18 Febbraio 2025 - Categoria: eventi straordinari

“L’accoglienza dei migranti alla base della crescita di Sassari città multietnica” a cura del Comune

Sassari si conferma città multietnica dove vivono e lavorano cittadini provenienti da diverse parti del mondo. Unitamente a questo dato si rileva, però, anche la tendenza alla cosiddetta «fuga dei giovani», se è vero che sono sempre più numerosi quelli che scelgono di trasferirsi oltre Tirreno, o in un paese estero, per motivi di studio o lavoro. Emerge da una recente rilevazione fatta da Palazzo Ducale che scatta un’istantanea nitida della situazione demografica in città e nell’immediata periferia urbana e snocciola dati e percentuali legati a un fenomeno certamente non nuovo sul quale, però, occorre lavorare per migliorare la situazione. Le linee d’azione sono almeno due: studiare programmi e interventi finalizzati a creare maggiori opportunità per i giovani e varare progetti di inclusione e formazione per i cittadini stranieri che rappresentano una risorsa e non un ostacolo, tantomeno un pericolo.

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17 Febbraio 2025 - Categoria: cristianesimo

“Gratitudine” di Maria Cristina Manca scrittrice

Siccome in un mio precedente intervento sono stata molto severa con noi cattolici talvolta tiepidi spiritualmente, adesso posso permettermi la bella libertà di scrivere (senza che alcuno in risposta mi sfagioli le solite colpe cattoliche) quanto l’umanità intera debba ai cattolici, o meglio quanto debba a Dio per i Suoi figli cattolici (oltre a ciò che deve a Dio per ogni altra benedizione).

Vogliamo numeri? Impossibile averli. Impossibile riuscire a contare le incalcolabili opere di carità sociale ed individuale realizzate dai cristiani nel corso di oltre duemila anni di cristianesimo; compiute dai discepoli di Gesù dal giorno in cui il Maestro risorto «fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio», dall’ora in cui i discepoli di Cristo «partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano». (Mc 16, 19-20); dal momento in cui ogni discepolo di Cristo sperimenta la realtà amorosa della Parola di Dio: «Credetemi, io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse; in verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi» (Gv 14, 11-12); poiché, afferma il Vangelo: «vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere». (Gv 21,25).

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10 Febbraio 2025 - Categoria: memoria e storia

” Il caso incendiario del generale libico e le relazioni della Libia con l’Italia” di Fulgenzio Saetta

La concezione nefasta dell’opposizione  che trasforma il Parlamento in un pubblico lavatoio. La segretaria del PD come si dice da noi ha mangiato come sette cani e da sette forni. La sua triplice cittadinanza svizzera, statunitense e italiana non dice tutto. La sua ascendenza lituana, ucraina e italiana ne fa più una persona sudamericana che non europea. Lo stesso cognome è stato cambiato da un ascendente. La sua vita da perenne piazzaiola non sapremmo come definirla. Gli stessi rapporto col PD sono stati altalenanti e così dopo sette anni di vacatio dal partito eccola rientrare e diventarne segretaria. Nel parlamento si trasforma in una sanculotta. Io avrei voluto vedere lei consegnare il generale libico alla corte internazionale di giustizia e mandare allo sbaraglio le relazioni dell’Italia con la Libia di cui è il primo partner commerciale e da cui attingiamo il 12% del petrolio che ci serve , senza contare il personale dell’ENI mandato alla vendetta degli stessi libici. Di tutto questo pare non s’interessi questa macchina ibrida di pubblico lavatoio. Una macchina che non s’accontenta mai delle risposte che da il governo che per il solo fatto di essere di centro destra è sempre criticabile nei suoi movimenti nazionali e internazionali. Pensi la nostra sudamericana a che cosa hanno fatto i rappresentanti del PD quando senza mai vincere le elezioni sono stati al governo e ne tragga le conclusioni. Forse la nostra parlamentare ibrida, già parlamentare europea, non si sarebbe accontenta di v edere  uccisi i tecnici dell’ENI, la perdita dei rapporti commerciali con la Libia e soprattutto la perdita del 12% dei rifornimenti petroliferi con la nazione più ricca di petrolio al mondo. La nostra pupa con piglio da lituana-ucraina e sguaiatezza italiana avrebbe voluto forse questo? Non voglio crederci per quanto da una parlamentare stranamente ibrida in tutti i sensi ci sarebbe da aspettarsi questo e altro.

