La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco di Enrico Brizzi
Le rimembranze sono proprie degli over 70, per cui leggere quelle di un giovane di appena 34 anni “La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco”, ti fa senso, specialmente se questo giovane, almeno in amore, nel personaggio del suo primo romanzo giovanile di maggior successo “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”, era un tardo-adolescente.
Enrico Brizzi che conosco attraverso il sobrio filtro paterno fin dai suoi anni di “pitzinnia”, dalla lettura dei suoi romanzi, letti a volte dall’inizio alla fine, tal altra, parte dall’inizio e poi dalla fine all’inizio, come nel caso di “Rizorama”, (mi son rifiutato di attraversare la foresta malgascia), oppure d’un fiato come nel caso del romanzo d’esordio e soprattutto dell’avvincente “Il Pellegrino dalle braccia d’inchiostro”, ma anche dalle confessioni più schiette dell’autobiografia non autorizzata della futura moglie Cristina; oppure dall’espressiva vivacità delle tre figlie che considero quasi nipotine nella competizione tra un nonno maturo quale sono io e un nonno riluttante ad esserlo, quale può essere il padre, che non aveva finito di essere figlio di genitori centenari ed il giovane scrittore-figlio gli ha fatto la sorpresa di tre nipotine in poco tempo, col sistema di una più due.
Enrico dicevo non ho avuto mai occasione di incontrarlo di persona, nonostante l’abbia sentito alla TV, l’abbia virtualmente seguito attraverso internet e qualche settimanale, nei suoi mitici e defatiganti viaggi a piedi da Canterbury a Roma, da Roma a Gerusalemme. La lettura dei suoi avvincenti romanzi però me lo ha in parte svelato, in parte no, c’è del mistero.
Tornando a parlare de
“La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco”, debbo dire che me lo sono letto d’un fiato, il libro, del resto, si presta: (12 per 18, 325.248 caratteri circa, spazi inclusi, 186 pp. Editori Laterza, Roma-Bari, ottobre 2008, € 10, 10) il saggio fa parte di una collana ideata dagli omonimi editori.
Il giovane scrittore, ripercorrendo il suo breve, ma variegato percorso di vita, da precoce-adulto, rievoca episodi d’infanzia e di fanciullezza; di adolescenza e di prima giovinezza. Il tutto con pennellate impressionistiche: l’asilo, la scuola elementare, le scuole medie, il ginnasio-liceo, l’esperienza di scout a Bologna che man mano va scoprendo nelle sue vie, nelle sue case, nelle sue piazze. La città non s’impone soffocante, ma amica, accondiscendente, complice dei suoi segreti. Emergono con rapide pennellate genitori, nonni, maestri, professori, figure conturbanti come quelle del prete in sospetto di peccato e della donna di colore, della bionda iniziatrice ai misteri di Eros, dei compagni dal variegato stile di vita. Incombente su ogni cosa senza la quale la città non sarebbe né femmina né viva l’aurea tragica della resistenza, l’anima rutilante del Partito, un partito quasi anima almae urbis: il partito pensa, predispone, organizza, canta, balla, è onnipresente, onnisciente. Le icone del partito le vedi e quasi le tocchi al bar, in bicicletta. In quest’atmosfera entra il mondo, quello con cui Bologna vorrebbe competere per riaffermare il suo imperium in Italia e nel mondo: i cantanti e la musica rock, pop e centomila sue varianti. L’idolo numero uno nasce, cresce si sviluppa, si squaderna nella normalità e nella trasgressione; s’impone alla città giovane, all’Italia giovane e al mondo. Il nome del pantocratore, dell’anima che ben s’inserisce nell’anima del partito è Vasco, il nome dice tutto. Nel declino della Bononia docta è Vasco che salva la faccia. Nella tragedia del suicidio del partito è Vasco che accende gli animi. Alla Bologna femmina, nel suicidio del primo marito, non basta solo Vasco, la sua libidine vuole altro, vuole la squadra che con piglio maschio sbaragli avversari nazionali e internazionali. E via, con fremito tachipsichico l’io narrante si esalta per gli allori intra moenia ed extra moenia, l’ultras non sente ragioni, l’imperium ludicum è potenza. Vasco è maschio, il Bologna è maschio: il partito è morto, sorgi Bologna femmina! Il lutto per i nazionali eventi, possono essere sopportati, anche il Cav. è controllato da una bolognese doc. Inutile dirvi il nome; andatevelo a leggere. E Guazzaloca? L’abominio dell’abominio, ma arriva Cofferati: la rianimazione è un po’ deludente, ma il futuro è alle porte e Piazza Maggiore risuonerà ancora: Bella ciao, bella ciao, bella…!
Angelino Tedde