Mons. Giommaria Dettori, (Siligo, 1920-Ploaghe, 1986) Vicario di Chiaramonti (1951-1983) e Rettore di Ploaghe (1983-1986) di Angelino Tedde
Don Giovanni Maria Dettori, nato a Siligo il 3 giugno 1920, formatosi prima presso il Seminario Turritano Tridentino di Sassari e successivamente nel Pontificio Seminario Regionale di Cuglieri, ordinato sacerdote da Mons. Mazzotti nel 1943 a Ossi, giunse a Chiaramonti come viceparroco nel 1951 e dopo il pensionamento del vicario dott. Pietro Dedola (1931-1951), fu nominato vicario del paese il 22 dicembre 1951 e vi svolse la sua attività pastorale fino al 1983, quando, promosso alla Rettorìa di Ploaghe, dovette lasciare il paese dell’Anglona per quello del Logudoro. La sua vita però era segnata da vari mali e appena tre anni dopo, nel giugno del 1986, tornava alla casa del Padre in Ploaghe. E’ sepolto nella tomba di famiglia a Siligo, suo paese natale.
Nella sua attività pastorale fu coadiuvato per certi periodi da un viceparroco, ma soprattutto dagli anni Cinquanta fino agli anni Sessanta dalle Missionarie Figlie di Gesù Crocifisso e negli anni Settanta dalle Suore del Getsemani che dirigevano il locale asilo infantile, preoccupandosi anche della catechesi e dell’educandato delle adolescenti di Chiaramonti.
Sacerdote di buoni studi classici e teologici, aveva conseguito a Cuglieri la Licenza in Teologia. Fu ordinato sacerdote nella parrocchia di San Bartolomeo di Ossi a causa della minaccia dei bombardamenti su Sassari con don Giovanni Maria Campus di Giave, don Benito Morittu di Bonorva e don Francesco Piredda di Ossi ai primi di luglio del 1943. Promosse il restauro della parrocchiale San Matteo (consacrata nel 1888) con troppa spigliatezza, eliminando la cantoria con l’organo, situato sopra l’ambone; rifece il pavimento sostituendo quello originale del 1888, eliminò la balaustra del presbiterio, smontò il pulpito, tolse gli archetti laterali dall’altare maggiore in cima ai quali erano collocate grandi statue del Sacro Cuore e della Vergine, altare progettato ed eseguito dal grande scultore Giuseppe Sartorio, eliminò dall’altare maggiore anche due angeli, tolse un pregiato lamapadario che scendeva dalla volta della chiesa e fece eliminare il cielo stellato delle vele e il colore azzurrino che contraddistinguevano le pareti e le volte della chiesa, preferendo il bianco su ogni altro colore. Fece collocare un altare nel presbiterio per celebrare la Messa rivolto al pubblicodopo il Concilio Vaticano II.
Erano tempi in cui la Sovrintendeza lasciava fare.
Per i nostri giorni così sensibili ai beni culturali e alle opere del passato fu un “massacro”, ma per quei tempi fu uno snellimento e una maggior fruizione della ampia e spaziosa parrocchia poggiata sui muri perimetrali e su quattro colonne corinzie neoclassiche e dalla facciata romanico-lombarda. Si aggiunga anche l’arredo di comodi banchi rispetto a pochi vecchi banchi e a tante sedie impagliate che fungevano da sedili e da inginocchiatoi che oggi darebbero pregio all’ormai ultracenetenario tempio.
Buon intenditore di musica, suonava l’armonium e il pianoforte, fu attento e sensibile nell’insegnamento di quella sacra. Poeta in lingua sarda logudorese, con venature pascoliane e decadenti, fu vincitore di molti concorsi regionali e locali e abbandonati i versi rimati scelse quelli liberi, ma musicali. Fu amico di molti poeti del suo tempo tra i quali annoveriamo Angelo Dettori e la numerosa schiera dei poeti de s’Ischiglia, ma soprattutto coltivò una profonda amicizia con Bainzu Truddaju di Chiaramonti (1921-1992), pastore e poeta raffinato dell’idillio campestre e degli affetti familiari.