Da rimarcare l’illogicità del ragionamento suoi e di Conte. Se dovessimo guardare, ad esempio le stravaganti idee di Trump, il massacro di Putin sugli ucraini e il 70% degli stati dittatoriali con cui abbiamo rapporti di vario tipo dovremmo ripiombare in una specie di autarchia suicidaria. Ma alla nostra centaura poco importa. Importa urlare e lanciare insulti coi cartelloni, roba da sessantottini, roba vecchia. Se pensa così di far progredire l’Italia stiamo freschi. Vedremo che cosa farà da presidente del Consiglio se prima o poi riuscirà a vincere le elezioni politiche. Per evitare da parte dei cittadini il disprezzo del Parlamento diventato un lavatoio pubblico bene farebbe a moderarsi.

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4 Febbraio 2025 - Categoria: letteratura sarda

“Salvatore Angelo Brundu noto Ico” un marito e padre esemplare e un commerciante onesto” di Angelino Tedde

Di Ico Brundu ha scritto Carlo Patatu ricordando le sue capacità di portare avanti la sua azienda, per cui non mi fermerò molto sull’argomento. Chiarisco solo che da apprendista fabbro aveva fatto il salto del commercio e lo ha fatto egregiamente fornendo a Chiaramonti un servizio efficiente per gli artigiani di ferro e legno e per i numerosi faidatè. Prima per tanto tempo io e poi mio figlio Marco siamo diventati di casa nel negozio. Se per anni la bottega era situata nello stradale in uno stabile a pianoterra, successivamente con la costruzione di un palazzetto con parcheggio all’uscita del paese è diventata un’azienda efficiente dove si trova di tutto. Per certi versi, io che da ragazzo tredicenne frequentavo a Sassari l’attrezzatissimo negozio di Sassu come apprendista falegname, presso mastro Francesco Monagheddu in via Frigaglisa lo paragonavo a quello. Ricordo che da adulto ne soffrii molto nell’apprendere che morti i titolari e morti i commessi successori, cambiati i tempi e morto l’artigianato, lo avevano chiuso.

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28 Gennaio 2025 - Categoria: cristianesimo

“La Chiesa è nostra Madre” di Maria Cristina Manca, scrittrice.

La Chiesa è madre, tenerissima madre. Di questo ho certezza ed esperienza. Non però esperienza esente da dolore, delusione, frustrazione. Eppure proprio tale sofferenza mi permette, tra le altre cose, di capire con immediatezza coloro i quali, pur battezzati e quindi figli, scappano dalla Chiesa percependola come una gelida matrigna e non come una madre.
Com’è possibile simile percezione?
È possibile perché «la Chiesa è santa in se stessa, ma inferma negli uomini che le appartengono», scrive Papa Paolo VI santo.
Così può succedere che alcuni cattolici, paradossalmente spesso i più convinti di essere i migliori, con i loro atteggiamenti lontani dalla somiglianza con Gesù, nascondano l’essenza amorosa della Chiesa e ne sfigurino il volto materno.
Non parlo qui di nefandezze da codice penale o di brutalità psichiche, cose terribili nella Chiesa ed altrove ovunque nel mondo.
No, non di questo, parlo qui.
Bensì mi riferisco qui ai peccati di superbia, di indifferenza, di ignavia e di tiepidezza che è facile assalgano noi frequentatori abituali delle mura ecclesiali.

