle sorelle, dedicandosi attivamente e impegnando tutto il suo tempo libero alla beneficenza. Fece parte del Consiglio d’Amministrazione della “Casa Santi Angeli” fino a ricoprire la carica di cassiera. Nella seduta dell’8 gennaio 1930 le venne dato l’incarico di effettuare le visita a domicilio per i poveri, insieme alla signora Antonietta Silvetti.
Il 19 gennaio 1932 venne eletta vice presidente delle “Damine di Carità di S. Luisa” ma, due anni dopo, nel 1934, diede le dimissioni continuando a far parte del Consiglio della “Casa Santi Angeli” e passando come socia attiva della compagnia delle “Dame del Sacro Cuore”.
Morì il 18 Febbraio 1961 a Sassari nella casa in cui visse insieme alla famiglia, in via Mazzini 12.
Chiara Maria Talu.
Nacque a Sassari nel 1888 dall’Avv. Giuseppe Talu e da Angela Canessa.
Maggiore fra le sorelle (Peppina, Ignazia, e Alma), sin da giovanissima si dedicò ai poveri e a varie opere di beneficenza. Fece parte del Consiglio d’Amministrazione della “Casa Divina Provvidenza” sin dal primo anno, ricoprendo successivamente la carica di segretaria, carica che manterrà fino alla sua morte.
Fu anche Dama della Croce Rossa. Arruolatasi, infatti, sin da giovanissima come crocerossina fu attivissima presso l’infermeria militare. Allo scoppio della guerra del 1915-18 prestò servizio come crocerossina in vari ospedali da campo e, per tre anni diresse l’ospedale Militare Territoriale insieme alla signora Raimondi.
Per i suoi meriti speciali, la Duchessa d’Aosta le conferì la medaglia d’argento, mentre dal comitato centrale della Croce Rossa ebbe una medaglia di benemerenza.
Morì giovanissima a trentasette anni. Alla sua morte fu ricordata, non solo dai giornali locali ma, anche dalla Tribuna di Roma dove veniva riportato: “Creatura infinitamente dolce e buona, dotata delle più alte virtù spirituali… Chiara Talu, vissuta nella chiusa cerchia familiare, all’inizio della grande guerra, come per ubbidire all’impeto del suo generoso animo di fiera donna sarda, lasciò la quieta e comoda vita della sua casa, per arruolarsi con poche volenterose, alla Croce Rossa. Non potendo servire la patria, come suo fratello Angelo, nelle trincee avanzate, volle servirla prodigando tutta la sua opera di pietà e d’amore in un quotidiano sacrificio, ai piccoli fanti eroici che tornavano dal fronte con le piaghe sanguinanti e le carni martoriate dai 327 228 proiettili. Chi fra i combattenti sardi non ricorda l’esile e bionda dama dai grandi occhi azzurri e luminosi aggirarsi svelta e lieve per le corsie dell’ospedale della Croce Rossa; sempre vigile, attenta, premurosa. Creatura quasi irreale, Chiara Talu, aveva una straordinaria forza d’animo ed un’intelligenza pronta e acuta che le permettevano di disimpegnare col più diligente scrupolo le più difficili mansioni d’infermeria, assistendo i chirurghi nella sala operatoria ed eseguendo le medicazioni con la più provetta maestria. Non venne mai meno un giorno al suo faticoso compito; per tre lunghi anni, dalla mattina alla sera Chiara Talu dedicò tutta la sua attività all’ospedale, assumendo in alcuni periodi anche funzioni direttive. Per i suoi meriti speciali le fu conferita la medaglia d’argento al valore e la medaglia di benemerenza. Terminata la guerra, rientrò a casa sua, per vivere la sua serena vita tra l’affetto del babbo, della mamma e delle sorelle, ma la pietosa creatura volle ancora dedicarsi un poco della sua energia alle cure dei sofferenti e degli oppressi e, come Dama della Conferenza, prodigò ancora conforto e bene”.
La Nuova scriveva: “…creatura d’elezione mite e dolce di carattere, racchiudeva nell’ animo nobilissimo un’ energia ed un coraggio che contrastavano con la sua esile e diafana figurina. (…). Terminata la guerra tornò nell’ombra della sua casa, ma comprendendo che la sua missione terrena non era finita, prodigò ancora tutta la sua attività a confortare i miseri e gli oppressi “.
