Il nano e la Sacra Bibbia di Ange de Clermont
In un piccolo paese di collina, ai tempi dei tempi, c’era un nano che camminava come se fosse un gigante e pensava come se fosse un genio.
Leggeva di tutto e a stento riusciva a capire il senso delle letture, parlava di tutto, ma quasi mai afferrava quanto dicevano gli altri.
Il paese era popolato di pastori, di agricoltori, di artigiani e di manovali che si davano da fare per procurarsi da vivere e che, fatte poche eccezioni, erano anche timorati di Dio.
Il nano di corpo e di mente li rimproverava e, dall’alto della sua presunta scienza che raggiungeva la scemenza, criticava tutto e tutti. I pastori, a suo dire, erano testardi come i muli, gli agricoltori erano simili agli asini perché spesso si recavano ai campi con l’asino:
-Chi va con l’asino impara ad asinare- esclamava il nano.
Degli artigiani non ce n’era uno che facesse il mestiere secondo i crismi dell’arte propria, non parliamo dei manovali definiti asini calzati e vestiti.
Il nano, che godeva di una grossa rendita lasciatagli da una sfilza innumerevole di zii, osava anche attaccare senza ritegno sia le persone consacrate del paese come il parroco e i suoi coadiutori, sia il sagrestano sia i confratelli della Santa Croce.
Il parroco era un cassiere e il vice un vicecassiere, il sagrestano era un baciapile che andava a raccogliere le briciole dalla mensa del parroco, i confratelli della Santa Croce erano dei gran bigotti senza testa.
Le critiche del nostro nano però non risparmiavano nemmeno gli amministratori del municipio, ritenuti incapaci di fare le cose dritte, che quasi sempre a lui apparivano storte. Il sindaco gli sembrava un salame bolognese rivestito del tricolore, il vice una gran costata di maiale pronta alla griglia, i consiglieri dei pinguini in cravatta.
Tutti erano ignoranti perché solo lui aveva il tempo per leggere e scrivere e, purtroppo, con grande riluttanza, di far di conto.
Le sue critiche feroci però, dal suo piccolo borgo di bassa collina, si levavano anche contro il governo della nazione: una massa d’imbecilli incapaci di dirigere la società, uomini con la schiena piegata verso le varie potenze di turno. Nulla gli andava per il verso giusto alla luce delle sue letture che erano immense.
Il nanetto, infatti, era abituato a comprare libri di una certa dimensione, di quelli che si comprano quasi per bellezza per ornare le biblioteche di famiglia. In genere ne teneva uno sempre aperto in una scrivania immensa sulla quale di notte quasi si sdraiava per sfogliare le sue letture a volo d’uccello, anzi di storno: leggicchiava un po’, sputacchiava sulla pagina una spruzzatina di saliva e poi voltava pagina.
Inutile ripetere che difficilmente riusciva a capire quanto leggeva.
La sua ferocia verbale, specie in piazza o al botteghino, si scagliava contro il papa, i cardinali, in primo luogo perché non c’era nessun nano, quindi il sacro collegio era razzista, in secondo luogo perché riteneva che con tutto l’oro di San Pietro, gli avari papi avrebbero potuto sfamare il mondo.
I paesani lo tolleravano a stento, ma lo tolleravano perché era nano e secondo loro, in fondo, non era colpa sua se ce l’aveva contro il mondo dove però dovevano pur esistere dei nani buoni, ad esempio, quelli di Biancaneve.
La pazienza dei paesani però è proverbiale, per cui pur di non essere attaccati dalla sua lingua tossica e pestilente, non gli rispondevano e lo ascoltavano in religioso silenzio. D’altra parte con i suoi calzoni sempre ben stirati, la sua camicia alla moda, la sua cravatta e il suo doppio petto incuteva una certa sia pure piccola riverenza. Le scarpe, poi, con dieci centimetri di tacchi ben camuffati, da centoquaranta lo portavano a centocinquanta centimetri così da farlo apparire quasi nella norma. Del resto c’era un principe che non superava i cinquantacinque centimetri.
Si era nell’anno del Signore milleottocentosessantasei e il nostro nano aveva inaugurato l’anno brindando contro il parroco che poveretto non si era sentito bene e non era andato il 31 dicembre a concludere l’anno col Te Deum in gregoriano, canto al quale il nanetto era affezionato e tanto meno la sera del primo gennaio il parroco medesimo era andato ad intonare il Magnificat di inizio d’anno, sempre da cantare in gregoriano. Per il piccolo borgo fu un disastro quel nano in quell’anno del Signore: cominciò ad attaccare tutti i timorati di Dio, a tutti lesse la vita. Il sindaco, il parroco, il medico, il chirurgo, il flebotomo, il farmacista e poi uno per uno tutti i paesani. Conclusi gl’insulti contro le autorità e il popolo, iniziò a blaterare contro il re, contro il papa, contro il governo del re.
La cosa peggiore però fu quando, il diavolo non visto, gli mise la corda al collo.
Da quel momento il nostro nano mise sul tavolo la Sacra Bibbia, edizione gigante, e cominciò a leggere a sputarci sopra, pagina per pagina, centinaia di pagine a notte, a metà anno l’aveva sputacchiata quasi tutta. Di giorno poi, in piazza e al botteghino, tra un bicchiere di vino e l’altro bestemmiava il Creatore del mondo, suo Figlio morto in croce per l’umanità e orribile a raccontarsi, cominciò a bestemmiare lo Spirito Santo.
Da quella bestemmia passarono ventiquattro ore.
Di buon mattino il nano si levò e si recò nello studio. La Sacra Bibbia, ormai chiusa sull’enorme scrivania, doveva essere rimessa al suo posto nello scaffale, esattamente al terzo ripiano che era un tantino più alto del nano, il povero bassetto, presunse di rimetterla a posto senza l’uso della scala, la prese in mano, vacillò, riuscì ad inserire il grosso e sacro volume quasi al suo posto, ma il diavolo tirò la corda che gli aveva messo al collo, il nano basfemo scivolò sbattendo la testa sull’angolo della scrivania, cadde a terra dove sbattè la seconda volta la testa, venne raggiunto dal grosso volume della Sacra Bibbia e morì sul colpo senza poter mormorare una preghiera.
Inutile concludere che sghignazzando, Satana, il tentatore degli uomini, se lo portò ad arrostire nelle eterne brace, dove il nano ammutolì.
Grande fu il cordoglio del paese, ma non del parroco, che informato dai parenti si astenne dai funerali e accommpagnato da tre dei suoi compari blasfemi fu seppellito fuori del Camposanto, nel cimitero dei cani.
-Come un cane- disse il parroco.
-Come un cane- risposero le consorelle della Santa Croce.
L’intellettuale del paese, uomo timorato di Dio, esclamò:
-Chi bestemmia lo Spirito Santo, muore all’istante!-
Nessuno ebbe il coraggio di contraddirlo, queste verità non scritte le conoscevano tutti a mena dito.