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15 Gennaio 2025 - Categoria: letteratura sarda

Alla cara Memoria di mia madre Rosa Deriu (Ittiri 04.01.1931 – Ozieri 21.01.2018), di Luigi Canu

Mia madre Rosa Deriu nacque a Ittiri (Sassari) il 04 Gennaio 1931 da Giacomo Deriu, di professione Contadino, e da Gerolama Sarria, di professione Casalinga.
Il padre Giacomo Deriu (nato a Ittiri il 01/06/1898 e deceduto a Ittiri il 13/11/1977) aveva partecipato alla Grande Guerra 1915/1918 in Italia inquadrato come Militare nella Regia Guardia.
E’ stato insignito della Medaglia della Guerra Italo-Austriaca 1915/1918, della Medaglia Interalleata della Vittoria, della Medaglia dell’Unita’ d’Italia e della Croce al Merito di Guerra.
Inoltre, ha avuto la Cittadinanza Onoraria dal Comune di Vittorio Veneto e dal Comune di Treviso e il Diploma di Cavaliere di Vittorio Veneto con la relativa Croce e la Medaglia ricordo in oro.
Dopo la licenza Elementare, mia madre Rosa Deriu si occupava di lavorare in casa e in campagna.
Di notte faceva il pane e di giorno andava con il cesto sopra la testa a lavare i panni in prossimità del fiume.
Ha lavorato molto in campagna a mietere il grano e a raccogliere le olive.
Mi diceva che andava a piedi da Ittiri a Sassari, a Florinas e vicino al Rio Mannu per lavorare nelle campagne.
Prima di sposarsi ha lavorato come stimata domestica a Thiesi nella casa del Pretore Pes.
Era molto brava a fare il pane e i dolci tipici per le feste (Pirichitti, Papassini,  Formaggelle, Ricotelle, Amaretti, Tiricche, Anicini, Crostate e Torte).
Mi ricordo che a casa a Thiesi nel forno a legna cuoceva oltre ai dolci, alle focacce e al pane di pasta dura, il pane fresa fine che preparava con cura e donava a un Sacerdote che non poteva mangiare altro pane.
Mia madre Rosa Deriu si sposo’ a Ittiri nel mese di Ottobre del 1953 con Salvatore Canu, ex Combattente e Reduce pluridecorato della Guerra di Liberazione nazionale 1943/1945.
Dopo il Matrimonio, mia madre Rosa ha vissuto per molti anni a Thiesi (Sassari) dove realizzava a mano bellissimi cestini artigianali con ago punto a punto, su materiale di giunchetto selvatico (sa tinnia) e di rafia.
Una passione, la sua, ereditata quando era giovane dalla madre.
In ogni cestino si nota il rispetto della tradizione, l’originalità e l’unicità.
Aveva molto talento, competenza e capacità di saper fare.
I suoi lavori erano molto ricercati perché le persone riconoscevano che era una brava artigiana.
E’ stato rilasciato un Attestato di Onore, alla sua Memoria, dalla Presidente dell’Unione Italiana Artisti Artigiani di Perugia in data 14 Luglio 2022, per l’Impegno profuso per la Valorizzazione e Promozione dell’Artigianato Artistico e di Tradizione.
Muore a Ozieri (Sassari) dopo una breve degenza in ospedale il 21 Gennaio 2018.
Onesta, operosa e Altruista, lascia sulla terra le tracce luminose delle sue virtù.
Si ricorda questa straordinaria donna, mamma e nonna esemplare, per quanto fatto con passione, spirito di sacrificio, dedizione e generosità.
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13 Gennaio 2025 - Categoria: letteratura sarda