Entrò a far parte della Conferenza delle Dame di S. Vincenzo, ove le fu conferita la carica di tesoriera dal 1″ gennaio 1926. Morì a Sassari il 13 novembre 1925.
Ignazia Talu
Nacque il 4 febbraio 1893 dall’Avv. Giuseppe Talu e da Angela Canessa. Sorella di Chiara Maria (1888-1925), Peppina (1 891 – 1970), e Alma (1901-1961), tutte dedite al sociale.
Ignazia Talu fu attivissima come Dama di Carità ricoprì la carica di cassiera fino agli ultimi anni della sua vita. Tutta la sua bell’anima vibrante di affetto e di pietà ella dedicò agli umili; per donare loro abiti e indumenti la Talu passava lunghe ore dedite all’arte del cucito. Si occupava inoltre di distribuire i buoni pasto, a contatto diretto con i bisognosi, che andava a trovare direttamente nelle loro case. A differenza della sorella Peppina, Dama di Carità, impegnata più nel direttivo; Ignazia amava in maniera particolare occuparsi in prima persona dei poveri che essa stessa accudiva. Si conservano ancora, con tanta cura, i registri che venivano da lei completati in modo esemplare, dove venivano elencati i nomi degli “assistiti” e i beni che venivano loro distribuiti. Intorno agli anni Cinquanta la troviamo anche consigliera dell’Istituto “Rifugio Gesù Bambino”. Morì a Sassari il 23 aprile del 1978 a ottantacinque anni.
Peppina Talu
Registrata come Talu Giuseppa Ignazia, nacque il 1 gennaio 1891 dall’ Avv. Giuseppe Talu e da Angela Canessa. Secondogenita di quattro figli, tutte nubili, di animo gentile e dedite nell’aiutare il prossimo.
Peppina come le altre tre sorelle, fu attivissima nel sociale. Conseguì gli studi divenendo maestra elementare a soli diciott’anni, insegnando nella scuola di S. Giuseppe. Al culmine della sua carriera, su invito dell ‘ Arcivescovo, acconsentì al suo trasferimento, per alcuni anni, dalla scuola di S. Giuseppe, elite della città di Sassari, alla “Casa del Povero”, scuola per bambini poveri annessa all’Istituto delle suore Manzelliane.
Alla morte della sorella Chiara, avvenuta nel 1925, Donna Peppina la sostituì nel Consiglio d’Amministrazione dell’Istituto dei “Cronici”, mantenendo tale incarico per tutto il resto della sua vita. Collaborò anche nella conduzione della “Casa Santi Angeli” insieme a Donna Maria Passino.
Morì a Sassari il 26 dicembre 1960.
Tola Elena Casanova in Bozzo
Discendente da nobile famiglia. Figlia di Giovanna Casanova, sposò il benestante (negoziante) Giovanni Battista Bozzo (1879) dal quale ebbe Luigia Maria Antonia Francesca (1908-1997), Mario (1914-1958) commerciante, Antonio Mario Francesco (1916- 1971), Andrea Alberto Antonio Francesco (1920-1971) medico, Gerolamo Paolo Efisio Giuseppe (1925) ingegnere e Francesco (1926-1927). Elena Tola pur conseguendo il diploma magistrale, non svolse mai la professione di maestra.
Donna molto religiosa, pia e credente, si occupò tantissimo di assistenza e beneficenza professandola a titolo personale. Fu molto amica di P. Manzella con il quale collaborò intensamente in numerose opere di bene, quali ad esempio la fondazione del gruppo “Dame di Carità di S. Sisto e S. Donato”, sorto per soccorrere i poveri degli omonimi rioni, ma anche quello di Monte Rosello.
La signora Elena Bozzo ne ricoprì la carica di prima presidente, favorendo, col suo zelante attivismo, il fine assistenziale svolto dal gruppo.
Donna Maria Angelica Tola in Binna.
