Categoria : narrativa

Promosso sul campo di Ange de Clermont

A mia nipotina Beatrice T.

 

Nell’isola delle pecore, in un paese di alta collina, ai tempi dei tempi, viveva un ragazzo, pieno di buona volontà, ma superbo come il demonio.

Da piccolo fu addestrato a servir messa, a dire buon giorno e buona sera. Quando serviva messa però era felice soltanto perché tutti lo guardavano o almeno così credeva.

Divenne adolescente e il parroco cominciò a richiamarlo all’umiltà, ma lui non volle saperne.

Chiuse col parroco, chiuse con la chiesa, chiuse col Signore e così si sentì libero di fare ciò che voleva.

Da subito cominciò a violare il primo comandamento, abolendo il Signore dalla sua vita e ponendo al suo posto la dea Ragione, quella famosa dea che osò ballare sull’altare di Nostra Signora di Parigi.

Ciò nonostante, divenuto giovanotto, nominò più volte invano il nome di Dio, violando il secondo comandamento.

Violò anche il terzo come conseguenza: non santificò più le feste, anzi per la verità santificò il giorno dei funerali, in quanto quella era l’occasione -per farsi vedere bello in piazza- come diceva la gente.

Forse, a quanto raccontano, onorò un po’ la madre e il padre, né poteva fare altrimenti perché quelli lo avrebbero cacciato via di casa.

Non uccise mai nessuno con la spada, ma con la parola fece stragi su stragi: ne uccide più la lingua che la spada.

La sua maldicenza era proverbiale: – dove apre bocca semina morte- ripeteva la gente. In particolare uccise quello che era stato il suo parroco, uccise vescovi, cardinali, credenti. Non con la spada, ma con la lingua s’intende; già dimenticavo, siccome l’uomo usava la penna, si servì anche di questa per uccidere quanta più gente poteva e, per farla breve, violò il quinto comandamento.

Del sesto comandamento non ne parliamo, basti dire che si abbeverò a tutte le fonti di piacere che poté. Meglio non parlarne, sarebbe come nuotare nell’acqua sporca.

Ebbe occasione, purtroppo, di fare false testimonianze davanti ai giudici, del resto doveva salvare la faccia di persona perbene. Disse sempre che non sapeva niente del tale fatto o fatterello, del tale reato o delitto. Tutti lo ammirarono. Sapeva tenere la bocca chiusa almeno davanti ai giudici.

Il nono comandamento lo violò tutte le volte che potè, visto che l’erba del vicino è sempre più fresca.

Da adulto, siccome era invidiosissimo, desiderò sempre la roba degli altri, specialmente di quelli che ne avevano tanta.

Alla fine della vita si elevò in casa un altare, vi pose la sua statua, vestita di blu, con giacca a doppio petto e ogni mattina col turibolo iniziò a incensarla.

Il diavolo, che durante la vita di quest’uomo, s’era fatto grasso come un suino, si presentò a lui al momento della morte, per chiedergli l’anima, l’uomo fece qualche resistenza, ma poi andò nel regno di Satana il quale, visto il percorso seguito durante tutta la sua vita, lo promosse subito diavolo sul campo.

 

 

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