Cristina di Svezia, Clementina Sobieski Matilde di Canossa, Carlotta di Cipro

04 gennaio 2025

«La presenza di queste sepolture di illustri donne a san Pietro – luogo in cui si trovano le tombe dei pontefici, dei cardinali, degli arcipreti – segnala non solo un privilegio ma il riconoscimento del loro attaccamento alla fede cattolica,  alla loro opera  di difesa della religione».  Pietro Zander è il responsabile della Necropoli e dei Beni artistici della Fabbrica di san Pietro e spiega il senso storico e religioso di quattro straordinarie sepolture femminili nella basilica vaticana, tra la cripta e la basilica vera e propria: Maria Clementina Sobieski, moglie del re nominale d’Inghilterra Giacomo iii  Stuart, la regina Cristina di Svezia, Carlotta regina di Cipro,  Matilde di Canossa, contessa ma potente come una regina.

Zander avverte però che i sepolcri femminili erano  normali nella antica basilica costantiniana di san Pietro e anche nell’attuale basilica: «Sotto il pavimento riposano uomini, donne e bambini del quartiere, come si legge anche dai registri parrocchiali, delle sepolture della basilica costantiniana restano anche alcune belle iscrizioni».

Ma ciò che colpisce il visitatore di oggi sono queste quattro presenze monumentali femminili molto visibili, e in tre casi di  notevolissima qualità artistica. Famoso e spettacolare è  il monumento funebre a Cristina di Svezia. La sua storia appartiene ai capitoli più importanti e anche straordinari del cattolicesimo del 1600. Nata a Stoccolma nel 1626, salita al trono ad appena sei anni dopo la morte di suo padre Gustavo II  Adolfo, uno dei massimi difensori del protestantesimo nella Guerra dei Trent’anni, abdica al trono nel 1654 al culmine di una profondissima crisi religiosa lasciando il trono a suo cugino che diventa Carlo X  e si trasferisce a Roma accolta trionfalmente da Alessandro VII  Chigi . Muore, dopo una vista complessa e anche travagliata, caratterizzata da frequenti ritorni in Svezia e da una presenza costante e significativa nella vita culturale della Roma papale, nel 1689. È papa Innocenzo XII  Pignatelli (come si legge nell’iscrizione dedicatoria)  a volere un monumento  funebre adeguato al rango di una sovrana che aveva abbandonato il protestantesimo.  Nelle grotte vaticane, non lontano dalla tomba di san Paolo VI , c’è il suo sarcofago in marmo apuano bianco  con una lapide in bronzo sormontata da una corona regale con lo scettro in cui si legge, in latino,  che lì riposano i resti di Cristina Alessandra regina dei Goti, degli Svevi e dei Vandali. Dunque, una sepoltura sobria.

Invece il monumento nella basilica è un autentico trionfo barocco. La mano di Carlo Fontana realizza, tra due colonne di marmo rosa, una macchina spettacolare dominata da un’urna di marmo giallo antico su cui siedono due angeli in marmo bianco, scolpiti da Lorenzo Ottoni, che sorreggono uno scettro e una spada accanto a una corona regia: scettro, spada e corona sono in bronzo e vengono fuse da Giovanni Giardini. Ed è sempre Giardini a fondere il grande medaglione che ritrae Cristina di profilo. Il cartiglio in marmo nero ricorda che la regina aveva abdicato abbandonando l’eresia e che si era trasferita a Roma. Infine, i nomi di Innocenzo xii  e di Clemente XI , rispettivamente  l’ideatore e il realizzatore finale del monumento. Sull’urna il bassorilievo  candido di Jean Baptiste Théodon ricostruisce la solenne abiura al protestantesimo.