Nel corso dei suoi 40 anni in cui fu parroco a Chiaramonti promosse la poesia sacra e profana in limba e fu particolarmente amante delle gare poetiche che come presidente delle feste religiose del ciclo della Vergine e dei Santi favorì e seguì con totale dedizione. Fervente sacerdote e devotissimo della Vergine curò i canti dei gosos dei santi protettori venerati in paese. A Codinas dove un tempo c’era una scarna croce la sostituì con una deliziosa statua della Madonna di un valente scultore. Curò anche la buona manutenzione delle altre chiese urbane e campestri di Chiaramonti
Nel primo periodo del suo vicariato, si visse il dramma della rottura tra fede e politica a causa dei pericoli che un’eventuale vittoria dei fautori del sol dell’avvenire, materialisti dichiarati ai sensi dell’art. 14 dello statuto del partito, avrebbero potuto infliggere sia alla democrazia sia alla religione. Inoltre, imparentato col più noto e popolare uomo politico sardo del periodo, Antonio Giagu Demartini, (era cugino della moglie Nella), ne fu poco discretamente fautore.
Questo atteggiamento non favorì la completa riconciliazione con una parte della comunità chiaramontese di urlato orientamento socialcomunista e di atavica origine familiare anticlericale. A costoro si aggiunsero dei giovani insegnanti emergenti, già del vivaio dei chierichetti e dell’Azione Cattolica, che negli anni Settanta, per un decennio, con giunte socialcomuniste, governarono il Comune, repubblicanizzando le strade senza tener conto dell’importanza di conservare il nome alle vie storiche ormai segnate per sempre nei libri parrocchiali e dell’anagrafe. tra l’altro fu cancellato il nome del chiaramontese rettore di Ploaghe Salvatore Cossu (1799-1868). Altro scempio di beni culturali paragonabile a quello combinato dal parroco nella chiesa. In questo modo il primo e gli altri, tra i quali m’inserisco anch’io, manifestarono un’arretratezza e un’insensibilità storica notevole. Quelli però erano i cosiddetti anni del rinnovamento e del progresso, del consociativismo DC-PCI, i cui limiti culturali ora possono leggersi nitidamente.
Il trasferimento di don Giommaria Dettori, diventato monsignore, fu considerata un episodio doloroso dalla maggior parte della popolazione che lo considerava ormai chiaramontese di adozione e fu al tempo stesso l’impietosa disattenzione dell’arcivescovo Salvatore Isgrò nei confronti di un prete ormai anziano e ammalato che ben meritava di chiudere gli occhi fra tanti chiaramontesi che aveva accompagnato dal fonte battesimale al giuramento matrimoniale e alla tomba. Si spense a Ploaghe nel 1986 ad appena 66 anni.
Altra insensibilità fra le tante commesse dal clero e dai laici cattolici o no. [La Chiesa Sarda. L’organizzazione della Chiesa in Sardegna, 1979 Edizioni del Collegium Mazzotti per i dati biografici ed ecclesiastici]
La sua voluminosa raccolta di poesie inedite è stata ereditata dai nipoti che, interpellati, sembra non siano concordi nel mettere a disposizione dei cultori della poesia sarda la raccolta poetica. E’ noto, invece, il suo lavoro di raccolta, dalla memoria orale di parecchi cultori di poesia sarda, dei versi del poeta di Siligo Gavino Contini dal titolo Gavinu Contene, a cura di don Giommaria Dettori, (Sassari) 1983 pp. 182. Cantigos sacros, a cura di Giuanne Maria Dettori, s.e., 1974, pp. 88. Il poeta è presente nelle antologie poetiche in sardo pubblicate in seguito al premio del noto concorso letterario ozierese e noi a poco a poco cercheremo di raccogliere almeno quelle e altre in possesso dei privata