Nacque a Civitavecchia il 12 febbraio 1895 da Francesco Tola e da Clelia Grixoni. Sposò 1’Avv. Giuseppe Binna da cui ebbe tre figli: Luigi, Giovanni e Francesca.
Eletta figura di gentildonna, aveva sempre tratto nel signorile, nella conversazione amabile, nella cosciente serenità e nello spirito di carità che la animava, le sue peculiari caratteristiche nella vita familiare e sociale. Durante l’ultima guerra fu vera moglie e madre di soldati, incoraggiando i suoi cari lontani con affettuosa e trepida cura, affrontando con elevato spirito e con coraggiosa fermezza le avversità. Essa fu prodiga nella carità: non si contano i poveri da lei assistiti personalmente ed i pii Istituti che si giovarono del suo continuo interessamento e della sua generosità. Per tutti gli sventurati aveva sempre una parola di bontà e di incitamento e felici espressioni di solidarietà e di conforto.
Nel 1920 venne eletta consigliera del “Rifugio Gesù Bambino”, sotto la presidenza di Donna Momina Dettori. Durante il periodo della sua carica si assistette all’ampliamento dei locali con la costruzione di una nuova ala comprendente l’attuale caseggiato prospiciente viale Mameli, la costruzione di una lavanderia e, in questo periodo, aumentò anche il numero delle bambine accolte nell’Istituto.
Donna Maria fece parte anche dell’O.N.M.I. (Opera Nazionale Maternità ed Infanzia) e si occupò, inoltre, della “Casa Santi Angeli”.
Nel 1944 un grave incidente ridusse l’intensa operosità della gentildonna senza mai, peraltro, intaccarne l’animo che fu ancora sereno e lo spirito che maggiormente anelò all’altrui bene. Morì a Sassari il 23 maggio 1960.
Donna Raimonda Usai
Nacque a Sassari nel 1831 da Stefano Usai e da Monica Sotgiu, nubile. Discendente da nobile famiglia e nobile altresì per gentilezza d’animo e per altezza di mente. Presidente intelligente e attivissima della “Conferenza delle Signore” la pia gentildonna dedicò tutta se stessa ad alleviare le sofferenze dei miseri, e consacrò tutta la sua nobile vita alla beneficenza: non alla beneficenza festaiola e chiassosa ma a quella umile e benefica che accorre nei tuguri dei miseri, nei poveri abituri a portar conforto e speranza. Sostituì nella presidenza la Nobildonna Giuseppina Angioj, la quale durò in carica solo qualche anno.
La signora Usai, come fu Donna di austeri costumi, così fu madre amorosa delle bimbe che tolse al fango della via ed a quello della vita. Al suo apostolato, alle sue cure si deve, oltre alla vita religiosa della “Conferenza”, l’istituzione del “Rifugio delle Bimbe abbandonate” e il suo concorso non venne mai meno in tutte le opere di beneficenza.
Suor Raiteri Agostina, Figlia della Carità, nelle sue visite ai poveri della città, trovava spesso bambine denutrite con vestine a brandelli, abbandonate a se stesse in ambienti corrotti. La religiosa ne parlò con la Superiora dell’Ospizio S. Vincenzo, Suor Maria Ragatzo, che insieme a Donna Raimonda Usai, presidente della “Conferenza” e d’accordo con il fondatore dell’Ospizio S.Vincenzo, Avv. Carlo Rugiu, decisero di ritirare le due bambine pericolanti.
Con offerte e sacrifici, specialmente da parte di Donna Raimonda Usai, che generosamente si donava tutta a sollievo di queste bimbe infelici, si poterono adattare le stalle, dove il Municipio teneva gli animali sequestrati e dopo aver ottenuto che le bestie fossero portate altrove, formandone un camerone che, con letti disuguali donati dall’Ospizio, servì da dormitorio. Si aggiustarono i letti e si fabbricò una cisterna per raccogliere l’acqua che mancava del tutto. I1 31 marzo 1905 moriva a Sassari, senza poter assistere alla prosperità dell’Istituto da lei fondato. La memoria di Donna Raimonda Usai rimarrà scolpita nel cuore di tanti poverelli che da lei aspettavano e avevano un po’ di bene alla loro travagliata esistenza.