Scenografico anche il monumento a Clementina Sobieski, moglie di Giacomo iii  Stuart,  ovvero Giacomo Stuart il Vecchio Pretendente, figlio di Giacomo ii  deposto dalla Gloriosa Rivoluzione del 1688 . Giacomo III  fu dunque un sovrano nominale riconosciuto da chi, tra i sovrani cattolici europei, sosteneva i diritti degli Stuart come faceva il papato che aveva accolto e dato una residenza romana agli Stuart dopo l’esilio. Caterina Sobieski (principessa polacca perché nipote del re di Polonia e granduca di Lituania Giovanni III  Sobieski che liberò Vienna dall’assedio dei turchi musulmani, e  dunque a sua volta regina solo nominale d’Inghilterra) muore ad appena 33 anni nel 1735 dopo un tempestoso matrimonio interrotto per le infedeltà del marito: si spegne dopo essersi rifugiata dalle suore di Santa Cecilia a Roma dedicandosi alla preghiera. Di qui, cioè per il suo esempio di fede,  la decisione di traslare il suo corpo, inizialmente sepolto nelle grotte vaticane, e di collocarlo in san Pietro per «straordinaria concessione» di papa Benedetto XIV . Il  monumento  si trova accanto alla porta di accesso e alla scala (e all’ascensore) che portano alla Cupola. Dunque un luogo molto frequentato e visto dai visitatori. La traslazione avviene nel 1745. Il monumento realizzato su progetto di Filippo Barigioni  (allievo di Carlo Fontana e collaboratore di Alessandro Specchi) in parziale collaborazione con Pietro Bracci è di grande e rara bellezza, eloquente nei suoi rinvii significativi. Due angeli in marmo bianco impugnano lo scettro e la corona in bronco dorato, con le spalle sostengono il sarcofago in marmo grigio che riporta in latino il nome e il rango della defunta. Grandemente suggestivo è il panneggio morbido e lussuoso, con le sue frange dorate, in alabastro rosso. Sul sarcofago è seduta la statua della Carità che, aiutata da un angelo, sostiene il bel ritratto della giovane donna realizzato in mosaico con vivaci ed eleganti colori da Fabio Cristofari che di fatto copiò il ritratto su tela  di Ignazio Stern.  La Carità con la mano destra regge il ritratto e con la sinistra innalza un cuore ardente. Sullo sfondo un  obelisco rosso, simbolo di potere,  su un cielo azzurro, quello dell’eternità.

E poi c’è il capolavoro di Gian Lorenzo Bernini  per Matilde di Canossa, che ha una storia molto particolare. Matilde di Canossa, contessa di Mantova, Margravio di Toscana, morì a Bordero di Roncore nel 1115 e fu sepolta, perché così lei aveva chiesto, nell’Abbazia di San Benedetto in Polirone a San Benedetto Po, vicino a Mantova; ma la sua tomba venne profanata più volte nei secoli.

Nel 1632, per volere del papa Urbano VIII , la sua salma viene traslata a Roma in Castel Sant’Angelo. Nel 1634 trova una  definitiva e monumentale collocazione nella basilica di San Pietro. La nicchia in marmo bianco, con una solenne e suggestiva falsa prospettiva scolpita, si deve a Gian Lorenzo Bernini (qui lavorò con la sua bottega) che ha una commissione diretta da Urbano viii . In alto due angeli sostengono lo stemma della contessa con il motto Tuetur et unit, ovvero protegge e unisce. In basso appare il sarcofago sul quale troneggia il bassorilievo che racconta la celeberrima sottomissione dell’imperatore Enrico iv  di Germania al Castello di Canossa il 25 gennaio 1077 per la revoca della scomunica che aveva deciso per lui Gregorio VII . E poi c’è la grande statua della contessa, raffigurata con la sua corona e mentre sorregge la Tiara papale e le chiavi pontificie con il braccio sinistro mentre la mano destra regge uno scettro, anzi più precisamente il bastone del comando che lei  esercitò nel nome della Santa Sede. Una vera e propria  protettrice della fede e del papato: l’arco intorno riporta un trofeo d’armi. Ai suoi piedi, due angeli sorreggono il cartiglio dedicatorio di Urbano viii  che le attribuisce la forza di un animo virile descrivendo il famoso episodio di Canossa.  Matilde fu una potente feudataria e per questo è considerata a tutti gli effetti una sovrana. Si impegnò con un fervore molto noto ai suoi tempi a favore del papato durante la lotta per le investiture. Emerse come figura di primaria importanza politica, estendendo il suo dominio su tutti i territori italiani situati a nord dello Stato Pontificio: fu sotto la sua guida che il dominio dei Canossa raggiunse il proprio apice in termini di estensione territoriale. Nel 1076 acquisì il controllo di un’ampia regione che includeva la Lombardia, l’Emilia, la Romagna e, come duchessa e marchesa, anche la Toscana. Il fulcro di questo vasto territorio era appunto Canossa nell’appennino reggiano. Una sovrana che ebbe una importanza politica e anche spirituale di primo piano per il papato nel cuore di uno scontro tra il pontefice e l’imperatore.

Infine, proprio di fronte al sarcofago di Cristina di Svezia, nelle grotte in cui sono sepolti i pontefici, c’è il sobrio sarcofago che racchiude i resti di Carlotta, ultima regina sovrana di Cipro. È in marmo bianco apuano e la scritta è semplicissima: Carola Cypri Regina, con la data del 1487. Sul coperchio il monogramma di Cristo. La sua sepoltura originaria, come si capisce bene dalla data della sua morte, si registra nella basilica costantiniana. Poi viene collocata nella nuova basilica barocca. Con la nuova sistemazione delle grotte nella metà del ‘900, sotto Pio XII , ora la tomba ha la definitiva collocazione di fronte al sarcofago di Cristina di Svezia. Carlotta, figlia di Giovanni III , fu l’ultima discendente della dinastia dei Lusignano e quindi fu regina di Cipro, Gerusalemme e Armenia. Regnò, come riportano le cronache del tempo, con saggezza ed equilibrio, meritandosi la stima dei regnanti europei, comprese la corte imperiale germanica e quella bizantina. Aveva un alto senso della carica, che riteneva aver ricevuto come missione divina direttamente da Dio. Seppe mantenere una costante autonomia del regno, grazie anche a un’abilità innata nel tessere alleanze all’insegna della distensione. Una curiosità storica: attuò una riforma fiscale che riuscì a individuare, per ogni zona dell’isola, gli indici di ricchezza su cui calcolare l’imponibile d’imposta. Un sistema, all’epoca molto innovativo, che poi conobbe nei secoli molta fortuna. Venne deposta dal fratellastro che si proclamò re come Giacomo ii  ma lei non smise mai di reclamare il trono. Priva di eredi diretti, lasciò i suoi diritti di discendenza al nipote Carlo I  di Savoia. Ed è la ragione storica per cui da allora i Savoia si definirono re di Cipro e di Gerusalemme.

Quattro presenze femminili a san Pietro, tutte all’insegna della fede, della storia e anche della grande arte. Formidabili  figure di donne molto forti, decise e soprattutto autonome e che quindi parlano anche alla nostra contemporaneità.

di Paolo Conti
Editorialista «Corriere della Sera»


Cristina di Svezia
È stata regina  dal 1632 fino all’abdicazione nel 1654, quando si convertì al cattolicesimo. Temendo le reazioni e le vendette dei protestanti, lasciò la Svezia per trascorrere il resto della sua vita in vari Paesi, stabilendosi poi  a Roma, dove si occupò di carità, di arte, musica e teatro in un movimento culturale che portò alla fondazione dell’Accademia dell’Arcadia nel 1690.

Matilde di Canossa
Contessa di Mantova, duchessa di Spoleto, margravia di Toscana, duchessa consorte della Bassa Lorena, contessa consorte di Verdun e duchessa consorte di Baviera, nota anche con lo pseudonimo di Magna Comitissa. Regnò per 40 anni. Passata alla storia anche per «L’umiliazione di Canossa»: l’imperatore Enrico IV, per avere la revoca della scomunica dal papa, fu costretto ad attendere davanti al suo castello per tre giorni e tre notti inginocchiato con il capo cosparso di cenere.

Maria Clementina Sobieski
Una delle ereditiere più ricche d’Europa ma dalla vita coniugale infelice,  Regina consorte titolare d’Inghilterra, Scozia e Irlanda, morì a Roma il 18 gennaio 1735, a soli 33 anni. Ebbe i funerali nella basilica dei SS. Apostoli, dove nella seconda cappella della navata destra, sul secondo pilastro, si trova una lapide in marmo realizzata nel 1737 dallo scultore Filippo Della Valle, raffigurante serafini e angeli con un’urna. All’interno fu riposto il cuore di Maria Clementina, mentre il resto del corpo fu deposto nella Basilica di San Pietro.

Nel monumento in Vaticano è rappresentata la figura dell’Assunzione che tiene in mano il cuore ardente.  Il medaglione in mosaico è un ritratto di Maria Clementina, realizzato da Paolo Cristofari.

Carlotta di Cipro
Due matrimoni, un figlio  deceduto in culla poco dopo il parto, morì  a Roma a 43 anni. Elogiata da saggisti e poeti, anche per la sua moderazione nel campo della giustizia, ove profuse energie per un codice penale che garantisse pene sicure ma umane, finalizzate al recupero della persona, e la pena di morte solo per i traditori dello Stato.

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13 Gennaio 2025 - Categoria: cultura

“Papa Francesco: il 14 gennaio esce l’autobiografia “Spera”, le anticipazioni di quattro quotidiani

La copertina di "Spera" la prima autobiografia di un Papa
La copertina di “Spera” la prima autobiografia di un Papa

Quattro quotidiani italiani – La Stampa, Avvenire, Il Messaggero e il Giorno – pubblicano diversi stralci dell’autobiografia del Papa, “Spera”, scritta con Carlo Musso, in uscita martedì prossimo, 14 gennaio, in diversi Paesi del mondo.

Lo scampato naufragio della sua famiglia

Tra i racconti fatti da Bergoglio, quello dello scampato naufragio dei nonni e di suo padre Mario, che si salvarono per non essere riusciti a prendere la nave. “Non so dire quante volte ho sentito raccontare la storia di quella nave che portava il nome della figlia di re Vittorio Emanuele III, la Principessa Mafalda”, rivela il Papa: “Quella storia la raccontavano in famiglia. La narravano nel barrio. La cantavano le canzoni popolari dei migranti, da una parte all’altra dell’oceano. I miei nonni e il loro unico figlio, Mario, il giovane uomo che sarebbe diventato mio padre, avevano comprato il biglietto per quella lunga traversata, per quella nave salpata dal porto di Genova l’11 ottobre 1927, con destinazione Buenos Aires. Ma non la presero. Non erano riusciti a vendere in tempo ciò che possedevano. Alla fine, loro malgrado, i Bergoglio furono costretti a scambiare il biglietto, a rimandare la partenza per l’Argentina. Per questo ora io sono qui. Non immaginate quante volte mi sia trovato a ringraziare la Provvidenza Divina”.

L’elogio dell’umorismo e la preferenza per i più piccoli: “Non c’è niente che mi rallegri di più di incontrare i bambini”

Poi l’elogio dell’umorismo e dell’autoironia e la rivelazione delle sue preferenze: “Non c’è niente che mi rallegri oggi quanto incontrare i bambini: se da fanciullo ho avuto i miei maestri del sorriso, ora che sono vecchio spesso sono i bambini i miei mentori. Sono gli incontri che mi emozionano di più, che più mi fanno stare bene. E poi quelli con i vecchi: gli anziani che benedicono la vita, deponendo ogni risentimento, che hanno la gioia del vino che si è fatto buono negli anni, sono irresistibili. Hanno la grazia del pianto e del riso, come i bambini”.

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